Amarena è un’orsa (Ursus arctos marsicanus), come altre nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nata sotto la stella della notorietà. Le sue apparizioni nei paesi e villaggi della zona l’hanno resa una presenza costante nei racconti degli abitanti e dei turisti. Proprio questi ultimi, in tempi ovviamente non di pandemia, hanno scelto spesso di trascorrere le vacanze all’interno del parco, alimentati anche dalla speranza di poter incontrare un orso marsicano, di cui si vedono tante immagini su web e, magari, scattare una foto. Amarena, oltre ad essere un orsa poco diffidente, è diventata famosa per la numerosa cucciolata che portava con sé nelle sue “apparizioni pubbliche” di quest’estate. Da sei mesi a questa parte, infatti, viene avvistata con quattro cuccioli al seguito. Il fenomeno dell’abituazione alla presenza umana però, è tutt’altro che positivo per l’animale e per i suoi cuccioli che, dopo un’infanzia caratterizzata dalla vicinanza con l’uomo, rischiano di perdere la naturale autonomia della fauna selvatica.
La decisione dei responsabili del Parco a tutela degli orsi
E così, il 1° gennaio 2021, il parco ha iniziato l’anno comunicando tramite un post su Facebook l’intenzione di non voler più divulgare immagini degli orsi marsicani in modo da disincentivare l’abitudine dannosa che si sta sempre più diffondendo tra i turisti della zona:
«È stata una scelta di natura etica – scrivono – sulla quale abbiamo ragionato a lungo, consapevoli del forte valore comunicativo e divulgativo delle immagini e proprio in seno a questa consapevolezza abbiamo ritenuto che fosse nostra responsabilità dare un segnale forte, andando in direzione ostinata e contraria».
Roberta Latini, biologa del parco: «Casi di persone che hanno lasciato carcasse di animali pur di avvicinare i predatori»
«Il problema nasce dal fatto che gli appassionati di avvistamenti faunistici sono ormai una presenza fissa – spiega Roberta Latini, biologa del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise – Durante la stagione turistica ogni giorno più di 2000 persone vengono dall’Italia e anche dall’estero per partecipare alle attività di avvistamento». «Negli ultimi cinque anni sono quintuplicati i workshop sulla fotografia naturalistica – continua la biologa – e pensare che già anni fa il parco fu teatro di un evento sgradevole. Qualcuno, nel desiderio di avvistare gli animali più da vicini, aveva deciso di depositare alcune carcasse di animali nel luogo in cui si sarebbe poi appostato in attesa del predatore per scattare il “click” perfetto».
Negli ultimi mesi, dopo la scoperta dei cuccioli di Amarena, il fenomeno della fotografia è cresciuto ulteriormente e «il problema è che spesso non incontriamo fotografi naturalisti professionisti – continua Roberta Latini – perché un professionista di questo settore è in grado di fermarsi e tutelare il benessere e la sicurezza propria e dell’animale. Ciò che abbiamo osservato fare è invece spesso opera di semplici appassionati che senza le competenze necessarie invadono l’intimità dell’animale, arrivando a fotografare ogni istante: addirittura il momento dell’allattamento».
L’ “isola” della salvezza per l’orso marsicano
A differenza del territorio Trentino, quello abruzzese non ha mai visto la scomparsa dell’orso, sebbene l’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus) sia isolato da tutti gli altri orsi europei. La colonia del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, infatti è l’unica in Europa ed è rappresentata da poco più di 50 esemplari. Un numero appena sopra la soglia del rischio di estinzione. Daniele Zovi ha prestato servizio per quarant’anni nel Corpo forestale dello Stato, prima come ufficiale e poi come dirigente. Oggi è anche scrittore di diversi saggi sulla fauna selvatica. «La bassa densità abitativa e la presenza di grandi territori ricoperti da boschi, ha permesso all’orso marsicano di sopravvivere all’estinzione avvenuta nel resto della penisola e modificare nel tempo il suo patrimonio genetico». Da ormai 400 anni, infatti, questo mammifero endemico vive separato dalle altre popolazioni europee. «Quando una popolazione rimane isolata, i tratti genetici non ricevono arricchimento da individui esterni e con il passare del tempo si differenziano dalle altre popolazioni. L’orso abruzzese è più piccolo rispetto all’orso bruno, ha una riserva di grasso inferiore e la sua alimentazione è costituita anche da piante che non esistono nel resto d’Europa. La dimensione ridotta, unita alla completa assenza di casi di aggressività sull’uomo, riducono la naturale paura che genera questo animale».
Ma l’apparente carattere non aggressivo dell’orso marsicano ha condotto i visitatori del parco a un ragionamento scorretto. «Visto che non ha mai aggredito l’uomo viene percepito dai turisti come un “animale da compagnia” – spiega Roberta Latini – In questo modo, però, non interessa più l’orsa in sé ma l’attrazione è diventata la possibilità di portare a casa il “trofeo”: la foto più intima da catturare».
La peggior conseguenza di questo comportamento, però, non la vedremo oggi bensì la prossima primavera quando i cuccioli, usciti dal letargo, cominceranno ad allontanarsi dalla mamma dopo aver vissuto il primo periodo della vita a stretto contatto con gli esseri umani. «Non sappiamo come si comporteranno in futuro i quattro cuccioli di Amarena – conclude la Roberta Latini – ciò che sappiamo è però che il giusto comportamento da tenere è quello di non avvicinarci, anzi: se possibile bisogna proprio allontanarsi. In questo modo possiamo evitare di aumentare la confidenza con l’uomo, amplificata in questi mesi di sovraesposizione mediatica».
Un nuovo patto con la natura
«Sebbene l’animale non manifesti aggressività dovremmo auto-censurarci – afferma Daniele Zovi – Questo vuol dire che, anche se al momento va di moda tornare dalle vacanze con una foto dell’orso, non possiamo avvicinarci senza badare alle necessità dell’animale. Ogni avvicinamento li disturba e li vizia e continuando in questo modo li abitueremo alla nostra presenza ravvicinata, inconsapevoli delle conseguenze di queste azioni sui cuccioli nati da poco».
«La fauna selvatica – continua l’esperto – ha un fortissimo potere evocativo sugli esseri umani i quali si lasciano trascinare dal fascino degli animali selvatici. In realtà dovremmo diventare più consapevoli delle conseguenze dei nostri gesti sulla natura che ci circonda e di cui facciamo parte. Dovremmo diventare tutti un po’ più ecologi, anche perché l’orso piace a tutti finché ci guarda e si allontana ma smettiamo di apprezzarlo appena cambia sguardo e diventa minaccioso. In quel momento, vorremmo tutti essere distanti».
«Bisognerebbe costruire un nuovo patto tra l’uomo e gli elementi naturali – continua lo scrittore – Un patto basato sul reciproco rispetto che significa anche conoscenza. Bisogna smettere di pensare che tra uomo e orso possa nascere un’amicizia: non è ciò di cui ha bisogno la fauna selvatica». «Inoltre – conclude Zovi – come in molti altri settori, anche in quello della fauna selvatica, troppo spesso non si ascolta il parere del tecnico. Il tecnico è colui il quale ha un’idea chiara della condizione ecosistemica, una persona in grado di prendere decisioni in base alle necessità dettate dall’ambiente».
Ad avere il coraggio di percorrere questa strada è stato proprio il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che, come viene sottolineato nel post, segue le necessità della sua fauna, auspicando «di intravedere nelle persone, in chi lavora nel campo della comunicazione e negli “appassionati”, un cambiamento nelle modalità in cui ci si approccia alla fauna».
La speranza è che la decisione presa dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise sia l’inizio di un percorso di sensibilizzazione in grado di trasportare i turisti dei parchi nazionali verso un nuovo livello di consapevolezza. E che la fortuna di un incontro con l’orso marsicano diventi un’esperienza da ricordare senza la necessità di guadagnare uno scatto in più tra le immagini delle vacanze.