Lo hanno trovato piagato e denutrito, tutto pelle e ossa, ma nonostante questo ancora con la voglia di andare avanti. Il povero levriero soccorso e salvato dalle guardie zoofile dell’Oipa di Cremona ce l'ha fatta, ma proprio per poco perché le sue condizioni erano veramente al limite. Un’altra storia di maltrattamento che, seppure non fatto con la volontà di nuocere all’animale, ma a causa della condizione difficile in cui viveva la pet mate, è la precisa rappresentazione di ciò che vuol dire adozione non responsabile. Infatti, poteva essere evitata a priori con un percorso fatto insieme ai volontari delle associazioni o del canile che facesse comprendere molto chiaramente all'umana che cosa avrebbe significato accogliere in casa il bellissimo cane.
La donna è stata denunciata per mancate cure all'animale, ovvero per detenzione incompatibile ai sensi dell’articolo 727 del Codice penale dopodiché ne ha ceduto la proprietà. Per la normativa civilistica italiana, infatti, cani e gatti sono considerati ancora beni mobili, e in quanto tali possono essere venduti, comprati, oppure lasciati al canile più vicino come fossero oggetti.
Il levriero salvato dall'Oipa, che ha dimostrato di essere molto buono e intelligente oltre che bello, si sta lentamente riprendendo ed è stato adottato dalla persona che inizialmente lo ha tenuto in stallo e che potrà dargli per sempre amore e serenità.
«Le condizioni in cui si trovava questo sfortunato levriero ce le ha segnalate chi lo aveva dato in adozione che lo aveva saputo dai familiari della proprietaria, non conviventi – racconta Elisa Stolfi, guardia zoofila Oipa – Dopo l’intervento, insieme ai Carabinieri e all’Ats, l’Agenzia di tutela della salute della Regione Lombardia che lo ha portato in salvo, abbiamo presentato denuncia alla Procura della Repubblica»
Il cane è stato, però, molto fortunato che qualcuno si sia preoccupato delle sue condizioni perché sarebbe bastato davvero poco tempo di più, perché morisse di inedia. «Questa vicenda che fortunatamente ha avuto un happy end, insegna però una cosa molto importante: e cioè, quanto sia fondamentale da parte di chi promuove l'adozione, mantenere un filo diretto con la famiglia adottante».
Non a caso, il percorso fatto insieme dall'animale coinvolto, dai futuri pet mate dove questo andrà poi a vivere e da chi ha curato e seguito quell'essere vivente fino a quel momento, è essenziale affinché la nuova famiglia possa avviarsi verso una nuova vita piacevole e senza problemi o ripensamenti. Un’adozione è considerata, infatti, “di qualità” quando, dal lato dell’adottante ci sono informazione e consapevolezza e, dal lato del rifugio, ci sono una buona gestione e un buon accompagnamento all’affido.
Come ha già spiegato sul nostro magazine Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale e membro del Comitato scientifico di Kodami, la definizione più corretta per inquadrare l’adozione in canile è presentarla non un evento, ma come un percorso. Questo si divide in tre momenti, la pre-adozione, l’adozione propriamente detta e la post-adozione, tutte fasi devono essere gestite in collaborazione con educatori, istruttori o veterinari. Questo percorso, che ancora molte persone ritengono solo una trafila lunga e inutile, è invece ampiamente dimostrato che sia il modo più giusto per far durare nel tempo una relazione umano animale realmente capace di portare qualità nella vita di entrambi.