Le api sono insieme alle formiche probabilmente gli animali che trascorrono più tempo nel corso della loro vita a lavorare alacremente per il benessere della loro colonia, persino di più rispetto all'uomo. Se dovessimo infatti fare una comparazione degli stili di vita delle differenti società animali, adeguando ovviamente la longevità di ciascuna specie, osserveremmo che gli insetti, e in special modo gli imenotteri, battono la nostra specie in stacanovismo. Questo perché durante l'arco della giornata siamo noi quelli che si concedono maggior tempo libero, mentre api e affini non si concedono molte pause, fra un lavoro e un altro, da quando escono dal favo alla loro morte.
Una nuova ricerca sembra testimoniare questa predisposizione al lavoro delle api sociali. Nello studio "Sociality is a key driver of foraging ranges in bees”, pubblicato su Current Biology da Christoph Grueter e Lucy Hayes della School of Biological Sciences di Bristol, si dimostra infatti che le api sociali rispetto alle api solitarie si avventurano molto più lontano e frequentemente per raccogliere il polline e il nettare necessario per la loro covata.
L'odissea di un'intera arnia
Come sappiamo tutti, le api sciamano. Nel corso dell'anno, quando una nuova regina ha ottenuto il trono o sono presenti più regine all'interno dell'arnia, le api sociali abbandonano la loro vecchia casa e vanno alla ricerca di un luogo in cui rifocillarsi. Quasi sempre si tratta di una prateria o di un campo coltivato abbandonato, che presenta degli alberi o delle nicchie predisposte per accogliere la nuova casa dell'intera famiglia di api, che può raggiungere fino a 50.000 unità e 3.000 uova deposte dalla regina giornaliere.
Per sciamare le api di solito affrontano una grande avventura. Innanzitutto portano con sé un po' di scorte e di uova, affinché appena insidiatesi su di una nuova location possano garantirsi la sopravvivenza nei primi giorni. Anche il viaggio però risulta complicato. La società delle api infatti si muove in gruppo, necessita di svariate pause per ricompattarsi spesso e non lasciare indietro i ritardatari. Inoltre più grande è lo sciame, più è la distanza percorsa per allontanarsi dalla precedente colonia, anche perché spesso le società delle api "gemmano", ovvero all'interno di un gruppo si creano due fazioni che seguono due destini differenti. La fazione che darà origine allo sciame e he seguirà quasi sempre una nuova regina verso i confini esterni del territorio reclamato dalla colonia e la fazione che invece rimarrà fedele alla vecchia casa e che continuerà a gestire le incombenze, sotto gli ordini della vecchia regina.
L'odissea descritta però dall'articolo pubblicato su Corrent Biology non descrive le avversità di una colonia di api sociali, quando decidono di trasferirsi da qualche altra parte, magari per esplorare territori più ricchi di polline e possibilità. Grueter e Hayes hanno infatti studiato il viaggio che compie ogni singola ape quando volano per foraggiare il resto della famiglia.
I risultati sono interessanti. Gli studiosi di Bristol hanno analizzato i dati sulla distanza di volo di 90 specie di api sociali e sviluppato un modello per testare in che modo i fattori sociali, dietetici e ambientali influenzano gli intervalli di foraggiamento. Hanno confermato che la socialità delle api è positivamente associata all'area di foraggiamento e che le specie di api sociali che possiedono una taglia media foraggiano fino a 3 volte più lontano dal nido rispetto alle api solitarie della stessa taglia.
La ragione di questo surplus di lavoro delle api sociali rispetto a quelle solitarie, rappresentato dal volo necessario per raggiungere distanze maggiori, è abbastanza facile da capire. Come un singolo agricoltore dovrà lavorare di meno, qualora il suo impegno sarà dedicato esclusivamente alla sua famiglia e non al resto del vicinato, un'ape solitaria percorre un tragitto molto meno lungo per soddisfare il suo appetito, a differenza dell'ape bottinatrice che è costretta a percorrere distanze superiori per ottenere il cibo necessario per soddisfare un'intera colonia.
Inoltre un'analisi comparativa delle api sociali e delle simulazioni al computer mostra che le distanze di foraggiamento aumentano anche con la dimensione della colonia, supportando l'ipotesi che le maggiori distanze di foraggiamento siano una proprietà emergente dell'aumento delle dimensioni della società, soprattutto quando le api si ritrovano in difficoltà o in un ambiente con cibo limitato.
Adattamenti e risorse
Proprio per soddisfare la crescente richiesta di polline e di nettare da parte della colonia, le api sociali hanno sviluppato degli adattamenti per permettere alle bottinatrici di compiere il loro lavoro quotidiano in maniera efficiente. Visto che più è grande la colonia più lunga sarà la distanza che dovranno colmare per raggiungere le aree di foraggiamento, le bottinatrici hanno evoluto una forma di comunicazione multilivello che permette a tutte le sorelle di intendersi e di rivolgere la propria attenzione all'area che promette maggiore resa in nutrimento con minore spesa energetica.
Come infatti scoperto dal premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia Karl von Frisch, etologo austriaco che vinse il prestigioso riconoscimento insieme a Lorenz e a Tinbergen, le api comunicano tra di loro attraverso la famosa danza dell'addome, che principalmente ha lo scopo di comunicare alle loro sorelle la direzione rispetto all'arnia e al Sole del luogo in cui hanno trovato rifornimenti e la sua distanza. Inoltre sembra che le api comunichino anche l'abbondanza dei fiori rispetto all'areale che si presenta vicino all'arnia, cercando di spiegare in tal modo sinergicamente le ragioni che dovrebbero spingere le bottinatrici a compiere tutte insieme distanze di foraggiamento maggiori.
L'ampiezza della dieta delle api sociali (dieta polilettica contro dieta oligotettica) d'altra parte sembra essere un altro adattamento che hanno sviluppato rispetto le api solitarie, che gli permette di raggiungere distanze anche maggiori, qualora le api riconoscono una prateria magari più lontana ma anche più ricca di fiori.
I risultati dello studio suggeriscono che i molteplici tratti legati alla socialità delle api hanno implicazioni per la previsione dei servizi di impollinazione e per la creazione di efficaci strategie di conservazione per api e piante. Inoltre anche le dimensioni del corpo e la costanza dei fiori contribuiscono a far compiere viaggi più lunghi. I calabroni per esempio hanno maggiori distanze di foraggiamento rispetto ad Apis mellifera, in parte per la loro maggiore stazza e resistenza. Hanno infatti dimensioni più grandi e possono battere le ali più velocemente, quindi è più facile per loro coprire più territorio.
Tra l'altro le colonie più grandi subiranno una maggiore competizione da parte delle loro sorelle se rimangono vicine alla colonia, quindi devono viaggiare più a lungo e lontano per evitare l'eccessivo affollamento nei fiori prossimi l'arnia.
Grueter all'interno dell'articolo afferma che «I nostri risultati mostrano come le api solitarie potrebbero essere le più colpite dalla perdita e dalla frammentazione dell’habitat indotte dall’uomo, poiché sarà più difficile per loro trovare fonti di cibo adeguate a distanze maggiori, quando il territorio assume andamenti di eccessiva mosaicizzazione dovuta alla cementificazione. Le api sociali inoltre sono particolarmente importanti per la protezione delle specie vegetali in via di estinzione. Poiché siamo stati capaci nell'allevare negli alveari molte specie di api sociali, potremmo utilizzare la nostra conoscenza e la comprensione delle loro aree di foraggiamento in modo da aiutare l’impollinazione delle piante a più rischio di estinzione nelle aree remote»
In tal modo gli autori dello studio hanno confermato che le api non sono solo delle instancabili lavoratrici alla ricerca di nuove risorse, ma sono loro stesse delle risorse. Salvaguardare le api sociali dovrebbe essere infatti uno degli obiettivi primari della nostra società umana, in quanto senza di loro non riusciremmo ad adempiere all'impollinazione necessaria per lo sviluppo dei nutrimenti sul nostro pianeta. Come disse Einstein, è molto probabile che il giorno in cui l'ultima ape dovesse morire sulla Terra, sarà anche il giorno in cui l'umanità si estinguerà. Dobbiamo aiutare le api a svolgere la loro Odissea giornaliera per permettere alle piante – di cui ci nutriamo, vestiamo e di cui godiamo altri servizi – di riprodursi.