Un recente studio condotto dai ricercatori dell'Università degli Studi di Trieste, in collaborazione con La Sapienza di Roma, ha rivelato che le preferenze per i suoni consonanti, già riscontrate in tante specie animali, inclusi noi esseri umani, potrebbero avere una base biologica comune. Questo significa che l'apprezzamento per certi tipi di melodie armoniche non è unicamente il frutto dell'esperienza culturale o del contesto ambientale, ma potrebbe essere profondamente radicato nella nostra biologia condivisa con tante altre specie.
La ricerca sui pulcini
Lo studio, recentemente pubblicato su Biology Letters, ha coinvolto 130 pulcini di gallo domestico, allevati in condizioni controllate e senza aver avuto alcun contatto con altri uccelli adulti, i quali hanno mostrato in maniera innata una chiara preferenza per suoni più armonici (ovvero quelli consonanti), in linea con altre ricerche precedenti sullo stesso tema. Gli intervalli consonanti sono quelli che richiamano maggiormente i suoni prodotti in generale dagli esseri viventi, contrariamente a quelli dissonanti, associati a suoni meno armonici e più legati a situazioni stressanti o spiacevoli.
I ricercatori hanno registrato le diverse tipologie di vocalizzazioni dei pulcini – verso di contatto, di covata e di alimentazione – per esaminare le loro frequenze sonore in diversi contesti. I versi di contatto, associati a situazioni di stress, sono stati registrati isolando temporaneamente i pulcini dai propri compagni, mentre invece quelli di covata, associati al ricongiungimento con la madre, introducendo un oggetto familiare usato per l'imprinting. Infine, le vocalizzazioni associate al momento dell'alimentazione, son ostate registrate fornendo del cibo ai piccoli pulcini.
I risultati hanno mostrato che i suoni emessi in contesti emotivi positivi (come il richiamo per il cibo o il verso di covata) erano caratterizzati da maggiore consonanza, mentre i suoni emessi in situazioni di stress (il verso di contatto) tendevano a essere dissonanti. Secondo gli autori, i suoni consonanti sono quindi profondamente radicati nella comunicazione animale e inoltre rappresentano un elemento chiave per capire anche lo stato emotivo dell'animale dell'animale che li emette.
Tutto ciò suggerisce quindi che le vocalizzazioni più armoniche potrebbero indicare uno stato di comfort o di maggiore benessere, mentre le dissonanze riflettono maggiormente un'esperienza di disagio o stress. Cinzia Chiandetti dell'Università degli Studi di Trieste, una delle autrici dello studio, ha spiegato che queste scoperte potrebbero portare anche a risvolti pratici legati al miglioramento benessere animale, come la creazione di strumenti capaci di riconoscere i richiami degli animali per determinare il loro stato emotivo.
La musica nel mondo animale
Questo possibile sviluppo, tra l'altro, è perfettamente in linea con un altro studio recente, che ha invece dimostrato che è possibile capire se una gallina è felice o triste semplicemente ascoltando il suo verso. Tutti questi risultati ci avvicina sempre di più a comprendere meglio le radici biologiche condivise delle capacità e delle preferenze musicali, che potrebbero avere origini molto più profonde e ben radicate nella storia evolutiva di animali, anche tra quelli molto distanti e differenti tra loro, come appunto noi mammiferi e gli uccelli.
Negli ultimi anni, sempre più studi ed evidenze suggeriscono una radice biologica comune e diffusa per le capacità, il riconoscimento e le preferenze musicali. I cacatua delle palme (Probosciger aterrimus) sono per esempio l'unico animale, a parte noi umani, in grado di produrre un suono ritmico con degli strumenti come rami, sassi o gusci di noci. Tenere il ritmo è un'abilità inoltre condivisa anche con i lemuri del Madagascar e persino i cani hanno dimostrato di avere, almeno in parte, una certa inclinazione musicale. La musica, quindi, potrebbe unire davvero tutti, animali umani e non.