Le specie aliene invasive sono ormai riconosciute come una delle maggiori minacce che mettono in serio pericolo la biodiversità. Dove però arrecano maggior danno è negli ecosistemi delle isole più distanti dalla terraferma e piccole del globo, dove a causa della minore presenza di predatori, delle ridotte dimensioni delle risorse e di altri fattori possono destabilizzare completamente la comunità ecologica e sovvertire l'equilibrio fra le specie.
Un gruppo di scienziati britannici ha studiato le conseguenze dell'impatto delle specie aliene invasive nei territori d'oltreoceano che appartengono al Regno Unito, soffermandosi soprattutto sulle tante isole che questo paese dispone fra Caraibi, Oceano Pacifico e Atlantico. L'equipe ha lavorato per anni anche solo per comprendere quali fossero le specie più problematiche e ha prodotto un articolo pubblicato su Conservation Letters.
«Le specie ad alto rischio sono state identificate in base al loro potenziale di arrivo, insediamento e probabili impatti sulla biodiversità e sulla funzione dell'ecosistema, sulle economie e sulla salute umana», hanno spiegato i biologi all'interno del loro studio. Al termine delle operazioni e dei monitoraggi, sono 231 i gruppi di animali e piante che sono stati inclusi negli elenchi di specie ad alto rischio, che possono arrecare serissimi danni non solo ai territori d'oltreoceano amministrati dalla corona britannica, ma anche alle regioni vicine. «Le specie di rango più alto sono la cozza verde asiatica (Perna viridis), la piccola formica rossa (Wasmannia auropunctata), il ratto grigio ( Rattus norvegicus ) e l'albero di mesquite (Prosopis juliflora)».
Quali sono i mezzi di diffusione principali di queste specie? A detta degli scienziati, gli animali spesso non seguono le vie naturali di distribuzione della fauna che ci si aspetterebbe secondo i modelli "classici" secondo Darwin. Le moderne specie aliene seguono difatti le autostrade di terra, aria e acqua introdotte in tutto il globo dall'uomo.
I container di spedizione di moltissime compagnie navali sono stati identificati come il mezzo privilegiato della maggior parte delle specie per raggiungere località lontane. Talvolta però anche gli aerei risultano problematici: ratti, scoiattoli, formiche e altri insetti infatti si insidiano all'interno delle navi o degli aerei per le ragioni più disparate.
Relativamente al mare, alcune specie vengono direttamente ed involontariamente portate a bordo delle navi, attraverso il mercato del legname o dei mangimi. Altre invece si "imbarcano" in maniera autonoma. Persino i pesci e diverse specie di meduse sono fra quelle che vengono trasportate dalle navi tramite l'acqua di mare che viene introdotta all'interno delle stive per mantenere fresco il pescato o mantenere alta la linea di galleggiamento.
«Il percorso di arrivo associato alla maggior parte delle specie è la spedizione di container seguiti da piante ornamentali, trasporto di materiale dell'habitat, bagagli e veicoli – assicurano i ricercatori – Questi percorsi sono comunemente associati a specie ad alto rischio per l'isola di Sant'Elena, Ascensione, Pitcairn e Tristan da Cunha ma non ad Anguilla e alle Isole Vergini britanniche. A differenziarsi dagli altri territori, la maggior parte delle specie ad alto rischio invece a Gibilterra è stata assegnata alla dispersione naturale, mentre l'arrivo sugli scafi di barche e navi è stato considerato il percorso più comune per la Georgia del Sud e le Isole Sandwich Australi».
Gli effetti finora osservate della presenza di queste specie aliene nei territori di competenza del governo inglese sfortunatamente risultano essere già visibili. I ratti per esempio hanno cominciato a devastare alcune isole. L'intento però degli scienziati non era solo quello di costituire un elenco di specie pericolose, ma anche di fornire scenari per i futuri piani di azione di contenimento del fenomeno. Conoscere infatti quali sono le specie aliene più diffuse, permette agli scienziati di suggerire risposte per prevenire che questi incidenti si ripetano e per contrastare la diffusione delle specie invasive. «Intraprendere esercizi di previsione potrebbe aiutare altre comunità insulari a mirare meglio alla biosicurezza e prevenire future invasioni biologiche, contribuendo così a conservare la loro biodiversità e i loro ambienti unici».
Per fare ciò, i ricercatori per esempio hanno proposto alle navi di non introdurre acqua di mare nelle stive e di abbattere il legname che spesso circola nell'oceano, all'interno dei container. Così facendo molte specie invasive ed indesiderate non riuscirebbero a sopravvivere sopra le mani, migliorando le condizioni dello sbarco e limitando di molto il pericolo rappresentato da una diffusione di una specie aliena.