Per i nostri giudici lo “stato di necessità” non giustifica e non scusa gli illeciti (neppure le violazioni al Codice della strada) commessi per salvare la vita di un animale in quanto questo istituto risulta applicabile soltanto nei confronti di chi commette il fatto, costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Le norme non fanno nessun riferimento al pericolo di danno grave agli animali.
Cos’è lo stato di necessità?
Lo “stato di necessità” rientra tra le cause di giustificazione contemplate dal nostro ordinamento; rientra cioè tra quelle situazioni nelle quali un comportamento che solitamente verrebbe considerato illecito e a cui conseguirebbe una sanzione, viene scriminato o, comunque, non viene punito. La situazione più nota in questo senso è quella in cui si agisce per legittima difesa. Ciò in quanto si ritiene che esista un interesse prevalente rispetto alla pretesa punitiva.
Nello specifico, l’articolo 54 del Codice penale, intitolato proprio "stato di necessità", stabilisce che «non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo».
Come si può vedere, il legislatore sceglie di perdonare chi commette un illecito non per libera scelta ma perché costretto dalla necessità di difendere sé stesso o anche altri da un pericolo presente. Questa esigenza di tutelarsi fa venir meno la colpevolezza del soggetto e, di conseguenza, sarebbe ingiusta qualsiasi punizione nei suoi confronti. Esempi paradigmatici di stato di necessità sono quelli dello scalatore che taglia la corda del compagno che sta scivolando nella parete rocciosa e che rischia di trascinarlo con sé o, ancora, della persona che, in stato di inedia, ruba del cibo per sfamarsi.
Lo stato di necessità vale per salvare un animale in pericolo?
Definito lo stato di necessità, ci si deve chiedere se questo possa applicarsi anche al caso di chi commetta un illecito o una violazione di norme per soccorrere un animale in pericolo. Ebbene, ad oggi, considerando l’indirizzo pacificamente offerto dalla Corte di Cassazione la risposta è sicuramente negativa. I giudici non ritengono applicabile l’esimente di cui all’articolo 54 del Codice penale in quanto la norma scusa soltanto chi ha commesso il fatto di reato per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Non fa invece alcun riferimento al pericolo di danno grave agli animali. Proprio questa è la motivazione che troviamo nella sentenza n. 34589 del 2008; sentenza di condanna di un uomo che aveva danneggiato una legnaia del vicino col fine di soccorrere dei gatti rimasti “prigionieri".
Ad avviso di chi scrive, un’impostazione così rigida non può reggere nell’odierna società, assai sensibile al benessere degli animali, soprattutto se gli interessi messi a confronto sono il patrimonio e la necessità di soccorrere un essere vivente. Si pensi alla necessità di rompere il finestrino di un’auto esposta da ore al sole nel caso in cui si rinvenga un cane chiuso al suo interno in evidente grave stato di sofferenza. In questo caso si dovrebbe punire un soggetto per aver preferito la salvezza di un animale (esposto a pericolo da un comportamento illecito del pet mate) all’integrità di un vetro facilmente sostituibile.
Si può contestare una “multa stradale” presa per salvare un animale?
Se lo stato di necessità, come visto, non può scusare fatti di reato commessi per soccorrere un animale, ci si chiede se quantomeno consenta di non ricevere o far annullare delle sanzioni comminate per la violazione del Codice della strada, se commesse per salvare la vita di un animale in grave pericolo.
In proposito, si deve dire che il Codice della Strada all'articolo 177 “Circolazione degli autoveicoli e dei motoveicoli adibiti a servizi di polizia o antincendio e delle autoambulanze”, stabilisce come l’uso delle sirene luminose e sonore sia consentito anche ai conducenti delle autoambulanze, dei mezzi di soccorso anche per il recupero degli animali o di vigilanza zoofila. Stabilisce poi che «agli incroci regolati, gli agenti del traffico provvederanno a concedere immediatamente la via libera ai veicoli suddetti».
Il Decreto ministeriale Infrastrutture e trasporti n. 217 del 2012 prevede infine come questa previsione si estenda ai veicoli condotti dai privati che effettuino il trasporto di animali in stato di necessità (anche loro possono usare i dispositivi sonori e luminosi).
Lo stesso decreto delimita i casi di emergenza nei seguenti stati patologici:
- Trauma grave o malattia con compromissione di una o più funzioni vitali o che provoca l'impossibilità di spostarsi autonomamente senza sofferenza o di deambulare senza aiuto;
- Presenza di ferite aperte, emorragie, prolasso;
- Alterazione dello stato di coscienza e convulsioni;
- Alterazioni gravi del ritmo cardiaco o respiratorio.
Oltre questa limitata giustificazione (riferita ai richiamati dispositivi di allarme), però, per i giudici la necessità di salvare la vita a uno o più animali non giustifica la violazione delle altre norme del Codice della strada. La conferma arriva da due importanti pronunce (sentenza della Cassazione civile n. 14515 del 2009 e ordinanza della Cassazione civile n. 4834 del 2018) riguardanti i casi simili di veterinari sanzionati proprio per eccesso di velocità e altre violazioni, commesse per soccorrere animali in gravi condizioni.
La Cassazione precisa che «in tema di infrazioni amministrative lo stato di necessità, contemplato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 4, come causa di esclusione della responsabilità, è ravvisabile solo in presenza di tutti gli elementi previsti nell’articolo 54 c.p., incluso il “pericolo attuale di un danno grave alla persona”».
Nonostante questo granitico indirizzo che giunge dalle corti superiori, qualche voce si leva in senso contrario. Un esempio è una celebre sentenza del Giudice di Pace di Chieti del 2011 che ha annullato una “multa” per eccesso di velocità comminata ad un privato che cercava di soccorrere il proprio animale in pericolo di vita. Il giudice ha ritenuto sussistente proprio un particolare stato di necessità.