Nel 2022 assistiamo purtroppo ancora a scene che ci catapultano a diversi anni addietro, quando non si riconoscevano ancora gli animali come esseri senzienti e quando non esistevano tecnologie alternative.
Non saranno sfuggite le immagini di fine maggio, di tre leoni utilizzati su un set cinematografico di Nanni Moretti, a Roma. Scatti che hanno fatto rumore: attivisti, associazioni animaliste e cittadini sensibili alle tematiche animali hanno dichiarato ad alta voce di non poter più accettare l’utilizzo di animali per scopi cinematografici.
Nell’epoca della sensibilizzazione al dramma della cattività animale, in cui siamo testimoni di piccole e grandi inversioni di marcia nei settori che storicamente utilizzano animali, questo è diventato inaccettabile. Sforzi e battaglie importanti sono in campo ogni giorno per disincentivare qualunque tipo di intrattenimento con animali.
Ma perché è importante che l'industria del cinema sia portatrice di un messaggio chiaro, in cui non vi è l'uso di animali?
Animali e media, una lunga storia di sfruttamento
L'uso di animali selvatici per la registrazione di pubblicità, film o videoclip ha gravi conseguenze, sia fisiche che psicologiche per la fauna coinvolta. Queste conseguenze sono spesso non percepite dagli spettatori.
I problemi non iniziano né finiscono sul set. Registrare con animali selvatici significa partecipare a:
- nascita in cattività o cattura dall’ambiente nativo naturale;
- addestramento;
- mantenimento, in condizioni normalmente non idonee;
- acquisto o “noleggio”;
- trasporto;
- sistemazione a “fine carriera”.
L'uso di specie selvatiche sui set come tigri, elefanti e scimpanzé, come confermato da esperti e da studi di percezione, ha anche un impatto negativo sulla conservazione di questi animali, offrendo al pubblico un'immagine distorta della loro natura e delle loro condizioni di vita. Promuove, inoltre, direttamente l’intrattenimento con animali e influisce indirettamente sul commercio, lecito o illecito che sia.
Provenienza e cattività degli animali
La maggior parte degli animali selvatici utilizzati nella pubblicità, nei film e in TV nascono in cattività ma, a volte, come per esempio può avvenire per gli elefanti, possono essere catturati e prelevati dal loro habitat naturale.
Molti animali provengono da circhi, zoo o da privati, e possono essere “noleggiati” dalle “società di casting”. Esistono delle vere e proprie aziende dedicate all'addestramento e al noleggio di animali per le riprese. Alcune di esse sono state denunciate per mancanza di licenza o per maltrattamento di animali.
Questi animali sono costretti a vivere per sempre in cattività e, nella maggior parte dei casi, in condizioni molto dure.
È pratica comune separare gli animali dalle loro madri in tenera età. I piccoli sono allevati a biberon in modo da non sviluppare un legame con la loro madre biologica ma piuttosto con l’uomo. Fin da piccoli gli animali vengono abituati a non esprimere comportamenti istintivi del loro repertorio naturale, come giocare, mordere o vocalizzare.
Gli ambienti dove sono ospitati gli animali utilizzati per questi fini, come gabbie o stabulari, generalmente non hanno i sufficienti arricchimenti ambientali e non soddisfano le esigenze basiche di benessere fisico, psichico e sociale degli animali.
Molto spesso gli animali sviluppano problemi fisici e psicologici e mostrano comportamenti tipici dell'ansia o dello stress. Ne sono un esempio Loti e Tarzan, due scimpanzé utilizzati in numerose registrazioni televisive in Spagna, chiuse per diversi anni in un camion. Quando sono stati salvati presentavano gravi problemi fisici, carente sviluppo muscolo-scheletrico e gravi disturbi psicologici come apatia profonda, paure e agorafobia. Solo dopo ben 9 anni passati nel centro di recupero e dopo moltissime cure riabilitative, i due scimpanzé sono riusciti a mettere piede nella terra del recinto a cielo aperto per la prima volta.
Come vengono addestrati gli animali per cinema e tv
Per i fini cinematografici, gli animali devono essere addestrati. Con l’addestramento si richiede agli animali di compiere azioni che vanno contro la loro natura; ciò avviene tramite un processo lungo che implica mantenere gli animali in uno stato costante di sottomissione al suo addestratore.
Ci sono numerose testimonianze di ex addestratori testimoni di queste pratiche (Sarah Baeckler, Richard O'Barry, Pat Derby, tra altri) che confermano l'uso di metodi violenti come colpi, scariche elettriche, collari di punizione, forti getti d’acqua ecc. Nel caso degli elefanti, ad esempio, si utilizza il Bullhook che consiste in un uncino di ferro attaccato ad un bastone, utilizzato per pungere l’animale nelle zone più sensibili del suo corpo durante l’addestramento.
Inoltre, nella maggior parte dei casi, gli animali sono manipolati mediante la deprivazione alimentare. In questo modo l'animale agisce per fame, per ottenere cibo in cambio dell’azione richiesta.
Va anche notato che gli "allenatori" che sostengono di addestrare "in positivo" spesso utilizzano o acquistano o noleggiano animali provenienti da circhi o da addestramenti violenti. È il caso degli elefanti, che per poter lavorare con l'uomo, devono necessariamente passare attraverso un processo di "addomesticamento" estremamente violento che consiste nel privarli del movimento, riposo e nutrimento per giorni e sottoporli a abusi fisici e psicologici.
In generale, durante l'addestramento, una parola è spesso associata a un atto violento. Così, quando sul set l'addestratore dà l'ordine, l'animale reagirà per paura della punizione fisica; ciò permette che l’aggressività e la sottomissione non siano troppo evidenti in pubblico.
Inoltre, a causa dell'impossibilità di interagire con gli animali selvatici in modo completamente sicuro, questi vengono spesso mutilati. I grandi felini sono spesso privati dei loro artigli (deungulazione) e i primati privati delle loro zanne, tramite esportazione o levigazione.
Spesso, nell’ambito cinematografico, è anche necessario sedare gli animali per girare le scene più complicate.
Cosa succede quando questi animali "vanno in pensione"
La vita "utile" di molti degli animali selvatici utilizzati per scopi audiovisivi è limitata a pochi anni. Gli scimpanzé, ad esempio, hanno una vita "artistica" di circa 8 anni, quando la loro aspettativa di vita è di circa 60.
Quando gli animali non sono più redditizi per l'industria o diventano pericolosi per l’uomo, la vita degli "animali attori" diventa ancora più miserabile. Molti di loro sono tenuti in gabbie e utilizzati per la riproduzione o venduti a zoo o a altri centri.
Nel migliore dei casi possono essere salvati da santuari o altri enti, che hanno però risorse limitate per una grande domanda.
Le alternative allo sfruttamento degli animali per cinema e tv
Nella maggior parte dei casi l'uso di un animale selvatico in una pubblicità o un film è del tutto superfluo. Quando però continua ad essere indispensabile per il messaggio che si vuole trasmettere, gli animali possono essere rimpiazzati da diverse alternative etiche che offrono ottimi risultati.
Citiamo tecniche come 3D, CGI, VFX, SFX, Animatronics e immagini di animali selvatici ripresi in libertà.
Oltre a disincentivare la cattività, l’addestramento e il maltrattamento animale, le nuove tecnologie consentono di svolgere lavori di alta qualità e comportano vantaggi significativi per le persone e le produzioni in cui vengono utilizzate. Ad esempio:
- sono eliminati tutti i problemi legali dovuti alla provenienza, movimentazione, mantenimento e utilizzo degli animali;
- non vi sono rischi per la sicurezza del personale sul set;
- non vi sono rischi di incolumità pubblica;
- non sono necessarie le procedure speciali di pulizia e igienizzazione;
- non sono richiesti altri specifici interventi sul set;
- le posizioni e i movimenti degli animali sono completamente pianificati;
- si possono girare scene con un numero elevato di animali.
Tra le produzioni cinematografiche più famose che hanno utilizzato queste nuove tecnologie, ricordiamo: Jurassic Park (1993 – 2021), Il mio grande amico Joe (1998), L'origine del pianeta delle scimmie (2011), Noè (2014) e la saga Twilight (2008-2012), Il libro della giungla (2016), Mowgli – il figlio della giungla (2018).
Vi sono però film che hanno utilizzato alternative solo per le riprese di scene che risultavano troppo complesse o pericolose con gli animali reali. Alcuni esempi sono il Gladiatore (2000), L’ultimo Samurai (2003), Le Cronache di Narnia (2005), Cavallo di Battaglia (2011), e La Vita di Pi (2012).