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7 Luglio 2021
13:24

Lo scarabeo giapponese che provoca gravi danni alle colture

Lo scarabeo giapponese (Popillia japonica) è una specie originaria del Giappone che è stata poi successivamente introdotta accidentalmente in altri paesi. La prima segnalazione in Italia risale al 2014 dove è stata ritrovata nella Valle del Ticino, su entrambe le sponde del fiume, lombarda e piemontese.

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Lo scarabeo giapponese (Popillia japonica) è una specie originaria del Giappone che sta minacciando le colture in Italia perché altamente invasiva, polifaga e adattabile e attacca sia la parte aerea delle piante che le radici. È stata prima introdotta accidentalmente negli Stati Uniti, probabilmente attraverso l'importazione involontaria delle larve nascoste nei bulbi di alcune piante. In Nordamerica la specie provoca gravi danni alle colture. Nel suo paese d'origine infatti la popolazione è controllata dai predatori e i competitori naturali, mentre nel nuovo habitat ha trovato un posto favorevole dove riprodursi in maniera incontrollata e diventare infestante grazie al clima adatto, l'ampia disponibilità di piante e prati umidi e la mancanza di nemici naturali.

Attualmente è diffusa anche in altri paesi come Cina, Russia, Portogallo e Canada, ed è presente anche in Italia settentrionale, per ora confinata tra la Regione Lombardia e Piemonte, ma il suo areale è in espansione. È infatti arrivata fino alla Svizzera italiana e, a causa della sua forte adattabilità, potrebbe colonizzare tutta la nostra penisola. Il primo avvistamento di questa specie nel nostro paese risale all'estate del 2014 nella Valle del Ticino, su entrambe le sponde del fiume, lombarda e piemontese. Dati gli ingenti danni che può provocare alle piante, che in America causano ogni anno perdite per 460 milioni di dollari, è considerato un organismo nocivo da quarantena dalla normativa fitosanitaria, riportato nella direttiva 2000/29 CE come "organismo nocivo che riveste importanza per tutta la comunità" e nelle liste di allerta dell' European and Mediterranean Plant Protection Organization (EPPO).

Ciclo vitale e danni alle colture

Alle nostre latitudini le larve diventano adulte e sfarfallano dal terreno verso la fine di maggio e l'inizio di giugno e rimangono attive fino a settembre. Gli adulti sono quindi rilevabili solo d'estate e  raggiungono un picco di presenza verso luglio. Le femmine, dopo l'accoppiamento, scavano delle buche nel terreno di circa 10-15 cm con una preferenza per i prati umidi o alcune colture come quella del mais e della soia. Depongono circa 3-4 uova alla volta e 40-60 durante tutto l'arco della loro vita. Da inizio settembre fino alla fine di maggio le larve rimangono sotto terra, da cui poi sfarfallano ricominciando il ciclo. Gli adulti sono polifagi, ossia si nutrono di molte specie vegetali diverse, provocando grossi danni: erodono infatti le foglie, risparmiando solo le nervature, ma anche i fiori e i frutti, portando alla distruzione della pianta. L'individuo singolo non riesce generalmente a provocare molti danni. Il problema è che si spostano in gruppi numerosi, potendo arrivare a cento individui su una sola pianta. Le larve si nutrono invece delle radici, soprattutto di graminacee, portando a disseccamenti dei manti erbosi, dei pascoli e dei prati. Gli adulti possono alimentarsi di circa 300 specie di piante diverse, spontanee, ornamentali e forestali, ma risultano particolarmente dannose per 100. Tra queste le più sensibili all'attacco dello scarabeo giapponese sono: il Ciliegio (Prunus avium), il Pesco (Prunus persica), l'Albicocco (Prunus armeniaca), il Mais (Zea mays), la Soia (Glycine max), la Vite (Vitis vinifera), il Rovo (Rubus spp.) e la Rosa (Rosa spp.)

Come riconoscere la Popillia japonica

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Gli adulti sono lunghi circa 10 mm e sono di colore verde metallico con elitre iridescenti di color bronzo o rame. Sono facilmente riconoscibili e distinguibili dalle altre specie per la presenza di dodici ciuffi di peli bianchi, cinque sui due lati dell'addome, e un paio più ampi presenti nella parte terminale. Le larve invece variano dagli 1,5 mm fino a circa 30 mm di grandezza a maturità raggiunta. Hanno una tipica forma a C e sono di colore biancastro con capo marrone chiaro. Le larve sono più difficili da riconoscere e possono essere mandate al servizio fitosanitario per un'identificazione più precisa al microscopio. L'aspetto più identificativo è infatti il raster, una ​formazione di setole all'estremità ventrale dell'addome, che ha una tipica forma a V composta da sette setole per lato.

Il piano di monitoraggio e contenimento delle regioni

Il settore Fitosanitario delle regioni, insieme all'ente di gestione delle aree protette del Ticino e del lago Maggiore, si è adoperato per cercare di prevenire l'introduzione di nuovi individui e lo sviluppo della popolazione di questa specie attraverso interventi di monitoraggio e contenimento. I metodi utilizzati sono le osservazioni visive sulla vegetazione e l'installazione di trappole a ferormoni sessuali, che riescono ad attrarre gli adulti anche a distanza di centinaia di metri. Ogni trappola viene mappata e registrata attraverso le coordinate GPS in modo tale da poter effettuare un controllo periodico. Un altro metodo per il contenimento delle larve è costituito invece dall'utilizzo di insetticidi biologici a base di nematodi entomoparassiti  e funghi. Nel 2019 la regione Piemonte è riuscita a catturare, attraverso i piani di monitoraggio, 21 milioni di esemplari.

Anche i cittadini possono fare la loro parte attraverso la segnalazione degli individui. La Regione Lombardia ad esempio indica cosa fare nel caso di avvistamento:

  • controllare la presenza dei ciuffi di peli bianchi al lati dell’addome
  • fotografarli e poi eliminarli
  • osservare su quale pianta era presente, se in gruppo
  • fare una segnalazione agli indirizzi popillia@ersaf.lombardia.it

Anche il Servizio Fitosanitario dell’Emilia-Romagna sta effettuando il piano di monitoraggio per individuare il coleottero per prevenirne la diffusione attraverso controlli visivi sulla vegetazione e trappole a ferormoni.

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