Una seconda possibilità rappresenta una occasione straordinaria per tutte le esistenze, ma lo è ancora di più per tutti quegli animali che avendo vissuto tutta la vita in laboratorio si preparano a terminare i loro giorni tra i muri in plexiglass di una gabbia, senza avere mai conosciuto né la libertà, né l'affetto di una famiglia.
Topi, criceti e altri animali tipicamente usati per la sperimentazione scientifica muoiono nel silenzio della comunità umana, molti destinati a essere abbattuti dall'anidride carbonica o da overdose di anestetici. Tuttavia non è detto che debba sempre finire così: la Direttiva europea 63 del 2010 relativa alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, recepita in Italia nel 2014, dispone un'alternativa per gli animali il cui benessere non è compromesso definitivamente.
«In alcune circostanze – si legge nella Direttiva europea – gli animali dovrebbero essere reintrodotti in un habitat o un sistema di allevamento adeguati». In particolare, «nel caso in cui gli Stati membri prevedano il reinserimento, è di fondamentale importanza che l’allevatore, il fornitore o l’utilizzatore abbiano un programma che consenta un’adeguata socializzazione di tali animali, al fine di assicurare il buon esito dell’operazione, evitare inutili angosce agli animali e tutelare la sicurezza pubblica».
Tra gli animali domestici più utilizzati dalla comunità scientifica ci sono topi, ratti, gerbilli, criceti e porcellini d’India. Lo stesso termine "cavia", utilizzato nel linguaggio comune per indicare ogni tipo di animale sottoposto agli esperimenti, deriva da Cavia porcellus, nome scientifico del più noto porcellino d'India.
Ad occuparsi in Italia del recupero e della riabilitazione degli animali da laboratorio è come spesso accade una realtà del Terzo settore: La collina dei conigli Onlus. I volontari, attivissimi in Lombardia, si occupano di accogliere roditori e altri piccoli animali che dopo una vita di cattività a fini scientifici.
È possibile adottare uno di questi animali inviando una richiesta alla mail: lacollinadeiconiglionlus@gmail.com. Era solo il 15 gennaio quando i volontari scrivevano sui social della Onlus: «Mentre 25 topolini viaggiavano dal laboratorio alla Collina dei Conigli, verso un porto sicuro e chissà forse anche un'adozione, sull'autostrada incrociavamo continuamente tristi camion carichi di giovani animali destinati al macello… Una felicità si incrociava continuamente con un'inutile tragedia».
Concetto ben espresso dal cortometraggio che racconta il “lavoro” della cavia da laboratorio Ralph e gli effetti disastrosi sulla sua salute, fino alla morte.
Ma a che punto è la sperimentazione animale? Purtroppo gli animali sono ancora largamente utilizzati: la Lega anti vivisezione (Lav) stima l'impiego in Europa di oltre 12 milioni di animali – 9 milioni secondo i report ufficiali Ue. Tuttavia nel Vecchio Continente qualcosa sta cambiando, anche grazie al nuovo database sui metodi alternativi alla sperimentazione animale (NAMs) approvato dagli europarlamentari.
Anche in Italia si guarda a una sperimentazione più etica, una competenza istituita ufficialmente con il Centro di referenza nazionale per i metodi alternativi, benessere e cura degli animali da laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna.
Il Centro si occupa di fornire un sevizio diagnostico per il controllo dello stato sanitario di roditori impiegati nella sperimentazione animale ed è stato individuato come punto di contatto nazionale con l’Ente europeo che sovraintende allo sviluppo e diffusione dei metodi alternativi (ECVAM).
Il benessere animale, è sancito dall’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e rappresenta un diritto riconosciuto anche in Italia, tuttavia la strada verso una sperimentazione priva di animali sembra essere ancora molto lunga.