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9 Febbraio 2023
9:30

L’ittiosauro, il grande rettile marino estinto simile a un delfino

L'ittiosauro è un grande rettile marino estinto, vissuto nei mari europei a partire dal Giurassico inferiore. Comunemente chiamato "dinosauro-delfino", in realtà non era un dinosauro e da lui deriva il nome dell'intero ordine degli ittiosauri.

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L'ittiosauro, noto alla scienza come Ichthyosaurus communisera un rettile marino molto diffuso che visse in Europa nei mari mesozoici a partire dal Giurassico inferiore. Animale molto noto anche al grande pubblico, è stato tra i primi rettili marini ad essere stati scoperti e da lui deriva il nome dell'intero ordine degli ittiosauri, che sopravvisse fino a 90 milioni di anni fa, in pieno periodo Cretaceo.

Conosciuto erroneamente anche "dinosauro-delfino" o "rettile-delfino", in realtà l'ittiosauro non era un dinosauro e la sua rassomiglianza ai delfini è legata solo a una delle legge fondamentale dell'evoluzione, la cosiddetta convergenza adattativa, che prevede che l'ambiente contribuisce a selezionare le morfologie più favorevoli ad un determinato comportamento, come il nuoto. Delfini e ittiosauri, infatti, non sono direttamente imparentati e hanno in comune solo l'aver adattato il loro corpo nell'affrontare lunghe nuotate negli oceani.

Scoperto agli inizi della storia della paleontologia da una giovanissima Mary Anning, la famosa madrina dei dinosauri, e da suo fratello Joseph tra il 1811 e il 1812, l'ittiosauro ci è giunto tramite molteplici ritrovamenti completi, che ci permettono di osservare non solo la sua forma, ma anche molti particolari del suo organismo interno.

Com'era fatto l'ittiosauro

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L'ittiosauro era lungo 2 metri ed era dotato di caratteristiche che lo rendevano perfettamente adattato agli ecosistemi marini.

Per limitare la resistenza delle correnti durante il nuoto e riuscire a cacciare con abilità i pesci, l'ittiosauro, per esempio, disponeva di un muso molto affilato, utile nel fendere l'acqua, che era armato da tantissimi piccoli denti conici con cui riusciva a catturare anche le prede più difficili da afferrare. Inoltre, proprio per cibarsi di prede anche nelle profondità oceaniche, era dotato di grosse cavità oculari, che catturavano la flebile luce che era presente in quegli abissi e che coprivano la maggior parte della superficie posteriore del cranio.

Proprio a suggerire le sue grandi qualità di immersione, in ogni orbita l'ittiosauro aveva un grande anello sclerale, una struttura circolare formata da segmenti ossei sovrapposti che proteggevano la vista dalla pressione data dalla colonna d'acqua nelle profondità.

Le pinne ventrali invece era piatte e ricordavano tantissimo le pinne dei moderni cetacei, visto che erano anch'esse il risultato di una trasformazione che aveva portato le zampe dei progenitori terrestri a divenire delle sorte di pagaie, con un aumento spropositato nel numero delle falangi.

Anche la coda dell'ittiosauro aveva assunto quella forma a mezzaluna di seguito a una lunga evoluzione, che aveva indotto l'ittiosauro a divenire uno dei rettili marini più veloci mai esistiti. Esso infatti raggiungeva anche oltre i 45 chilometri orari e basti pensare che la sua colonna vertebrale si fletteva verso il basso, sostenendo la parte inferiore della coda, per comprendere come il suo corpo si fosse adattato perfettamente per sollecitare la giusta propulsione.

Il suo collo invece era corto, quasi tozzo, tanto che le specie successive avrebbero ridotto ulteriormente il numero di vertebre cervicali, divenendone quasi privi.

Durante il corso dell'Ottocento si era andato invece a creare un grande dibattito degli esperti sulla esistenza o meno di una pinna dorsale in questa specie. Per decenni infatti gli ittiosauri sono stati rappresentati come dei serpenti di mare molto peculiari, non dotati di una vera e propria pinna dorsale. Questa mancanza si spiega con la natura stessa dei primi ritrovamenti fossili, che non permettevano ai paleontologi di chiarire la questione. Poi però sulla fine dell'Ottocento molti esemplari finemente conservati furono ritrovati nel giacimento fossile di Holzmaden in Germania, permettendo agli studiosi di notare come sopra le ossa degli ittiosauri fosse spesso presente un'ombra che presentava il contorno originale del corpo. Tale ombra che riportava la presenza dei tessuti molli dell'animale mostrava che l'ittiosauro aveva una pinna dorsale e fu così che i paleontologi iniziarono a considerarlo, seppur nel 1987 un noto paleontologo, David Martill, sostenne che tali pinne osservabili nei fossili tedeschi fossero solo il prodotto di un errore di lavorazione commesso dai preparatori di fossili.

Nel corso degli ultimi anni però altri ricercatori hanno confermato l'esistenza delle pinne dorsali in molte specie di ittiosauri, visto che da molteplici indagini è stato appurato che queste erano persino supportate da tessuto fibroso. In alcuni esemplari, sono addirittura visibili quattro strati differenti di collagene dove erano presenti tali strutture e ciò ha permesso di comprendere come in questi animali l'area del dorso non fosse solamente resistente, ma anche molto elastica, per permettere alla pinna di svolgere la sua funziona direzionante di timone.

Il dibattito fra paleontologi rimane comunque molto acceso ed esistono delle correnti di pensiero che considerano ancora l'ittiosauro come un rettile privo di pinne dorsali.

Abitudini e comportamento

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Gli ittiosauri partorivano i loro piccoli dopo mesi di gestazione, come i moderni cetacei

Essendo l'ittiosauro un animale dotato di polmoni, presentava delle narici alla base del muso, subito sotto gli occhi. Questo comporta che, a differenza dei moderni cetacei, l'ittiosauro non avesse uno sfiatatoio sulla sommità del capo come nei delfini. Inoltre, proprio per via della loro incapacità di estrapolare l'ossigeno dall'acqua di mare, per questa specie era molto importante essere in grado di restare a lungo tempo in apnea, con adattamenti specifici che servivano a contrastare il rischio di sviluppare l'embolia. Uno dei ritrovamenti infatti più famosi di ittiosauro appartiene ad una madre annegata che stava partorendo il proprio piccolo.

Questi animali infatti erano vivipari come i mammiferi e durante il parto erano costretti a nuotare nei pressi della superficie per ossigenarsi e fornire prontamente un aiuto al nascituro, nei momenti del primo respiro. Questo però li conduceva ad un terribile pericolo. Da un altro ritrovamento, sappiamo infatti che gli ittiosauri femmina venivano spesso bersagliati dai predatori al momento del parto, poiché erano vulnerabili e il parto riduceva di molto la loro resistenza nel trattenere il fiato. Tale fossile infatti presenta un ittiosauro con chiari segni di predazione e la coda del neonato che sporge appena all'esterno del corpo della madre.

Per quanto riguarda invece l'alimentazione dell'Ittiosauro, come detto erano principalmente carnivori. Si nutrivano di antichi cefalopodi come i Belemnoidea, oltre che di pesci, calamari e forse di piccoli ittiosauri appartenenti a specie differenti dello stesso genere. Queste preferenze alimentari sono state infatti scoperte tramite lo studio di alcuni stomaci fossilizzati e al miracoloso ritrovamento di alcuni coproliti – fossili contenenti la "pupù" degli animali. Dall'analisi del loro contenuto sappiamo che era formati da resti di pesci e da ciò che rimane delle conchiglie interne di diverse specie di cefalopodi, di seguito alla digestione. Inoltre è stato verificato che diverse specie di ittiosauri erano in grado di sopravvivere nello stesso ambiente, andandosi a ritagliare una propria nicchia ecologica, nutrendosi in maniera differente. Questo perciò permetteva la convivenza fra diverse specie di ittiosauro e l'arricchimento della biodiversità nelle zone limitrofe in cui vivevano.

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In casi estremamente fortunati, alcuni ritrovamenti ci hanno permesso addirittura di osservare la pancia della madre – che in questo caso conteneva ben 3 piccoli – con lo stomaco pieno di cibo

Per quanto riguarda la strategie di fuga, l'ittiosauro invece se sottoposto al pericolo era capace di sfruttare la propria velocità per sgusciare via dalla bocca dei predatori. Se infatti era particolarmente vulnerabile dagli attacchi dal basso, come suggerito dai ritrovamenti fossili, in fatto di velocità difficilmente esisteva negli oceani primordiali un predatore capace di batterlo. Quale erano però i predatori più pericolosi che condividevano con lui la vita nei mari?

Oltre agli squali, che da sempre sono tra i principali predatori degl gli oceani, gli animali che probabilmente costituivano il maggior pericolo per gli ittiosauri erano altri rettili marini. Fra questi c'erano il Lioplerudon ferox (reso famoso da una puntata della BBC de "Il mondo dei dinosauri"), il mosasauro e il Kronosaurus.

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Il Lioplerudon ferox è il protagonista insieme all’Ittiosuro di un famoso documentario della BBC

Storia delle scoperte

Il nome dell'Ittiosauro deriva dal greco antico e significa "lucertole pesce". Ed in effetti all'inizio, quando nel corso del Settecento i primi ritrovamenti cominciavano a sbucare in tutta Europa, i naturalisti – come Ashton Lever e John Hunter – credettero che i suoi fossili appartenessero ad una specie esotica di pesce, andando anche oltre alle credenze dell'epoca che avevano portato per esempio il naturalista svizzero Johann Jakob Scheuchzer a descrivere due vertebre di ittiosauro come delle ossa appartenuto ad un uomo annegato durante il diluvio universale.

Il primo vero ritrovamento però avvenne nel 1811, a Lyme Regis nel Dorset inglese, grazie alla coppia di fratelli Anning, Mary e Joseph. Tale ritrovamento fu tra i primi avvenuti in Europa ed ebbe una risonanza internazionale, seppure la madre degli Aninng, Molly, vendette il pezzo completo ritrovato dai figli allo scudiero Henry Henley per soli 23 sterline. Fortunatamente dopo qualche anno Henley prestò il fossile al vecchio museo di scienze naturali di Londra, grazie all'intervento del famoso paleontologo William Bullock, che all'epoca collezionava reperti che considerava preziosi, per poi rivenderlo al doppio del prezzo che aveva speso per acquisirlo.

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La testa dell’Ittiosauro scoperto dai fratelli Anning

Oggi questo fossile è di proprietà dell'attuale Museo di Storia naturale ed catalogato con il numero d'inventario BMNH R.1158. Per aspettare la prima descrizione della specie, bisognò comunque attendere il 1814, quando l'esemplare degli Anning fu descritto da Everard Home.

Home era molto insicuro sulla natura della specie e su come classificare l'animale. Infatti considerava l'ittiosauro come una forma di transizione tra i pesci e coccodrilli, con una predisposizione a rassomigliare alle lucertole che lo spinse a proporre differenti interpretazioni che rischiarono di confondere enormemente l'ambiente accademico dell'epoca. Alla fine del 1819, conclusi i suoi studi, Home infine si decise di identificare l'animale come una nuova forma di tritoni, dandogli il nome generico formale di Proteosaurus. Per fortuna però, nel 1817, il paleontologo Karl Dietrich Eberhard Koenig aveva già deciso di nominare l'animale come Ichthyosaurus, proponendo la specie come un ibrido di pesce/rettile estintosi durante il diluvio universale.

In verità, bisogna anche aggiungere che Koening per una certo margine di tempo usò tale nome come nomen nudum, ovvero con un nome scientifico non valido in quanto la specie di riferimento non era stata ancora sufficientemente illustrata e descritta in un articolo scientifico.  La prima volta infatti che Koenig pubblicò ufficialmente uno studio con questo nome avvenne infatti solo nel 1825, mentre ad una conferenza del 1819 insieme a De la Beche, Koening menzionò solo a voce l'esistenza di ben tre diverse specie di Ichthyosaurus.

Nel 1821, Conybeare e De la Beche fornirono però anche grazie al contributo di Koening la prima descrizione sistematica degli ittiosauri, asserendo che l'olotipo dell'intero gruppo era quello scoperto dagli Anning dieci anni prima. Di lì in poi, si susseguirono moltissimi ritrovamenti in tutta Europa e in diverse parti del mondo, tanto che presto il genere Ichthyosaurus divenne quello preferito per collocare fossili di difficile interpretazione che non si riuscivano a classificare in altro modo.

Fu solo tramite le analisi compiute verso la fine del secolo scorso se i paleontologi sono riusciti a sistemare la tassonomia di questi animali. Da decine di specie di Ittiosauro, oggi infatti le principali specie riconosciuto sono tre: I. communis (la specie tipo, che è il vero Ittiosauro), I. breviceps e I. conybeari.

L'albero filogenetico degli ittiosauri è comunque fra i più complessi che siano mai stati elaborati dai reperti fossili del Mesozoico. Sono infatti moltissime le specie scoperte, appartenenti ai progenitori e ai discendenti di I. communis, tanto che si può considerare una branca a sé della paleontologia lo studio dell'intera loro famiglia.

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Albero filogenetico degli ittiosauri con alcune specie
Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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