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22 Marzo 2022
13:36

L’Italia vieta l’ingresso ai randagi e ai cani dei rifugi dell’Ucraina

Il Ministero della salute ha vietato l'ingresso agli animali provenienti dai rifugi. Una esclusione che colpisce la categoria dei randagi in quanto tale. Vediamo perché.

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cane randagio

Non è consentito l'ingresso in Italia di cani e gatti randagi o provenienti dai rifugi dell'Ucraina: gli animali possono entrare solo al seguito dei loro umani di riferimento. Lo ha chiarito una nota della Direzione generale della Veterinaria del Ministero della Salute indirizzata alle principali associazioni animaliste italiane che dall'inizio della guerra in Ucraina hanno attivato corridoi per supportare i profughi in viaggio con i loro animali e anche gli ospiti dei rifugi.

Il divieto per gli animali dei rifugi non è condizionato dalla presenza del microchip o delle vaccinazioni: dalla comunicazione emerge che l'esclusione colpisce la categoria dei cani senza «proprietari» in quanto tale.

«Si è appreso che diverse Associazioni si stanno attivando per far entrare sul territorio italiano cani e gatti provenienti da rifugi/canili posti sul territorio ucraino – scrive il Ministero – L’introduzione di cani e gatti ospitati nei rifugi/canili e di cani e gatti randagi avente origine Ucraina non è al momento consentita sul territorio nazionale. Tale approccio è stato confermato dalla grande maggioranza degli Stati membri sempre nelle fasi di interlocuzione con la Commissione Europea sul tema».

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Nonostante molti cani dei rifugi arrivino in Italia regolarmente microchippati e vaccinati contro la rabbia, come avvenuto con i cuccioli arrivati a Verona tramite l'Enpa, ora questa tipologia è dunque esclusa dalla possibilità di varcare i confini italiani.

Subito è arrivata la protesta delle associazioni, prima di tutte della Lav che ha scritto al Ministero che «pur condividendo l’attenzione del Ministero nei confronti di questa zoonosi, ritiene questa misura penalizzante e discriminatoria nei confronti di animali che patiscono i bombardamenti e sono spesso senza né cibo né acqua, come quelli nel rifugio vicino Kiyv dell’italiano Andrea Cisternino».

L'associazione chiede di farsi carico dell'introduzione degli animali sul territorio nazionale: «Le chiediamo un intervento per consentire l’ingresso in Italia anche di animali provenienti dal rifugio o vaganti sul territorio e di emanare disposizioni secondo le quali i citati animali possano essere introdotti da un’Associazione riconosciuta».

Le precauzioni per prevenire focolai di rabbia

Il 1 marzo 2022 il Ministero ha deciso di consentire agli animali privi passaporto europeo di viaggiare con i loro compagni umani in fuga dall'Ucraina: non si è trattato di un accesso indiscriminato ma sottoposto a specifiche condizioni. L'Italia non è direttamente confinante con l'Ucraina, quindi ai Paesi membri alle frontiere è stato richiesto di comunicare al Ministero le specie e il numero di animali, il nome della persona di riferimento e l'indirizzo di destinazione in Italia per supportare i servizi veterinari territorialmente competenti nella gestione degli animali introdotti.

Si tratta di precauzioni dettate dalla necessità di arginare il ritorno della rabbia nei paesi in cui è stata eradicata.

Anche l'odierna comunicazione ministeriale esplicita una serie di regole per l'introduzione degli animali ucraini allo scopo di prevenire i possibili focolai di rabbia. Questa zoonosi, cioè una malattia capace di effettuare il salto di specie, non è presente in Italia, tuttavia è ancora diffusa in Ucraina e in altri paesi dell'Europa orientale.

Secondo le informazioni fornite al Ministero dal Centro di referenza nazionale della rabbia dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, nell’anno 2021 l’Ucraina ha notificato al Rabies Bulletin Europe 132 casi di rabbia nei mammiferi selvatici e 265 casi negli animali domestici, di cui 109 nei cani e 130 nei gatti. «La distribuzione dei casi è omogenea su tutto il territorio ucraino – ha sottolineato l'Izs – lasciando pertanto ipotizzare una circolazione diffusa dell’infezione nel serbatoio selvatico con frequenti episodi di spillover nei carnivori domestici. Gli animali domestici provenienti dall’Ucraina devono essere pertanto considerati potenzialmente esposti ad infezione nel territorio di origine».

Lo spillover e il salto di specie, con l'avvento della pandemia da Covid-19, sono diventati argomenti di grande attualità per la sanità pubblica che il giornalista e scrittore scientifico David Quammen ha sviscerato durante la prima puntata di MeetKodami.

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Quindi, allo scopo di arginare la diffusione della zoonosi, il Ministero ha stabilito regole per gli animali che viaggiano al seguito dei loro umani: se in possesso di microchip e certificato di vaccinazione antirabbica, gli animali vengono comunque sottoposti ad un periodo di osservazione più o meno lungo.

Gli animali privi di questi requisiti vengono immediatamente microchippati e vaccinati e quindi sottoposti ad un periodo di osservazione di almeno 3 mesi. Per rendere più veloci la vaccinazione e la titolazione degli anticorpi, l'Anmvi si è resa disponibile a collaborare con i veterinari ucraini e anche l'Ordine dei medici veterinari Napoli ha fatto sapere che i liberi professionisti supporteranno i servizi territoriali attraverso l'iniziativa "Animali in fuga dalla guerra".

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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