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1 Aprile 2022
11:50

L’ipotesi della scimmia ubriaca e l’origine della nostra passione per l’alcol

Da dove deriva il nostro amore per una sostanza tossica e dannosa come l'alcol etilico? Secondo alcuni antropologi deriverebbe dalle abitudini alimentari frugivore dei nostri antenati scimmie.

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I nostri parenti più prossimi, le scimmie, ci assomigliano anche nei vizi. Un nuovo studio sulle scimmie ragno dalle mani nere a Panama mostra che questi primati cercano e mangiano frutta abbastanza matura da essere fermentata, contenendo fino al 2% di etanolo. Secondo gli scienziati, è proprio da questo tipo di alimentazione, il consumo di frutti fermentati ma molto nutrienti, che potrebbe aver tratto origine la nostra inclinazione a bere alcolici.

I risultati di una recente ricerca a riguardo sono stati pubblicati su Royal Society Open Science.

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Una scherzosa statuetta di scimmia ubriaca

La passione degli umani per l'alcol ha sempre destato curiosità e interesse di medici e antropologi. Di per sé la molecola di alcol etilico (o etanolo) è una sostanza tossica e nociva per l'organismo che in grandi quantità porta ad una valanga di effetti collaterali. E' però anche un "lubrificante naturale" per i nostri freni inibitori ed il sapore stesso di questa molecola, in certe quantità, è molto apprezzato dall'adolescenza in poi.

Per 25 anni, il biologo della Università della California Berkeley Robert Dudley si è interessato all'approccio che gli esseri umani hanno con le bevande alcoliche. Dudley è uno dei maggiori sostenitori dell'ipotesi della "scimmia ubriaca", una teoria scientifica che vede la nostra propensione per l'alcol trarre origine dall'ancestrale consumo dei nostri progenitori scimmie di frutta molto fermentata. Tale concetto è stato alla base di un suo importante saggio del 2014 intitolato "The Drunken Monkey: Why We Drink and Abuse Alcohol".

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Una scimmia ragno dalle mani nere

Recentemente, insieme alla primatologa Christina Campbell ed altri colleghi, ha approfondito il tema studiando le abitudini alimentari di alcune scimmie centroamericane, le scimmie ragno dalle mani nere (Ateles geoffroyi) o "scimmie ragno di Geoffroy". Questi primati sono tra i più grandi del Nuovo Mondo, arrivando fino a 9 chili di peso. Vivono in gruppi di 20-40 individui e la loro dieta consiste principalmente di frutta matura e richiede ampi tratti di foresta per sopravvivere. Proprio a causa della loro esigente dieta, oltre che per caccia e commercio illegale, la specie è considerata in pericolo dalla IUCN.

Gli scienziati hanno raccolto frutta mangiata e scartata da queste scimmie nelle foreste panamensi ed hanno scoperto che la concentrazione di alcol era compresa tra l'1% e il 2%. Nulla di strano da questo punto di vista: l'alcol è un sottoprodotto della fermentazione naturale dei lieviti che mangiano lo zucchero nei frutti troppo maturi. Le misurazioni hanno mostrato che alcuni frutti noti per essere mangiati dai primati hanno una gradazione alcolica naturalmente elevata, fino al 7%.

Inoltre, i ricercatori hanno raccolto l'urina da queste scimmie frugivore e hanno scoperto che essa conteneva metaboliti secondari dell'alcol. Questo risultato mostra che gli animali usano effettivamente l'alcol per produrre energia e che non "passa" solo attraverso i loro corpi.

«Per la prima volta siamo stati in grado di dimostrare, senza ombra di dubbio, che i primati selvatici, senza l'interferenza umana, consumano etanolo contenente frutta», hanno affermato gli scienziati nell'articolo. «Questo è solo uno studio da approfondire, ma sembra che ci possa essere del vero in quell'ipotesi della ‘scimmia ubriaca': che la propensione degli esseri umani a consumare alcol deriva da una profonda affinità radicata dei primati frugivori per l'etanolo presente in natura all'interno dei frutti maturi».

Un altro coautore della ricerca, il dottor Aleksey Maro, sta conducendo uno studio parallelo sul contenuto di alcol nella dieta a base di frutta degli scimpanzé in Uganda e Costa d'Avorio.

Ma quali sono questi frutti tanto amati dalle scimmie ragno? La maggior parte provenivano dall'albero di Jobo (Spondias mombin): la stessa pianta utilizzata da millenni dalle popolazioni locali per produrre una famosa bevanda alcolica, la chicha.

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Un albero di Jobo con i suoi succosi frutti

Insomma, gli antenati umani potrebbero aver selezionato preferenzialmente frutta carica di etanolo per il suo super contenuto calorico, ma «gli effetti psicoattivi ed edonici dell'etanolo possono comportare allo stesso modo un conseguente aumento dei tassi di consumo».

Oggi, la disponibilità di alcol in forma liquida, superconcentrata e senza la polpa che riempie la pancia, ci porta facilmente ad esagerare. L'idea che l'affinità naturale degli esseri umani per l'alcol sia ereditata dai nostri antenati primati potrebbe aiutare la società ad affrontare le conseguenze negative dell'abuso. «Il consumo eccessivo di alcol, come nel caso del diabete e dell'obesità, può quindi essere considerato concettualmente come una malattia da eccesso nutrizionale», ha concluso la professoressa Campbell.

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