Non c’è solo la pandemia di Covid-19 ad abbattersi su Italia ed Europa. Ce n’è anche un’altra che sta provocando moltissime vittime, anche se in questo caso si tratta di volatili. È l’influenza aviaria causata da un virus dell’influenza di tipo A, talmente diffusa che il Friedrich Loeffler Institut, cioè l'Istituto tedesco per la ricerca sulla salute animale, l’ha definita «la più grave epidemia di influenza aviaria ad aver colpito l'Europa».
Solo nel nostro Paese, da metà ottobre, sono stati abbattuti 14 milioni di capi e restano accesi ancora oltre trecento focolai ad alta patogenicità (HPAI) distribuiti tra Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia e soprattutto Veneto: la situazione è talmente grave da far invocare agli allevatori lo stato di calamità.
E ora il virus ha raggiunto anche gli amatissimi cigni della regina Elisabetta a Windsor. E lo ha fatto in maniera talmente violenta che i veterinari hanno dovuto abbattere 26 esemplari per fermare la diffusione della malattia. A riportarlo è il Daily Express. Sua maestà, così, dopo averne già persi 33 dall’inizio dell’epidemia che ha colpito l’intero paese è stata costretta con grande dolore a dare l'autorizzazione per procedere ulteriormente.
Che destino avranno cigni della regina Elisabetta?
Una vicenda che ha suscitato grande preoccupazione in Elisabetta II, essendo lei, dal XXII Secolo in poi, proprietaria di tutti i cigni non contrassegnati che nuotano liberi in acque aperte in Inghilterra e Galles. Una legislazione nata per evitare che venissero uccisi visto che i cigni venivano mangiati come alimento pregiato nei banchetti e nelle feste. Ma non solo: la legge, infatti, permette anche alla Casa Reale di perseguire chiunque ferisca, rubi o uccida un cigno, norma che protegge di fatto gli uccelli da qualunque tipo di violenza.
L'influenza aviaria, un virus diffuso in tutto il mondo
Diffusa in tutto il mondo, l'influenza aviaria, che può essere a bassa o ad alta patogenicità, è stata individuata in Italia per la prima volta più di un secolo fa. Le vittime del contagio, sono come abbiamo detto, i volatili, pressoché tutte le specie, anche se con manifestazioni molto diverse. Chiaramente, a generare le epidemie, sono le forme altamente patogeniche e contagiose, in cui la malattia appare improvvisamente e procede con un decorso rapidissimo che porta le vittime alla morte nella quasi totalità dei casi.
I diversi studi hanno appurato che sono gli uccelli selvatici, e in particolare i volatili acquatici, il serbatoio della più grande varietà di virus influenzali. Solitamente, però, questi uccelli non si ammalano ma possono veicolare il virus attraverso le loro lunghe migrazioni e contagiando gli uccelli domestici quali polli, anatre, tacchini e altri animali da cortile.
La trasmissione all'essere umano
I virus dell'influenza aviaria finora studiati, possiedono un basso rischio di trasmissione umana. Tuttavia, considerata la loro elevata propensione a subire mutazioni, si deve mettere in conto la possibilità che possano emergerne tali che ne aumentino il potenziale infettivo per l'uomo.
Sul timore per il consumo alimentare, il Ministero della Salute rassicura e sottolinea come dopo una scrupolosa cottura che grazie al calore inattiva il virus, carne e uova possono essere mangiati senza alcun timore. Attualmente, in ogni caso, il problema più rilevante non è la contaminazione della catena alimentare, di cui non risulta esserci casi, ma piuttosto preoccupa di più lo smaltimento delle carcasse degli animali morti che sono stati contagiati e di quelli che si dovranno sopprimere.
La Francia intende vaccinare i polli
La Francia, che ad oggi presenta 231 focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nel bestiame, 22 casi nella fauna selvatica e 5 casi nei cortili, ha annunciato che vorrebbe procedere con la vaccinazione di polli e volatili per fermare l’epidemia. Sebbene, infatti, la trasmissione del virus dal pollame all'uomo rimanga rara, le stime parlano di 1000 casi in tutto il mondo dal 2003, l’uomo britannico infettato il 6 gennaio di quest'anno ha sollevato comunque una serie preoccupazioni.
Ci sono però dei problemi rispetto all’utilizzo dei vaccini anti aviaria: intanto, la Commissione europea ne vieta l'uso nella maggior parte dei casi. Ma anche l’ANSES, l’Agenzia nazionale francese di sicurezza sanitaria dell’alimentazione ha espresso dubbi sull’efficacia del vaccino per via del numero troppo alto di varianti del virus, ritenendo più sicuro combattere il contagio attraverso misure di biosicurezza come la sorveglianza rafforzata degli allevamenti, i divieti di movimento e l'abbattimento preventivo.
Nonostante questo, il ministro dell'Agricoltura Julien Denormandie durante il Consiglio europeo sull’agricoltura e sulla pesca “Agrifish”, ha ribadito che due vaccini verranno testati in Francia nelle prossime settimane, senza aggiungere altri dettagli se non che, una volta tratte le conclusioni, se queste saranno positive, chiederà agli Chief Veterinary Officers dei 27 Paesi Ue di analizzarle e di acconsentire all'approvazione della vaccinazione a livello europeo.
Anche in Italia, c’è chi ha la stessa posizione francese. L’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi, per esempio, concorda sul fatto che sia arrivato il momento anche per l’Italia di introdurre il vaccino contro l’aviaria, una malattia mai debellata, ma che torna ciclicamente.