Il Parco Nazionale delle Galápagos ha annunciato di aver rilevato i primi casi di influenza aviaria nell'arcipelago, paradiso naturale per tantissime specie di uccelli uniche al mondo. Sono al momento tre su cinque gli uccelli morti analizzati e trovati positivi al virus H5N1 dai tecnici della Direzione del Parco Nazionale Galápagos e dell'Agenzia per il controllo e la regolamentazione della biosicurezza e della quarantena, che hanno inoltre già inviato all'Istituto Nazionale di Ricerca sulla Salute Pubblica i campioni raccolti per un'ulteriore conferma.
L'arcipelago delle Galápagos è un vero e proprio paradiso per la biodiversità e per gli amanti del birdwatching, con decine di specie uniche al mondo e che si trovano esclusivamente tra queste remote isole, come la sula piediazzurri (Sula nebouxii) o il pinguino delle Galápagos (Spheniscus mendiculus). Le isole situate a circa 1,000 km dalla costa dell'Ecuador, ospitano infatti almeno 78 specie di uccelli endemici, che non si trovano quindi in nessuna altra parte del mondo.
Le autorità ecuadoriane avevano già dichiarato a dicembre di aver messo in atto un sistema di monitoraggio alle Galápagos, quando il virus ha raggiunto il Sud America, tuttavia la preoccupazione per la salute degli uccelli selvatici dell'arcipelago sta ora crescendo. Tra le azioni intraprese per provare a scongiurare l'ulteriore diffusione del virus, è stata quindi disposta l'interdizione preventiva di alcune aree e l'obbligo di disinfezione di calzature e abbigliamento per turisti e guide naturalistiche.
Le guide e gli operatori turistici sono stati inoltre esortati a rafforzare la sorveglianza e a segnalare immediatamente tutti gli uccelli morti, visibilmente malati o che si comportano in modo anomalo. Allo stesso tempo, una squadra specializzata è stata già incaricata di implementare le operazioni di monitoraggio e sorveglianza e di raccogliere tutti gli uccelli trovati morti tra le isole.
L’influenza aviaria causata dal virus H5N1 in passato ha provocato generalmente epidemie stagionali e fortemente limitate ad alcune specifiche aree. A partire dal 2021, però, un numero sempre più crescente di casi è emerso in tutto il mondo e durante tutto l'anno, innescando quella che gli esperti hanno definito la più grande epidemia mai vista. Attualmente non esiste alcuna cura per l’influenza aviaria, che si diffonde sia tra gli uccelli selvatici che tra quelli allevati e che, in genere, non colpisce gli esseri umani.
Tuttavia, alcuni rari casi sono stati segnalati più volte, tra cui quello di una bambina di nove anni ricoverata in condizioni critiche proprio in Ecuador lo scorso gennaio. Il virus ha però già colpito diverse specie di mammiferi, tra cui i visoni d'allevamento per la pelliccia, cani e gatti domestici e persino leoni marini. In Argentina, infatti, l'epidemia ha già ucciso decine di mammiferi marini ed è anche per questo che nei mesi scorsi l'Organizzazione Mondiale della Sanità – pur sottolineando che i contagi umani restano molto difficili – che alzato il livello dall'allerta.