Le conseguenze dell'invasione russa in Ucraina sono state e sono tuttora devastanti per milioni di persone, ma anche per l'ambiente e la fauna selvatica già minacciata. Un nuovo studio recentemente pubblicato su Current Biology, ha messo infatti in luce per la prima volta l'impatto dei conflitti in corso sulla migrazione di una specie di rapace a rischio estinzione, l'aquila anatraia maggiore, che è stata costretta a modificare rotte e comportamento migratorio compromettendo il successo della stagione riproduttiva.
Gli studiosi dell'università inglese di East Anglia (UEA), del British Trust for Ornithology (BTO) e dell'Università di Scienze della Vita Estone avevano già in corso una ricerca sulla migrazione delle aquile anatraie maggiori (Clanga clanga) attraverso l'Ucraina quando, nel febbraio 2022, la Russia ha invaso il paese. Le aquile erano dotate di dispositivi GPS, permettendo così ai ricercatori di monitorarne i movimenti e il comportamento anche durante il conflitto. In seguito all'invasione, le aquile sono state quindi costrette ad affrontare le inevitabili conseguenze del conflitto.
I dati raccolti mostrano che questi rapaci sono stati esposti a bombardamenti, jet militari, carri armati e un numero senza precedenti di soldati e civili in fuga. Tutto ciò ha costretto le aquile a deviare significativamente dalle loro rotte migratorie tradizionali e a ridurre o evitare del tutto le soste per riposare, mangiare e ricaricare le batterie in Ucraina. Le deviazioni forzate hanno comportato anche a un prolungamento dei loro viaggi migratori, con un aumento della distanza percorsa e un arrivo ritardato nei siti di nidificazione in Bielorussia.
Questo ritardo potrebbe avere gravi ripercussioni sulla stagione riproduttiva e sul numero di pulli che riusciranno a lasciare il nido, poiché gli uccelli arrivano in condizioni fisiche e di salute peggiori nel momento più critico e delicato del loro ciclo vitale. Il coordinatore dello studio, Charlie Russell, dottorando alla School of Environmental Sciences della UEA, ha sottolineato come la guerra in Ucraina abbia avuto un impatto devastante non solo sulle persone, ma anche sull'ambiente e sugli animali selvatici.
«I nostri risultati offrono una rara finestra su come i conflitti influenzino la fauna selvatica, migliorando la nostra comprensione degli impatti potenziali di tali eventi estremi o di altre attività umane difficili da prevedere o monitorare». Lo studio ha anche svelato alcune differenze tra maschi e femmine nei tempi di migrazione. I maschi, provenienti dall'Africa orientale, hanno impiegato più tempo rispetto alle femmine, che migrano invece dalla Grecia. Anche queste differenze potrebbero influenzare il successo riproduttivo, se anche solo uno dei due sessi subisce maggiori impatti a causa della guerra.
Adham Ashton-Butt, Senior Research Ecologist del BTO, ha dichiarato: «Gli uccelli migratori come le aquile anatraie maggiori stanno drasticamente diminuendo in tutto il mondo ed è imperativo comprendere e mitigare i nostri effetti su queste specie carismatiche». Il tracciamento a distanza della fauna selvatica permette di capire l'impatto delle attività umane come la caccia o le infrastrutture energetiche, sull'ambiente e le popolazioni animali. In questo caso, ci offre una visione unica su come anche i conflitti armati influenzino il comportamento e la migrazione degli animali.
Questo studio evidenzia quindi l'importanza di considerare anche gli impatti ecologici e sulla fauna dei conflitti umani, poiché molti hotspot della biodiversità biodiversità o importanti aree di svernamento e migrazione, si trovano spesso proprio in paesi politicamente molto instabili. Proteggere la fauna selvatica in queste aree è quindi essenziale non solo per la conservazione delle specie a rischio, ma anche per mantenere i già precari equilibri degli ecosistemi e delle reti alimentari di cui fanno parte queste specie.