«Non è giovedì se al mercato non c'è Lilli». Si usa dire questa frase a Vicoforte, un paese di 3000 anime in provincia di Cuneo dove insieme agli umani residenti, abita da 8 anni un cagnolino di paese di nome Lilli.
Il motivo di questo detto è dato dal fatto che ogni giovedì in piazza si svolge il mercato e insieme alle bancarelle arriva anche il camioncino del pollo arrosto. Lilli, con i suoi 5 chili scarsi, si mette educatamente in fila dietro alle persone che aspettano il proprio turno perché sa che ogni settimana riceverà il suo pacchettino di scarti.
Da dove venga e come mai abbia scelto proprio il centro di Vicoforte come casa, non è certo. Alcuni dicono che un tempo viveva con una famiglia di nomadi, altri invece pensano che fosse di proprietà di qualcuno del posto che ha smesso di occuparsene. Certo è che anni fa insieme a lui girava per le strade anche suo fratello, il quale però amava trascorrere le giornate a contatto con gli umani e, infatti, dopo qualche anno è stato adottato.
Lilli con gli altri cani del paese
Lilli invece non si è mai lasciato avvicinare. Gli abitanti del posto lo sanno e, pur occupandosi costantemente del suo benessere disponendo cuccie e ciotole dove necessario, nessuno si azzarda ad abbracciarlo o a chiedergli di entrare in casa. Appena si sente costretto in un luogo troppo piccolo per lui infatti comincia a tremare e cerca disperatamente il modo di scappare.
Lilli viene accalappiato e trasferito in canile: «Detestava l'idea di trovarsi nel box»
La storia di Lilli però non è nota a tutti e infatti nei primi giorni di gennaio una persona che non lo aveva mai incontrato, dopo averlo rinchiuso in un cancello, ha chiamato il canile della zona segnalando la presenza di un cane libero. Di lì a poco, i responsabili del Canile Rifugio 281 di San Michele di Mondovì lo hanno prelevato e trasferito in un box.
Estelo Anghilante, la presidentessa dell‘Associazione Gea che gestisce il rifugio, anche lei ignara della vita libera di Lilli, racconta però di essersi subito resa conto che quel piccolo cane senza microchip detestava l'idea di trovarsi in quel luogo. «L'espressione che aveva in canile era sufficiente per farmi capire che si trattava di un cane dotato di grandi competenze sociali. Quelle che si conquistano vivendo liberi e che permettono ad alcuni individui di essere completamente autonomi. Lilli, da dentro il box mi guardava mortificato e sembrava dire con il suo sguardo che non aveva intenzione di sopportare a lungo la reclusione».
Lilli vuole la libertà
Poche ore dopo la cattura, come da routine, l'associazione ha diffuso la notizia del ritrovamento di un cane di piccola taglia sprovvisto di microchip, allegando al post una foto di Lilli, nella speranza che qualcuno venisse a recuperarlo. E infatti è bastato poco tempo perché gli abitanti di Vicoforte, riconosciuto il loro cane, cominciassero a telefonare al canile raccontando la storia di Lilli e spiegando alla responsabile del rifugio che in realtà si trattava di un cane che convive da tempo con loro: ciò che in altre regioni d'Italia viene chiamato cane di quartiere.
«Quando ho scoperto che in un paese a pochi chilometri da noi, in Piemonte, avevamo un esempio così bello di adozione da parte della comunità, mi sono quasi commossa – racconta la responsabile – Grazie a loro mi sono sentita sollevata all'idea di restituirgli la libertà».
Per la legge italiana però, i cani che escono dal canile devono essere regolarmente dotati di microchip intestato a un adottante e l'associazione Gea prima di liberare Lilli ha quindi dovuto chiedere agli abitanti di trovare una soluzione a questo problema: «La situazione che si è creata a Vicoforte dopo il ritrovamento è stata molto divertente – spiega la responsabile del canile – sembrava che ci fosse una bonaria guerra tra le persone che volevano adottarlo per tornare a vederlo scorrazzare per le strade».
«Lilli non cerca una famiglia che lo faccia entrare in casa»
Il giorno successivo quindi, Vicoforte si è svegliato nuovamente con la presenza di Lilli che correva tra una casa e un'altra, ma ora sotto la sua pelle c'è un microchip che porta il nome di Stefania Basso, una donna che ha deciso di assumersi la responsabilità di adottare almeno formalmente il cane: «Non sono mai riuscita a toccarlo, ma se a lui va bene così, per me non ha importanza – spiega – Quando arriva davanti a casa mia con la lingua fuori so che ha fame, ma se non arriva accetto volentieri di vederlo sfrecciare di corsa tra le nostre vie senza chiedergli di entrare».
La donna è certa di aver fatto la cosa migliore per la vita di Lilli: «Ogni adozione è una responsabilità e penso che questa sia la soluzione migliore per noi – afferma Stefania Basso – Lilli non desidererebbe certo trovare una famiglia che gli chieda di entrare in una casa e io sono felice di sapere che qualunque cosa gli accada verrò avvisata».
«Una scelta dettata dal rispetto per la sua identità»
«Sono una promotrice dell'idea di adozione consapevole – sottolinea ancora la presidentessa di Gea – Per me è importante sapere che i cani trovino famiglie che conoscano e rispettino le loro identità. Lilli non è un cane adatto a tutti, ma grazie ai cittadini di Vicoforte possiamo dire che mai più di questa volta la scelta sia stata dettata proprio dall'amore per la sua identità».
Lilli è così. Dorme nei posti riparati dell'abitato, chiede cibo solo a chi sa che è felice di incontrarlo, non disturba le persone e anzi, prova in ogni modo ad evitare il contatto con loro. Con le sue corse e la sua espressione sicura e sfuggente, ha dimostrato e continua a dimostrare che la vera gioia non viene raggiunta da tutti i cani nello stesso modo.
Alcuni di loro desiderano un caldo divano da condividere con una famiglia, altri preferiscono invece avere un intero paese a disposizione, dove godere della libertà, sicuri di essere protetti da tante persone che lo conoscono e accettano che la sua cuccia potrebbe essere ogni giorno in un angolo diverso.