Il letargo è una delle strategie più comuni, nel regno animale e vegetale, per sopravvivere in condizioni ambientali difficili. Con l'arrivo dell'inverno, gli individui a vita libera entrano naturalmente in uno stato fisiologico di torpore, e la stessa possibilità va garantita anche agli animali di casa.
Tanti anni fa, nel giardino della mia casa al mare in Sicilia viveva una coppia di Testudo hermanni, specie di testuggini dell’area mediterranea. Ogni estate, al mio arrivo, Fulmine e Saetta, così le avevamo ribattezzate, mi facevano trovare, sempre nello stesso anfratto ben assolato, qualche uovo rotto. Aguzzando bene la vista, non era difficile scovare, lì vicino, anche qualche piccolo delle dimensioni di una fiche da 500 lire, nato da poco ma già autosufficiente. L’unica volta in cui non le ho trovate è stata quando abbiamo trascorso lì il Natale. Il motivo è presto detto. In inverno, le testuggini non riescono più a ottenere il calore necessario per mantenere le funzioni vitali. Per sopravvivere, quindi, si rintanano sottoterra e spengono il proprio metabolismo, entrando in uno stato fisiologico che gli scienziati chiamano “ibernazione”, dal latino hibernus ("dell'inverno"), ma ai più è noto come “letargo”.
La gestione del letargo nelle testuggini di casa
Al pari di altri animali ibernanti, tutte le testuggini del mediterraneo, ma anche Testudo horsfieldii, che, pur essendo di origine asiatica, ormai è molto diffusa in Italia, in natura vanno in ibernazione. Ciò significa che, nella stagione fredda, come meccanismo di difesa nei confronti delle condizioni climatiche avverse, in questi rettili il metabolismo rallenta, la frequenza cardiaca e respiratoria diminuiscono e la coscienza si riduce. Tutto ciò consente loro di risparmiare energia, fino al ritorno di condizioni più favorevoli. È molto importante, dunque, permettere anche alle testuggini di casa di effettuare l’ibernazione. Mentre per gli animali che vivono in giardino, questo processo avviene in modo naturale, in appartamento è necessario mimare le condizioni naturali, ad esempio facendo sì che essi riducano gradualmente il basking, ossia il crogiolamento sotto il sole, qui sostituito dalle lampade UVB, fino poi a sospenderlo del tutto. Come spiega molto bene il dott. Dario D’Ovidio, medico veterinario specialista in Medicina degli Animali Esotici e diplomato allo European College of Zoological Medicine (Small mammals), sul finire dell’estate, le testuggini iniziano a mangiare meno. Man mano che le giornate si accorciano, e le temperature scendono, esse riducono i livelli di attività, e avviano un processo di svuotamento dell’intestino. È importante che l’intestino sia vuoto per evitare fermentazioni pericolose durante l’ibernazione. Al contrario, fanno riserve di acqua: idealmente dovrebbero avere la vescica piena durante il letargo, per mantenere un buono stato di idratazione. Affinché questa fase avvenga correttamente, la temperatura ambientale deve rimanere intorno a 5°C. È possibile riporle in una stanza non riscaldata, come una soffitta o una cantina, all’interno di una scatola di plexiglass, in cui possano essere controllate, e al riparo dai predatori, soprattutto dai topi. Generalmente, il risveglio è naturale, e avviene intorno a marzo.
Tante specie animali vanno in letargo
In realtà, sono tanti gli animali ibernanti: dai grandi carnivori, come gli orsi (Ursus americanus, Ursus arctos) e i tassi (Meles meles), ai mammiferi volanti, come i pipistrelli (Chiroptera), passando per i ghiri (Glis glis), gli scoiattoli e alcuni uccelli. Il fatto che siano specie anche molto lontane tra loro ha portato a pensare che il letargo sia una strategia ancestrale, filogeneticamente antica. Tuttavia, alcune specie che utilizzano il letargo vivono in ambienti molto simili a specie strettamente imparentate, che, al contrario, rimangono eutermiche per tutto l'inverno. È il caso dello scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris) e dello scoiattolo di terra artico (Urocitellus parryii), che appartengono alla stessa famiglia Sciuridae. Entrambi riescono a sopravvivere in regioni subpolari con inverni lunghi e freddi; tuttavia, mentre lo scoiattolo rosso rimane eutermico, lo scoiattolo di terra artico trascorre fino a 9 mesi in letargo, mantenendo una temperatura corporea vicina a -2°C, e dimezzando il tasso metabolico rispetto a quello basale normale. Le divergenti strategie energetiche invernali rilevabili all'interno di una singola famiglia di mammiferi aprono alla possibilità che l’ibernazione sia, in realtà, un evento evolutivo relativamente recente.
Lo strano caso degli uccelli
Gli uccelli utilizzano più frequentemente una dormienza meno estrema dell’ibernazione, definita “torpore quotidiano”. Si tratta di un semplice stato fisiologico di ipometabolismo, che dura meno di 24 ore, ed è accompagnato da foraggiamento continuo.
Tuttavia, esiste un uccello che non migra, durante l’inverno, e affronta la stagione avversa ibernando. È il succiacapre di Nuttall (Phalaenoptilus nuttallii), un uccello nordamericano che, quando le temperature esterne si irrigidiscono, si infratta nelle cavità tra le rocce: qui, riduce la propria temperatura interna fino a circa 5°C, mantiene al minimo le funzioni vitali, e cade in letargo.
Gli animali in letargo non stanno dormendo
Durante il letargo, gli animali non stanno dormendo. Sono, più propriamente, in uno stato di dormienza, un torpore che dura diversi giorni consecutivi, in media più di una settimana, durante il quale non si nutrono di cibo. Diversi ibernanti fanno uso di un orologio circannuale interno, che, ogni anno, guida l'inizio e la fine della stagione di ibernazione e si riflette nell'assunzione di cibo e nella massa corporea. Sul finire dell’inverno, con l'aumentare della temperatura ambientale, la durata degli attacchi di torpore gradualmente si accorcia, e così, piano piano, questi animali si avviano verso un dolce risveglio.
Bibliografia
Staples, JF (2016). Metabolic Flexibility: Hibernation, Torpor, and Estivation. Comprehensive Physiology 6:737-771.
Ruf, T, Geiser, F. (2015). Daily torpor and hibernation in birds and mammals. Biological Reviews 90:891–926.