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5 Gennaio 2022
13:04

Lettera a Papa Francesco: «Adottare un bambino non è certo come adottare un cane, ma perché paragonare e non educare?»

Papa Francesco durante l'udienza generale in Vaticano ha detto che «i cani e i gatti prendono il posto dei figli, Fa ridere ma è la verità». A lui una preghiera perché le sue parole non siano divisive ma servano a sensibilizzare le persone sulla responsabilità nell'accogliere anche gli animali non umani.

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Caro Papa Francesco,

perdona se inizio questa lettera dandoti del tu e in maniera non corretta da un punto di vista formale, rivolgendomi a te senza gli appellativi consoni e scrivendoti invece come lo si fa quando si prende la penna in mano per rivolgersi a un vecchio amico. Mi permetto di farlo perché il tuo approccio, da quando sei salito sul soglio pontificio, è sempre stato poco formale e diretto a una comunicazione sincera e empatica nei confronti delle persone che abitano il mondo e hanno fede nel tuo Credo.

Hai fatto tuo il nome del Santo Patrono degli Animali, quel Francesco d'Assisi che nel Cantico delle Creature così pregava quel Dio del quale tu sei il principale testimone in Terra: «Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature».

Ma oggi noi tutti umani a cui ti rivolgi dobbiamo di nuovo prendere atto attraverso le tue parole che alcune creature vanno lodate meno di altre: «… Si vede che la gente non vuole avere figli, molte coppie hanno al massimo un figlio, ma due cani o due gatti. I cani e i gatti prendono il posto dei figli, Fa ridere ma è la verità».

Sua Santità, più che far ridere questa affermazione fa rabbrividire perché da un certo punto di vista hai ragione ma è un peccato che il tuo messaggio, con questo paragone spicciolo tra umani e animali, lascerà nei più solo un inutile e nefasto confronto a discapito dei secondi nelle famiglie e non una riflessione più profonda sull'accoglienza e l'inclusione degli animali nelle nostre vite e sul perché alcuni abbiano preferito condividere la vita con un animale non umano piuttosto che con un loro simile.

Hai perfettamente ragione quando sottolinei che i cani e i gatti vengono associati da tanti agli esseri umani e vengono spesso presi per sostituire le nostre mancanze, diventando così oggetti e non soggetti di un rapporto che non nasce sul presupposto di una relazione sana, in cui invece si dovrebbe sempre riconoscere l'altro da sé nella sua personalità di individuo di altra specie.

Hai ragione, Santità: io non sono la madre del mio cane e il mio cane non è mio figlio ma la responsabilità che ho nei suoi confronti è simile a quella di un buon genitore, lo stesso a cui tu stai facendo riferimento quando parli anche dell'importanza dell'adozione tra umani: «Non basta mettere al mondo un figlio per diventare padre o madre … ci si prende la responsabilità della vita di un altro … Accogliere la vita attraverso la via dell'adozione è un atteggiamento bello e generoso … tra le forme più alte di amore di paternità e maternità …».

Anche adottare un cane è accoglienza e grande esempio della nostra umanità nel senso più antropologico del termine, ovvero di quella necessità atavica che noi umani abbiamo di voler accudire altri esseri viventi. Invitare le persone perché facciano figli al posto di prendere cani o gatti, così, non è proprio un messaggio chiaro per spingere a una riflessione consapevole sul perché non accada in questa vita moderna e frenetica. Pare più un'escamotage per fare rapida presa sulle menti di chi ti ascolta senza imporre un vero momento di rottura con quanto ci circonda e che abbiamo noi umani creato, in cui gli animali non c'entrano davvero nulla se non nel diventare, appunto, una valvola di sfogo delle nostre insoddisfazioni.

Paragonarli ai figli, in maniera così spicciola, allontana dalle vere ragioni per cui oggi in Occidente se ne fanno di meno per ragioni che di certo non possono ridursi a una frase così infelice come quella sul "vil danaro" a cui hai fatto riferimento per spingere le persone a procreare: «Questo negare la genitorialità ci toglie umanità e così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, si perde la ricchezza della paternità e della maternità, e soffre la Patria che non ha figli e, come diceva una persona, "e adesso chi pagherà le tasse per la mia pensione?". Rideva ma era la verità».

Padre Bergoglio, rivolgersi ai fedeli inducendo di nuovo su questa falsariga del ridere che invece fa piangere, a cosa serve davvero? Così forse davvero la Chiesa pensa di convincere le persone a non prendere un animale ma a fare un figlio o adottarlo? Come se fossero facili entrambe le cose, poi: tra il lavoro che manca, le donne che ancora vengono ghettizzate e escluse dal mercato quando sono incinta, la povertà sociale che aumenta sempre di più e per non parlare dell'inferno burocratico in cui si finisce se invece si vuole appunto adottare un bambino.

E dunque tirare in ballo gli animali come esempio negativo, senza fare un passaggio invece sul ruolo sociale attivo che hanno in questa comunità moderna di esseri umani senza più riferimenti certi, non è proprio intrinsecamente sbagliato? Dove sono la solidarietà, la fratellanza e la bontà che caratterizzano la parola di Cristo?

Il tuo è purtroppo un messaggio che non include, un'occasione persa che ha dentro di sé un fondo di verità grande e sul quale assolutamente le persone vanno responsabilizzate nel non riversare le proprie mancanze su un'altra specie. Ma così hai rischiato solo di far capire a chi ti ascolta che animali e bambini alla fine anche la Chiesa li assimila: perché nel tuo discorso stai parlando di genitorialità umana e non ha davvero alcun senso "usare" gli animali come esempio agli antipodi di ciò che vuoi avvalorare, mischiando questioni che non dovrebbero essere in alcun modo affiancate.

Caro Papa, non fa ridere ciò che hai detto, alla fine, anche perché non è la prima volta che cadi su un paragone inutile tra umani e animali. L'audience a cui ti rivolgi è ovviamente enorme e in conclusione ti rivolgo la mia preghiera, umilmente, sperando che tutte queste parole abbiano raggiunto lo scopo di condividere con chi le legge un sentimento di incredulità rispetto a un'occasione mancata.

Sarebbe davvero meraviglioso, come probabilmente avrebbe fatto quel giovane che si spogliò dei suoi abiti e della sua ricchezza per vivere anche a contatto proprio con tutte le specie del Creato, se tu volessi un giorno parlare di animali per spiegare a chi vuole accoglierli quanta responsabilità ci vuole nel farlo. Sarebbe un nuovo cantico il tuo, moderno e universale se tu lanciassi un ringraziamento a chi opera ogni giorno per salvaguardare le loro vite sul nostro Pianeta, se tu parlassi agli uomini con quella stessa tenerezza rivolta a tutte le creature come fece San Francesco quando scrisse: «Se avrai uomini che escluderanno qualsiasi creatura di Dio dal rifugio della compassione e della pietà, avrai uomini che tratteranno allo stesso modo i loro simili umani».

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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