La lupa Ventura è stata uccisa il 4 ottobre 2023 con un colpo di fucile. Quel giorno il radiocollare che portava dallo scorso febbraio ha inviato un allarme di mortalità e il giorno seguente è stata trovata senza vita sotto il ponte del fiume Erro, al confine tra Piemonte e Liguria, nella zona di Sassello. Il lupo è una specie particolarmente protetta dalle norme internazionali ma questo sarà un crimine di cui nessuno risponderà.
Pur essendo stato individuato in tempi molto brevi dai Carabinieri Forestali, il responsabile della morte della lupa non andrà a processo. Il Tribunale di Savona, su richiesta della Procura della Repubblica, ha già archiviato la posizione dell’uomo. La dinamica dei fatti non sarà indagata ulteriormente perché, secondo i giudici, l'uomo ha agito «per legittima difesa».
La vicenda di Ventura è però solo la punta dell'iceberg di un problema molto più ampio che riguarda come le istituzioni locali e nazionali stanno gestendo l'espansione del lupo in Italia, anzi, come non lo stanno facendo. Ne abbiamo parlato con Luigi Boitani, professore ordinario di Zoologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe, il gruppo di lavoro della Commissione IUCN per la conservazione delle specie.
I lupi in Italia sono troppi?
Secondo i dati dell'ultimo monitoraggio realizzato dall'Ispra, la popolazione di lupi in Italia è molto cresciuta negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni alpine, per un totale stimato in circa 3.307 individui.
Secondo il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, lupi e orsi in Italia sono troppi. Durante un'interrogazione parlamentare relativa ai danni all'agricoltura causati da lupi e orsi in Trentino Alto Adige, il titolare del dicastero ha dichiarato che «l'eccessiva presenza di alcune specie animali crea squilibri per la salute pubblica e per i settori strategici». Una visione condivisa anche dalle maggiori organizzazioni agricole nazionali, prima fra tutte la Coldiretti.
Quindi, i lupi sono troppi? «"Troppo" non significa nulla se non è rapportato a un parametro di riferimento – risponde Boitani – Il problema sono davvero i lupi o il numero degli animali predati? Perché potremmo ridurre il numero delle predazioni senza ridurre quello dei lupi. Il conflitto esistente tra persone e selvatici si potrebbe risolvere impiegando cani pastore, o anche con l'ausilio di nuovi strumenti come i recinti elettrificati. Ma queste soluzioni richiedono più lavoro da parte degli allevatori e quindi maggiori compensazioni da parte delle istituzioni».
Se definire eccessivo il numero di lupi in Italia non ha valore in termini scientifici, è vero che questa specie dopo essersi molto ridotta fino agli anni Settanta, è tornata gradualmente a ripopolare la Penisola, generando il malumore soprattutto dei professionisti che lavorano nelle zone a maggiore concentrazione. La soluzione caldeggiata dall'esperto di grandi carnivori è però chiara: «Il monitoraggio è fondamentale, così come misurarsi la febbre è il primo passo verso la cura».
«Monitorare un singolo esemplare ci aiuta a conoscere la sua vita e quella del branco in cui eventualmente vive – chiarisce Boitani – Ventura raccontava proprio la vita di tutto il branco, la dimensione del territorio in cui si muoveva, gli spostamenti in relazione alle attività umane e così via. Altro cosa ancora è il monitoraggio di una popolazione».
La scienza come sempre non offre facili soluzioni né dogmi, ma lenti con le quali permettere alla politica di osservare la realtà, e quindi di prendere le decisioni più efficaci. Tuttavia, difficilmente le realtà locali che riscontrano il maggior numero di conflitti si affidano allo strumento del monitoraggio che resta confinato nell'ambito di progetti di ricerca. Anche su questo, lo zoologo ha le idee chiare: «Le istituzioni non lo fanno perché le attività di monitoraggio hanno un costo in termini economici, anche se non così elevato così crede. Le amministrazioni preferiscono quindi navigare nel dubbio piuttosto che avere dati precisi. Spesso scelgono di gestire queste situazioni in emergenza piuttosto che prevenirle».
Ed è grazie a questo disinteresse che prolificano i fenomeni criminali, come Boitani sa bene per aver monitorato questa specie per oltre 50 anni:«Il lupo è in espansione, ed è gestito in maniera indiretta, ipocrita e criminale dal bracconaggio. Ci sono delle stime, ma è probabile che porzione importante della popolazione venga abbattuto con bocconi avvelenati e anche con colpi di fucile. Ogni tanto troviamo qualche testimonianza concreta».
«Uno dei primissimi lupi che ho catturato a scopo di monitoraggio, nel 1974, fu ammazzato con un boccone avvelenato – ricorda – conosco bene la situazione e nell'arco dei decenni non è mai cambiata».
Secondo i dati raccolti dal Wwf ogni anno cacciatori e bracconieri uccidono in maniera accidentale o volontaria dai 200 ai 400 lupi solo in Italia, ma i numeri reali sono molto più alti. Il bracconaggio, infatti, è un fenomeno criminale per sua natura sommerso. Le uccisioni che vengono denunciate rappresentano solo una minima parte di quelle reali e la morte di Ventura, benché avvenuta per legittima difesa, è la punta di un iceberg molto esteso sotto la superficie.
La sua morte è stata notata perché era nel febbraio dello scorso anno è diventato il primo lupo dotato di radiocollare dell'Appennino piemontese. Il radiocollare è uno strumento che viene applicato agli animali selvatici, come lupi e orsi, per monitorarne gli spostamenti. Può essere applicato su individui ritenuti confidenti, cioè che hanno perso l’innata diffidenza nei confronti della nostra specie e che iniziano a frequentare paesi e città di giorno, avvicinandosi anche molto alle persone.
Ma gli animali possono essere dotati di radiocollare anche nell’ambito di progetti di ricerca scientifica. E questo era proprio il caso di Ventura che secondo gli esperti del Life Wolfalps non era affatto confidente come era stato riportato inizialmente dai media. La lupa era stata radiocollarata dai tecnici del Wolf Apennine Centre (WAC), Parco nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e delle Aree Protette Appennino Piemontese (APAP) e rientrava nell’Azione C5 del progetto europeo Life WolfAlps dedicato alla gestione dell’ibridazione lupo-cane.
Nonostante il suo ruolo chiave per i ricercatori, non avrà alcuna giustizia. Volendo estendere la metafora monitoraggio/termometro proposta da Boitani e guardare alla natura come un organismo di cui facciamo parte anche noi, l’allarme lanciato dal radiocollare di Ventura al momento della morte è il segnale che la nostra temperatura è arrivata ormai a 39 e mezzo.
Foto in apertura Archivio Aree Protette Appennino Piemontese