Lenze e ami da pesca abbandonati feriscono e uccidono ogni anno un numero incalcolabile di uccelli acquatici. In pochi vengono recuperati e salvati, ma tra questi c'è fortunatamente un piccolo uccello migratore operato e liberato nuovamente in natura dal CRFS della LIPU di Roma. Si tratta di un esemplare di corriere grosso, trovato impigliato in una lenza dopo aver ingoiato un'esca, con annesso amo, abbandonata in spiaggia.
Il corriere grosso (Charadrius hiaticula) è un limicolo simile al fratino diffuso nelle zone artiche e sub-artiche. Le popolazioni europee trascorrono l'inverno lungo le coste atlantiche dall'Europa sudoccidentale alla Gran Bretagna, ma anche all'interno del bacino del Mediterraneo. In Italia non ci sono coppie nidificanti, ma la specie attraversa regolarmente la nostra penisola durante la migrazione o la utilizza come area di svernamento.
Purtroppo però, il viaggio di questo piccolo migratore è stato bruscamente interrotto da una lenza, come accade purtroppo a tanti altri uccelli come lui. Chiunque abbia mai praticato birdwatching in zone umide costiere sa bene quanto sia purtroppo diffuso questo problema. Quando si osservano grossi stormi di gabbiani, piovanelli, corrieri e altri uccelli acquatici, è quasi scontato avvistare individui con zampe avvolte dalle lenze o addirittura completamente amputate dal graduale stritolamento del filo di nylon.
Il più delle volte i birdwatcher e gli ornitologi non possono far altro che assistere inermi perché, sebbene in difficoltà e condannati a morte certa, gli uccelli sono spesso ancora in grado di volare ed è praticamente impossibile avvicinarli per soccorrerli. Gli animali intrappolati fanno fatica a muoversi e mangiare e spesso muoiono tra atroci sofferenze a causa di infezioni, lesioni e fame oppure finiscono per essere catturati più facilmente dai predatori.
Dopo un intervento chirurgico finalizzato per rimuovere l'amo rimasto impigliato nell'esofago, il piccolo trampoliere ha recuperato le forze al centro di recupero ed è poi tornato finalmente libero tra le paludi del Centro Habitat Mediterraneo LIPU di Ostia. La sua storia a lieto fine ci consente non solo di raccontare il prezioso lavoro svolto dai CRAS per tutelare la fauna selvatica, ma anche di sottolineare ancora una volta quanto questa problematica sia sottovalutata.
Da alcuni anni si è iniziato a parlare di reti e lenze da pesca biodegradabili proprio per ridurre questo problema, che tra l'altro coinvolge anche pesci, tartarughe, cetacei e tanti altri animali marini. In questo modo, il mare di fili di nylon che con il tempo si è andato ad accumulare su rive e fondali e che continua a espandersi a ritmi esponenziali, potrebbe avere una battuta di arresto, nonostante ciò esistono ancora pochi dati o studi specifici sull'argomento.
Anche noi possiamo però fare la nostra parte raccogliendo lenze, ami e altri rifiuti dall'ambiente quando passeggiamo in spiaggia, tra le lagune o sulle sponde di fiumi e laghi.
In copertina l'esemplare soccorso dalla LIPU. Foto di Irene Alison