Il permesso non l’ha avuto, come era ovvio che fosse. Nella gabbia con le tigri non è mai entrato. Ma è riuscito a far parlare di nuovo di sé, semplicemente annunciando tramite agenzia stampa che il 22 ottobre sarebbe stato la special guest della serata di inaugurazione a Milano dell’American Circus della famiglia Togni, cimentandosi come incauto e sconclusionato domatore nella performance di Bruno Togni, specializzato nel far saltare nei cerchi 20 sfortunatissime tigri. Praticamente sfruttamento animale indiretto, quello di Lele Mora.
Lele Mora e le tigri: come ti ritorno sui giornali sfruttando gli animali
È proprio lui, infatti, il “geniale” protagonista di un improbabile tentativo di rinascita di popolarità, a otto anni dalla condanna per favoreggiamento della prostituzione e all'interdizione a vita dai pubblici uffici, al termine del famoso “Ruby bis” (Berlusconi, le olgettine, le prestazioni sessuali, etc) che lo aveva relegato all’oblio nazional popolare. Lele Mora, ex promoter di ambiziosi “tronisti” televisivi, all’Adnkronos la scorsa settimana ne aveva dichiarate delle belle, nel tentativo di non passare inosservato. «Farò il domatore di tigri, chiuso in gabbia per mezz’ora», era stata la prima strabiliante dichiarazione. E a seguire: «Se ho paura di trovarmi faccia a faccia con questi felini? Assolutamente no. Conosco bene quelle dinamiche, ho fatto identiche esperienze al circo di Moira Orfei, sono sereno: se fai sentire alle tigri che tu non hai paura, loro non ti fanno nulla». Per concludere con una chicca: «Gli animali vanno trattati bene e allora anche loro ti trattano bene e ti danno tanto; e i circhi sono il luogo dove gli animali si amano di più: senza animali, il circo stesso perde una parte del suo fascino».
Due cose da dire a Lele Mora…
E allora caro Lele Mora, su questi argomenti che ci stanno molto a cuore e su cui non scherziamo mai, noi di Kodami abbiamo da dirti un paio di cose. La prima è che non è vero che i circhi sono il luogo dove gli animali si amano di più. Per il semplice motivo che i luoghi dove gli animali si amano di più sono quelli dove gli animali possono vivere liberi, in sintonia con la loro natura selvatica, senza una frusta che li costringa a saltare dentro un cerchio infuocato per far divertire spettatori che altrimenti si annoierebbero leccando un gelato.
Luoghi così, dove gli animali vivono senza entrare in contatto con gli uomini, oppure dove gli uomini prestano il loro servizio senza intralciarli, senza domarli, senza violentare i loro istinti, esistono e si chiamano Santuari e noi siamo andati personalmente a visitarli. Il mondo ne è pieno ed è lì che conviene andare se si vuole incontrare animali ancora nel pieno delle loro funzioni fisiche e psichiche e non certo sotto un tendone a strisce in una qualunque periferia di città.
Caro Lele Mora, il circo non ama gli animali. Lì ci sono animali comprati e addestrati per farli esibire, forzandoli a movimenti, gesti, situazioni e performance che non gli sono naturali né congeniali, altrimenti non farebbero spettacolo. Animali umiliati, forzati con la frusta o con la ricompensa in cibo ad eseguire esercizi che li ridicolizzano. Per anni ci sono stati circhi che ne hanno abusato, mascherandoli, truccandoli, anestetizzandoli e traumatizzandoli in nome dell’intrattenimento.
Caro Lele Mora il circo non è proprio il luogo dove gli animali si amano di più. Semmai è il contrario, come hanno ben capito il 71% degli italiani che, secondo il rapporto Eurispes 2016, sono fermamente contrari all’uso degli animali negli spettacoli circensi. Pensa che addirittura c'è già chi non si limita ad immaginarlo un circo senza animali vivi in esibizioni ridicole, ma lo fa proprio: è il Circo Roncalli, che invece di elefanti e tigri in carne e ossa usa i loro ologrammi. Con grande successo, visto che ci riempiono gli spettacoli di spettatori.
Stereotipi e antropocentrismo: il mix dell'improbabile mescolato al falso
«Se fai sentire alle tigri che tu non hai paura, loro non ti fanno nulla»: sbagliato anche questo. Questo psicologismo di bassa lega, basato su una anacronistica e incresciosa concezione antropocentrica del mondo, dimostra se non ce ne fosse stato bisogno che con gli animali Lele Mora ha avuto poco a che fare, probabilmente niente. L’addestramento degli animali in un circo prevede un unico metodo: la coercizione, anche violenta. Cosa pensa Mora, che un cucciolo di orso impari a stare su due zampe per ballare, a suon di carezze? Eh no, ci sono altre verità dietro quelle scene: una tigre salta nel fuoco perché conosce il dolore della frustata, l’elefante si violenta ad alzarsi sulle zampe posteriori poggiando quelle anteriori sulla schiena del suo simile in un osceno trenino soltanto perché sa bene quanto è acuminato il bastone con la punta di ferro ripiegata ad uncino. Anche i delfini e le orche saltano in aria e ricadono nell’acqua di una piscina, che è la metà di una di quelle dove proprio Lele Mora si faceva fotografare quando era all’apice della “carriera”, soltanto perché alla fine dell’esibizione riceveranno un pescetto surgelato. Non perché sentono che l’uomo che hanno di fronte «non ha paura» di loro.