In Italia la crescente sensibilità della società verso gli animali non va di pari passo con il loro inquadramento giuridico. Alcune contraddizioni semantiche descrivono la posizione degli animali rispetto alle norme che li tutelano. Ad esempio, la caratterizzazione degli animali come “cose” si scontra con il loro riconoscimento come “esseri senzienti”. Negli ultimi anni si è registrata un’attenzione crescente verso l’ambiente e gli animali, sotto svariati punti di vista: etico, economico, medico, alimentare. L’attenzione verso le altre specie non è più centrata solo in funzione del loro rapporto con l’uomo, e dunque del soddisfacimento degli interessi di quest’ultimo, ma anche in relazione alla protezione degli animali stessi. Tale rinnovata sensibilità si riscontra anche nel mondo giuridico.
In Italia, tuttavia, in questo ambito appaiono evidenti l’insufficienza delle disposizioni vigenti e l’inadeguatezza del sistema al perseguimento di questo scopo. Osserviamo una totale assenza nella Costituzione di una norma esplicitamente dedicata alla tutela degli animali. L’art. 9, sulla tutela del paesaggio, è generalmente individuato quale fonte costituzionale di tutela dell'ambiente inteso come ecosistema, includendo quindi gli animali. L’art. 117 invoca, invece, si concentra sul rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario europeo e dagli obblighi internazionali nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni.
Esistono però delle fonti sovranazionali che individuano il benessere animale quale oggetto di tutela giurisdizionale, sul presupposto del riconoscimento degli animali quali esseri senzienti.
Principali fonti comunitarie in materia di tutela degli animali
La Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987 è stata ratificata in Italia con la Legge 201/2010 (Gazzetta Ufficiale). Essa prevede che “l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi”, e “in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia” afferma “l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società”.
La Legge 201/2010 inasprisce quindi le pene per chi uccide o maltratta un animale e sancisce le disposizioni per il traffico illecito di animali da compagnia. Inoltre, il già citato Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, siglato a Lisbona il 13 dicembre 2007, ratificato in Italia con legge 130/2008, all'art. 13, attribuisce espressamente agli animali la qualifica di “esseri senzienti”, imponendo di tenere conto, nella formulazione e attuazione delle politiche nazionali, delle esigenze in materia di benessere degli animali. Tali attuazioni devono però rispettare le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.
La condizione giuridica dell’animale nell’ordinamento giuridico italiano
In Italia, la legge 20 luglio 2004 n. 189 “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate"” (L 189/2004) ha introdotto all'interno del Codice penale, immediatamente prima dei delitti contro la famiglia, le disposizioni specifiche in materia di tutela degli animali. E' nato così il titolo IX bis “delitti contro il sentimento per gli animali”. In quest’ambito dobbiamo soffermarci sulla terminologia usata: “Delitti contro il sentimento per gli animali”. Si evidenzia quindi il concetto della protezione del benessere degli animali solo per effetto e in conseguenza della salvaguardia degli interessi degli esseri umani e del senso di pietà che questi provano verso l'animale.
Dobbiamo inoltre citare che la normativa italiana qualifica esplicitamente gli animali come “cose” (res), come si ricava dalle disposizioni nel libro terzo del Codice civile “Della proprietà” (ad esempio artt. 810, 812, 820, 923 c.c.). Nonostante le legislazioni più recenti, con le già citate leggi n. 189/2004 e n. 201/2010, aiutino a superare quest’impostazione anacronistica e antropocentrica, gli animali rimangono dunque i beneficiari di una tutela traslata dall’essere umano e non i titolari di un diritto giuridico. Vi è quindi la necessità di chiarire normativamente la condizione giuridica degli animali, superando la contraddittorietà che attualmente caratterizza il nostro ordinamento ed elevandoli definitivamente da res a soggetti di diritto.