Zebra è il nome che accomuna le tre specie viventi di mammiferi perissodattili appartenenti alla famiglia degli equidi e ai sottogeneri Dolicohippus e Hippotigris a seconda delle classificazioni seguite, ovvero Equus quagga, anche nota come zebra di pianura (e le sue sottospecie), Equus zebra, o zebra di montagna (e le sue sottospecie) ed Equus grevyi, o zebra di Grévy. Non bisogna confondere queste specie con E. quagga quagga, ovvero una sottospecie ormai estinta della zebra di pianura.
Sono accomunate tra loro dalla caratteristica colorazione bianca e nera a strisce, la cui funzione è ancora fortemente discussa dagli scienziati, ma secondo le ultime ricerche si tratta, tra le altre cose, di una strategia per tenere lontane le mosche e i tafani.
Come sono fatte le zebre
Ciò che accomuna tutte le specie di zebre è il colore del mantello, bianco e nero. A distinguerle, invece, vi è prima di tutto la dimensione. La zebra di pianura, infatti, può raggiungere i 360 chili, mentre le zebre di montagna, secondo quanto riportato da ADW, il sito del Museo di Zoologia dell'Università del Michigan, sono leggermente più grandi. Le zebre di Grévy, invece, sono anche note con il nome di zebre imperiali, perché possono superare i 450 chili.
Tra le diverse specie vi sono inoltre leggere differenze per quanto riguarda la colorazione. La zebra di Grévy ha le strisce molto strette su tutto il corpo, mentre la zebra di montagna ha strisce strette e numerose sulla testa e sul corpo, ma più larghe sugli arti posteriori. La zebra di pianura, infine, ha le strisce larghe su tutto il corpo e più strette sulla testa.
Circa il 5% delle zebre appartenenti a quest'ultima specie presentano però mantelli con strisce anomale, talvolta definite "a pois". Uno studio condotto dall’Università della California ha analizzato 140 individui, rilevando che si tratta di anomalie legate alla frammentazione dell’habitat.
La funzione delle strisce delle zebre è stata a lungo discussa dalla scienza e, fino a poco tempo fa, la convinzione era che si trattasse di una strategia evolutiva per aumentare il mimetismo. Secondo un'altra teoria, invece, si tratterebbe di un modo per rendere più difficile la distinzione del singolo soggetto nel gruppo. Un'ulteriore ipotesi è che si tratti di un modo per spaventare i predatori (aposematismo). Secondo le ultime ricerche si tratta, però, tra le altre cose, di una strategia per tenere lontane le mosche e i tafani.
Habitat e distribuzione
A distinguere le tre specie viventi di zebre vi è in parte anche l'habitat. La zebra di Grévy abita infatti il Kenya settentrionale e alcune piccole aree dell'Etiopia meridionale, la Somalia, l'Etiopia, l'Eritrea, Gibuti e il Kenya. La zebra di montagna, invece, secondo l'Equid Specialist Group della IUCN, vive unicamente in Sudafrica e in Namibia.
Le zebre di pianura, infine, si trovano dal Sudafrica fino alla Somalia, sulla costa orientale del Continente.
Alimentazione
Le zebre sono animali erbivori e la loro dieta è composta quindi principalmente da erba, foglie, ramoscelli, cortecce e radici. Traggono la maggior parte del loro fabbisogno di acqua dalle piante che mangiano, ma hanno comunque bisogno di bere regolarmente per rimanere idratate, specialmente durante i periodi di siccità.
Per questo motivo, le zebre di montagna e di pianura hanno l'abitudine di migrare. Le zebre di Grévy, invece, secondo quanto riportato dal sito dello zoo di San Diego, sono più legate al proprio territorio.
Comportamento e riproduzione
Le zebre hanno un udito e una vista eccellenti e, in corsa, possono raggiungere i 55 chilometri all'ora. Sono inoltre dotate di uno strumento di difesa importantissimo per sopravvivere nella savana, ovvero un calcio particolarmente potente e, grazie a questa strategia, possono causare lesioni ai predatori come leoni e iene.
La tipica struttura sociale della zebra di montagna è costituita da piccoli harem comprendenti uno stallone adulto e da una a tre (massimo cinque) fattrici, accompagnate dai loro puledri. I gruppi non riproduttivi sono costituiti invece principalmente da maschi e giovani puledre.
Questi equidi comunicano tra loro con espressioni facciali e suoni come ragli, abbai e sbuffi e rafforzano i loro legami attraverso il grooming.
Possono accoppiarsi tutto l'anno, ma la maggior parte della riproduzione avviene da luglio ad agosto e da settembre a ottobre, in particolare per le zebre di grevy. I puledri nascono dopo un periodo di gestazione di circa 13 mesi e ciò avviene solitamente entro i mesi piovosi dell'anno, ovvero maggio e giugno, oppure novembre e dicembre (il periodo delle piogge brevi). Con l'avvicinarsi della nascita, le femmine si isolano dal branco e individuano un luogo in cui sdraiarsi.
A differenza del cavallo, queste specie non sono mai state domesticate dall'uomo ed è quindi importante rapportarsi loro in maniera adeguata alle specie selvatiche, evitando di nutrirle, catturarle o tenerle negli ambienti urbani.
Rapporto con l'uomo e conservazione
La maggior parte delle zebre di montagna si trovano ora nei parchi nazionali o nelle riserve naturali provinciali, sebbene nei primi anni del 2000, secondo la IUCN, sia aumentato anche il numero presente su altri terreni, anche grazie a trasferimenti avvenuti a partire dal Mountain Zebra National Park.
Le principali minacce attuali per la Zebra di Grévy includono la riduzione delle fonti d'acqua disponibili, il degrado e la perdita dell'habitat dovuto all'aumento dei territori destinati al pascolo. Non si può inoltre sottovalutare l'impatto determinato dalla caccia, in particolare in Etiopia, dove è considerato il principale fattore del declino della specie. In passato, inoltre, la zebra di Grévy è stata minacciata a causa delle uccisioni (legali ed illegali) per la vendita di pelli particolarmente diffusa in Kenya
Recentemente è stata registrata anche un'epidemia di antrace nell'area di Wamba, nel sud di Samburu, in Kenya, durante la quale sono morti più di 50 animali.
Secondo quanto riportato dagli esperti della IUCN la zebra delle pianure sembra invece non essere in declino, eppure anche per quanto riguarda questa specie vi è una perdita di habitat e un rischio determinato dall'eccessiva caccia.