La signora Lenuzza vive da sola nelle campagne intorno a Cernavoda, in Romania, in una zona molto isolata. Ama i suoi cani più di ogni altra cosa al mondo, Negra, Tuttu e Albuta sono la sua famiglia. Purtroppo, però, come molte persone in questa zona ha enormi difficoltà economiche, ma questo non le ha mai impedito di prendersene grande cura. Ma adesso, grazie al programma "Vite Connesse", ultimo progetto nato in casa Save The Dogs, potrà farlo meglio e con meno preoccupazioni.
Sara Turetta, fondatrice e presidente dell’associazione che da più di 20 anni protegge gli animali e tutela i loro diritti, ha festeggiato un compleanno importante. Ha compiuto 50 anni, ma al di là della meta raggiunta, la data di quest’anno ha per lei qualcosa di speciale per un altro motivo: perché segna il lancio del progetto "Vite Connesse", appunto, che aiuterà animali e persone che vivono ai margini, in Italia e in Romania, dove tutto ha avuto inizio.
Turetta, lei compie 50 anni, quanto è cambiata da quando ha cominciato e cosa prova oggi riguardandosi indietro?
Sono sempre io, con la mia passionalità e con la voglia di fare sempre di più e sempre meglio. Ma sicuramente oggi ho i piedi più ancorati a terra e nonostante il mio inguaribile ottimismo accetto che ci siano dei limiti che non posso superare, indipendenti dalla mia volontà. Credo che si tratti di una saggia accettazione di ciò che non si può cambiare adesso, subito, con il ritmo che vorrei, pur nella consapevolezza che quel cambiamento arriverà, in futuro, e arriverà anche grazie al lavoro di Save The Dogs. Ho capito che ci sono dei “tempi fisiologici” per le battaglie sui diritti e noi attivisti possiamo accelerarli, ma non stravolgerli: la società progredisce con tempi che sono molto più lunghi delle nostre vite. Credo sia una visione che arriva con la maturità.
Subito dopo l'invasione dell'Ucraina vi siete recati alla frontiera con la Romania per dare supporto a rifugiati e associazioni, e a un anno di stanza ci siete ancora. Com'è la situazione oggi?
La situazione è drammatica. Ci sono migliaia di animali che vagano senza più la protezione di una famiglia o di coloro che, anche prima della guerra, li sfamavano. Moltissimi stanno morendo di fame e di malattie. Là dove non ci sono combattimenti l’economia è comunque a terra, molte persone hanno perso il lavoro, milioni di persone sono scappate. Sinora abbiamo inviato 533.000 kg di mangime, 455 cucce per cani, cappottini e coperte e tanto altro. Stiamo sostenendo regolarmente 20 rifugi nella regione di Odessa e una rete di 400 volontari sfama gli animali per strada con ciò che inviamo anche a Kharkiv e Mykolaev. Vorremmo iniziare in primavera a sterilizzare cani e gatti perché le continue nascite rischiano di aggravare ancora di più il fenomeno del randagismo, già serio prima della guerra. Purtroppo notiamo molta stanchezza nelle persone qui in Italia e le continue emergenze come il terremoto in Turchia spostano l’attenzione su altri drammi. Stiamo vivendo tempi bui, per le persone e per gli animali.
Con il progetto Vite Connesse aiuterete persone, animali e comunità. Come farete nel concreto?
Il programma si svilupperà da subito in Romania, nelle zone rurali limitrofe al nostro centro “Impronte di Gioia” e speriamo possa partire presto anche a Castel Volturno, in Campania. In Romania ci attiveremo con attività continuative e strutturate nelle scuole dei villaggi più poveri, riporteremo centinaia di bambini nel nostro centro a visitare gli animali e presto partirà un accordo con un carcere non lontano da noi affinché alcuni detenuti vengano a lavorare con i nostri animali. Inoltre ci attiveremo per portare aiuto ai cavalli e agli asini da lavoro nelle campagne poverissime di questa zona della Romania, con un maniscalco e un veterinario che curino questi animali e fornendo materiali educativi per i loro proprietari. Infine, intensificheremo in modo significativo il lavoro “porta a porta” a favore di cani e gatti, aumentando gli aiuti di mangime alle famiglie povere (soprattutto anziani soli che vivono con pensioni misere) e allargando l’assistenza veterinaria che già forniamo a centinaia di persone in difficoltà tramite la nostra clinica.
A Castel Volturno a chi saranno indirizzati gli aiuti?
Vogliamo costruire con altre associazioni non profit attive sul fronte del disagio minorile un intervento di educazione informale che trasmetta ai ragazzi un approccio empatico nei confronti di cani e gatti, basato sulla conoscenza del linguaggio di questi animali. Non è un progetto che prevede costosi elevati, ma servono comunque fondi per formare e retribuire degli educatori e per acquistare il materiale didattico. Ci stiamo muovendo per reperire le risorse necessarie, speriamo di trovarle.
Secondo lei che sul campo c’è tutti i giorni, com'è cambiato in questi anni il rapporto tra animali e persone?
La pandemia ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nel nostro rapporto con cani e gatti. Mai prima d’ora questi animali che vivono con noi avevano assunto un ruolo affettivo ed emotivo così importante per un numero così grande di persone. Il processo era già in atto, ma l’isolamento che abbiamo vissuto ci ha fatto vedere in modo ancora più chiaro il valore inestimabile della nostra relazione con queste creature. L’altro dato credo sia quello della crisi dei rapporti interpersonali, della difficoltà a costruire amicizie o relazioni d’amore durature e stabili: il rapporto con i nostri animali invece è un punto fermo, una certezza. Loro non ci deludono mai, non ci abbandonano, non ci tradiscono.
Sappiamo che la pandemia non ha fermato gli abbandoni e, anche oggi che l'emergenza sanitaria è rientrata, il fenomeno non si arresta, anzi, ogni primavera ed estate i numeri sono sempre altissimi. Che cosa stiamo sbagliando?
Non credo sia un fenomeno stagionale: è un fenomeno trasversale a tutti i 12 mesi dell’anno. Siamo egoisti, spesso capricciosi, individualisti. Ciò che mi fa comodo oggi e domani mi è d’intralcio lo elimino, me ne sbarazzo. È l’altro lato della medaglia: la ricerca spasmodica nel soddisfare i nostri bisogni personali rende spesso gli animali “accessori” funzionali al mio appagamento. Purtroppo è un modo superficiale di trattare chi invece è un individuo che ha il diritto di avere quella stessa stabilità e felicità che noi cerchiamo nelle nostre relazioni. Serve una rivoluzione culturale in cui le parole “responsabilità” e “cura” diventino parole chiave, linee guida delle nostre vite e della nostra società.
Save the Dogs lavora da tempo in Romania ed è tutt’oggi in Ucraina nei territori di guerra. Cosa vede di diverso nel rapporto persone animali lì rispetto all'Italia?
La Romania e l’Ucraina sono in una fase culturale e sociale diversa da quella dell’Italia e non sono nemmeno “allineate”. In Romania sta crescendo la sensibilità verso cani e gatti e soprattutto la comprensione dell’importanza di sterilizzare: sono 1,3 milioni di cani uccisi dal 2001 (dato PETA) e le persone hanno iniziato a capire che così non si risolve nulla. Purtroppo le adozioni sono ancora un miraggio: i rumeni stanno vivendo la fase della fascinazione per il cane di razza e le adozioni di meticci nei canili sono residuali, seppure in crescita.
In Ucraina siamo ancora un passo indietro: la sterilizzazione non è ancora vista come buona pratica fondamentale per contrastare il randagismo e chi vuole un cane o un gatto lo compra sempre da un allevatore. Le associazioni sono poche e destrutturate, ancora più che in Romania. Per questo dopo la fine di questa guerra vogliamo mettere stabilmente un piede lì, per aiutare alcune realtà locali a crescere e ad avere un impatto maggiore sulla popolazione di cani e gatti randagi.
Tra i progetti di Vite Connesse c’è anche Friends for life. L’educazione ai bambini è fondamentale affinché crescano con la giusta empatia nei confronti degli animali. Ma quale tipo di educazione ci vuole?
L’educazione è fondamentale e purtroppo per una lunga serie di ragioni non se ne fa abbastanza. Credo serva una combinazione di educazione formale e informale, a seconda del contesto sociale in cui si agisce. Bisogna modulare il linguaggio e costruire percorsi che tengano conto della specificità del contesto. Poi servirebbe un maggiore coinvolgimento da parte dei social media e degli influencer, che oggi hanno un enorme impatto sui ragazzi e purtroppo sono pochi quelli che propongono un rapporto consapevole ed equilibrato con gli animali. E lo dico con profonda tristezza perché potrebbero fare davvero molto.
“Amici di Strada, compagni di vita” è un progetto bellissimo che avete avviato a Milano nel 2021 per aiutare i nuovi poveri nella convivenza con il proprio animale. A distanza di un anno pensate di potenziare il programma?
Abbiamo pubblicato un rendiconto che spiega nel dettaglio i numeri del nostro lavoro nel primo anno e mezzo di attività dell’unità di strada. Abbiamo avuto riscontri importanti, sia tra i beneficiari ma anche tra i milanesi, che spesso ci segnalano casi che magari non abbiamo intercettato. Sono 70 le persone che vivono per strada con animali raggiunte con regolarità in vari quartieri di Milano, un quintale e mezzo il mangime distribuito, decine di kit con coperte, cappottini ma anche anti parassitari e altri beni di prima necessità.
Vi siete attivati anche con il Comune di Milano.
Esattamente, soprattutto per avere dei buoni di sterilizzazione gratuita ed evitare così cucciolate indesiderate, mentre l’Ordine dei Veterinari di Milano ci ha dato il patrocinio e si sono uniti alla nostra unità di strada alcuni veterinari volontari. C’è anche un servizio di toelettatura mobile che chiamiamo su casi specifici. Vogliamo espandere il progetto cercando di identificare il bisogno di coloro che accedono alle mense per persone indigenti nella città di Milano, siano essi senza dimora o persone in grave difficoltà. La povertà è in aumento e il rischio è che moltissimi cani e gatti possano essere abbandonati o non ricevere le cure mediche necessarie. Vorremmo davvero creare una rete di supporto sempre più ampia per coloro che vivono un momento di difficoltà, che sono destinati ad essere sempre più numerosi. La nostra speranza è di esportare presto "Amici di Strada, Compagni di Vita" ad altre città italiane come Roma, Torino, Bologna.
Su Spotify avete lanciato il podcast "Randagi" che racconta il lavoro dell’associazione in Italia, Romania e Ucraina. Quali storie racconterete?
L’idea è nata all’interno del nostro dipartimento digital, sempre al passo con le tendenze di comunicazione del momento. Il podcast è disponibile su Spotify, ma anche su Google Podcast e Anchor e per ora racchiude le novità mensili del nostro lavoro, quelle che inviamo tramite newsletter alla nostra community. Ma prevediamo di potenziare questo strumento, così in crescita oggi e prezioso per approfondire temi che ci sono cari. Un modo meno “fugace” di raccontare il nostro lavoro di quanto non siano i profili social o le e-mail.
Ultima cosa: qual è il desiderio più grande che esprimerebbe per i suoi cinquant’anni?
Che la guerra in Ucraina finisca quanto prima perché tutto quel dolore di persone e animali è insopportabile. Abbiamo bisogno di un’Europa di nuovo pacificata per poter costruire politiche di tutela e protezione dei diritti umani e animali, per me legati a doppio filo. L’Europa è la culla dell’Illuminismo e sogno un continente dove la vita di tutte le creature umane e non umane – anche quelle che consideriamo “da reddito” – veda riconosciuto il proprio valore e venga rispettata. Ma il percorso è ancora lungo…