Lungo la tortuosa strada Interandina che unisce i villaggi di Quillacollo e Oruro, in Bolivia, a un'altezza di 3.000 metri o più, tra le curve aride e assolate che accarezzano la Cordigliera delle Ande è possibile incontrare mute di cani liberi davvero fuori dal comune: i cosiddetti"perros mendigos", ovvero "cani mendicanti" che hanno elaborato una sofisticata strategia per ottenere il cibo da auto e altri veicoli che transitano di lì.
Questi cani sono ben noti ai locali e sono stati già descritti da Néstor Taboada Terán, uno dei più importanti e influenti scrittori sudamericani. I perros mendigos non si limitano però solamente a chiedere da mangiare ma l'aspetto eccezionale del loro comportamento è che ognuno sceglie strategicamente la posizione più efficiente e redditizia possibile, come emerge da uno studio italiano recentemente pubblicato sulla rivista Animals e firmato dagli studiosi Alessandro Finzi, Eleonora Rava e Biagio D'Aniello.
«È veramente facile osservarli in quel tratto di strada: si notano subito. Si mettono uno dopo l'altro sufficientemente distanziati, tuttavia le loro posizioni non sono affatto casuali ma sono strategicamente e consapevolmente scelte per risultare più visibili ai veicoli che passano e per aumentare le probabilità di ricevere cibo. Si mettono infatti sul lato esterno della strada, in curva, dove sono più in vista e soprattutto dove macchine, autobus e camion sono costretti a rallentare», spiega a Kodami Alessandro Finzi, veterinario già professore universitario in diversi atenei e primo autore dello studio.
Lo studio nasce nel lontano 1995, quando Alessandro Finzi si trovava in Bolivia: «All'epoca dirigevo la costruzione di una scuola per conto del governo italiano. E transitando spesso su quella strada ho immediatamente notato che i cani si posizionavano sempre in vista, nelle curve – spiega Finzi – Mi sembrava quantomeno curioso e non affatto casuale, così abbiamo iniziato ad approfondire e ho scoperto che avevano instaurato una vera e propria simbiosi con i locali che ogni volta che passavano di lì lanciavano deliberatamente pane e altre cose da mangiare per loro. Leggendo autori locali ho poi scoperto pure che i perros mendigos erano noti da molto tempo e sono presenti anche in El Precio del Estaño di Néstor Taboada Terán».
Da quel momento Alessandro Finzi ed Eleonora Rava hanno cominciato a studiare scientificamente il loro comportamento, le cui prime considerazioni compaiono già in uno dei libri del grande etologo Danilo Mainardi dedicato al migliore amico dell'uomo (Il cane secondo me, Cairo, 2010). Ma nonostante ciò ci è voluto diverso tempo per mettere in ordine ed elaborare tutti i dati da un punto di vista scientifico: «Non sappiamo com’è nato o come si diffonde esattamente questo comportamento che quasi certamente è appreso socialmente. Volevamo comunque dimostrare che fosse effettivamente strategicamente vantaggioso e non casuale, così abbiamo coinvolto nello studio Biagio D'Aniello».
Gli studiosi hanno quindi analizzato posizione e distanza tra i cani, visibilità, velocità dei veicoli e probabilità di essere visti, assegnando poi un punteggio calcolato in base alla probabilità di ricevere cibo in funzione di questi e altri fattori. «Su circa 93 km di tracciato è emerso che i cani si sdraiavano prevalentemente a bordo della strada in solitaria (in circa il 96% dei casi, ndr) e soprattutto nella parte esterna delle curve (in circa l'81% dei casi, ndr) – spiega a Kodami Biagio D'Aniello, coautore e professore di zoologia presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli – In queste posizioni i tornanti e la forte pendenza obbligano i mezzi a rallentare, rendendo così più alta la probabilità di essere visti e di ricevere cibo rispetto per esempio a un rettilineo, dove i veicoli viaggiano a maggiore velocità, oppure alla parte interna delle curve dove è molto più difficile essere visti».
La posizione dei cani era quindi strategica e la migliore possibile per essere avvistati e ricevere un tozzo di pane dai passanti, un comportamento che gli autori definiscono anche "accattonaggio passivo". «La maggior parte degli animali, soprattutto domestici e i selvatici confidenti, imparano in fretta come chiedere cibo agli umani – continua D'Aniello – Tuttavia si tratta quasi sempre di una richiesta attiva ed esplicita, come l'avvicinarsi alle persone. I cani delle Ande, invece, se ne stanno sdraiati e si limitano a fissare con lo sguardo i veicoli, perché sanno che rimanendo in quella posizione riceveranno cibo senza dove abbaiare o rincorrere nessuno».
Il comportamento e le scelte dei perros mendigos non sono quindi frutto del caso ma il risultato di una elaborata strategia che, sorprendentemente, continua ancora oggi a essere tramandata di generazione in generazione: «I cani, che sono animali altamente sociali, nel tardo pomeriggio si radunano in branco nei villaggi e nei dormitori comuni per stare tutti insieme. Al mattino, però, si separano per ottimizzare l'attività di accattonaggio e ognuno si prende la sua curva, comportamento che, sorprendentemente, continua ancora oggi a distanza di decenni – conclude Biagio D'Aniello – Basta percorrere la strada con Google Street View per vedere che i cani, a distanza di quasi 40 anni, sono ancora lì, ognuno nella sua curva, pronto a ricevere da mangiare. Ne ho avvistati un centinaio».
Storie come quella dei cani liberi delle Ande ce ne sono molte e da ogni parte del globo. I cani sono animali altamente sociali ma che sanno organizzare in maniera opportunistica la loro socialità in tanti modi differenti. Ogni branco, gruppo o popolazione rinselvatichita ha però sviluppato, a seconda del contesto, la sua specifica strategia per riuscire a ottenere da magiare e quella dei perros mendigos é senza dubbio tra le più affascinanti ed elaborate.