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19 Dicembre 2022
12:54

Le straordinarie capacità rigenerative del pesce zebra

Il pesce zebra possiede una straordinaria capacità di rigenerarsi in seguito a un infortunio. Un nuovo studio pubblicato su Nature svela come avviene questo processo e come le conoscenze acquisite possono aiutare le persone colpite da infarto.

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Una nuova tecnica promette di aggiornare le ricerche che vertono sulla rigenerazione dei tessuti cardiaci, tramite la riprogrammazione metabolica e il rimodellamento dei peptidoglicani delle membrane cellulari. La scoperta è stata pubblicata da due equipe di ricercatori differenti – una ha collaborato con Nature e l'altra con Cell – entrambi guidati dalle precedenti scoperte effettuate da Ken Poss, che è anche uno degli autori.

Questa tecnica è stata resa possibile tramite la ricerca sull'espressione genica di zebrafish, noto alla scienza come Danio rerio o comunemente pesce zebra. Questo piccolo pesce, appartenente alla famiglia Cyprinidae e proveniente dall'India, è uno dei vertebrati più comunemente studiati in assoluto. E come ben sanno molti studenti di biologia, è uno degli organismo modello più utilizzati e conosciuti dalla scienza.

La sperimentazione animale è uno degli aspetti più controversi nel nostro rapporto con gli altri esseri viventi, soprattutto per ciò che concerne l'avanzamento della ricerca medica. Da un lato, larga parte della Comunità scientifica afferma che per garantire il progresso non si possa fare a meno dell’utilizzo degli animali e che sia indispensabile per salvare vite umane, come nel caso proprio degli studi su zebrafish. D’altra parte, sempre più spesso enti e istituti di ricerca promuovono l'impiego di modelli di ricerca privi di crudeltà.

Ricorrere o meno alla sperimentazione animale è un dilemma morale che riguarda non solo l'ambito scientifico, ma il modo in cui la nostra specie si relaziona agli altri animali, distinguendoli in base alla funzione che occupano all'interno della nostra società. E anche se siamo ancora lontani dal vedere il termine di pratiche come queste, proprio grazie a un dibattito etico sempre acceso si parla con maggiore frequenza di soluzioni alternative ai test sugli animali. Un dibattito che non sarebbe possibile condurre in maniera completa se non si citassero anche studi come quello realizzato dal team di Ken Poss.

Lo studio sul cuore del pesce zebra

Come si legge nello studio pubblicato su Nature «la capacità del cuore del pesce zebra di rigenerarsi in seguito a un infortunio lo rende un modello prezioso per dedurre perché questa capacità nei mammiferi sia limitata ai primi stadi neonatali». I ricercatori hanno infatti avviato la ricerca consapevole che se avesse voluto trovare una nuova soluzione per l'elevato numero di infarti che avvengono nel mondo avrebbe dovuto prima capire per quale ragione tutti i mammiferi sembrano essere sprovvisti delle strategie che permettono ai vertebrati considerati più antichi – come i peschi e zebra fish – di rigenerare i danni tissutali che si presentano al livello cardiaco.

«Contrariamente al cuore dei mammiferi adulti, il cuore del pesce zebra possiede una capacità intrinseca di rigenerarsi in caso di danno miocardico attraverso una robusta proliferazione di cardiomiociti (le cellule che formano il cuore)», spiegano gli scienziati, delineando subito quale è il problema. «La rigenerazione cardiaca inefficace nei mammiferi è dovuta invece alla bassa capacità proliferativa dei cardiomiociti adulti , che non possono de-differenziarsi e rientrare nel ciclo cellulare come accade nel pesce zebra dopo una lesione miocardica».

Tale differenza può essere scaturita per diverse ragioni. Nel corso dell'evoluzione dei vertebrati terrestri, per esempio, qualche fattore può aver indotto il cuore a perdere la capacità di rigenerare parte dei danni arrecati alle proprie cellule o aver "silenziato" la parte specifica del genoma che provvedeva affinché la rigenerazione fosse possibile. Bisogna anche dire che nel corso dei milioni di anni che sono intercorsi dalla comparsa dei primi vertebrati, la struttura anatomica del cuore è mutata diverse volte, divenendo via via, dagli anfibi ai rettili, e da questi ai mammiferi e agli uccelli, un organo sempre più complesso.

Il cuore di zebrafish è difatti un organo molto semplice, rispetto ad un cuore umano. Ha un solo atrio e un solo ventricolo, con una valvola nel mezzo che permette di formare delle camere capaci di indirizzare il sangue verso un'unica direzione e di separare il sangue ossigenato da quello non ossigenato. Per quanto diverso però da un cuore umano, al suo interno le cellule condividono buona parte dell'informazioni genetiche necessarie per la costruzione e la rigenerazione dei tessuti.

Non a caso l'embriogenesi di zebrafish è tra le più studiate e comparate con quelle degli esseri umani. In quanto riprende perfettamente le prime fasi dell'embriogenesi di tutti i mammiferi, tanto che a livello uterino dei topi neonati sono anche in grado di rigenerare il danno miocardico indotto dalla resezione apicale o dalla legatura dell'arteria discendente anteriore sinistra.

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Cosa permette però a zebrafish e agli embrioni di topi e altri mammiferi di avere questa capacità nel rigenerare i tessuti?

«Nel pesce zebra è stata segnalata una sovraregolazione degli enzimi glicolitici a livello trascrizionale durante la rigenerazione cardiaca»  spiegano gli scienziati del team che ha lavorato su Nature. «Precedenti studi su topi neonatali hanno rivelato che i nuovi cardiomiociti possono derivare dalla de-differenziazione e dalla proliferazione di cardiomiociti maturi preesistenti , simili a quelli presenti nel cuore di zebrafish. Ciò suggerirebbe che almeno parte del meccanismo alla base della capacità rigenerativa dei cardiomiociti potrebbe essere analogo. Pertanto, la capacità rigenerativa cardiaca nel pesce zebra può essere impiegata come uno strumento prezioso per svelare ulteriormente la catena di processi che alla fine portano alla rigenerazione del cuore».

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Alcuni degli embrioni di zebrafish con cui sono stati condotti gli esperimenti.

Secondo lo studio di Poss invece, la famiglia di potenziatori genici chiamati Tree (tissue regeneration enhancer element) sono i principali indiziati responsabili del rilevamento di una lesione all'interno del cuore e del processamento dell’informazione che porta all'attività dei geni correlati alla riparazione del danno. Questi Tree potrebbero esistere anche nel corpo umano, essendo stati trovati in differenti altri mammiferi, ma insufficienti per risolvere problemi complessi come quella arrecati da un danno seguente un ictus o un infarto. Proprio a seguito di ciò, conviene studiare queste sequenze, lunghe mille nucleotidi, a partire dal genoma di zebrafish, che è più semplice manipolare e usare per promuovere un trattamento umano.

I potenziatori genici Tree che compartecipano all'infiammazione sono tre e tutti sembrano aver funzionato ed essere stati efficaci nel rigenerare i tessuti coinvolti. «Speriamo che il nostro lavoro possa aiutarci a raggiungere un controllo sufficientemente preciso ed esaustivo dei geni in relazione all’attività di rigenerazione dei tessuti».

Nei prossimi step, i ricercatori cercheranno di comprendere meglio quali molecole si legano alle molecole Tree, dove e se si trovano (davvero) nel genoma umano. L'obiettivo è essere in grado un giorno di curare i danni provocati al cuore dai numerosi casi d'infarto, attraverso una semplice ed efficace terapia genica basata sul sistema rigenerativo di zebrafish. Una nuova arma, proveniente dal mondo degli animali, che non promette di rigenerare un intero cuore umano, ma che può cambiare la lotta nei confronti delle maggiori cause di morte della nostra specie: le malattie cardiovascolari.

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Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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