Lo spettacolo dura qualche minuto. Ma è sufficiente per riconoscere, in quelle piroette che si concludono con una fragorosa ricaduta in mare, i salti di una megattera che nuota in solitaria al largo della costa della Liguria, nel cuore di quella vasta area marina trasnazionale tra Liguria Toscana, Costa Azzurra e Sardegna che viene denominata Santuario Pelagos. Spettacolo piuttosto insolito nelle acque del Mediterraneo, dove gli avvistamenti di balenottere e capodogli sono molto più frequenti e la presenza di questi cetacei considerata usuale.
Ma la presenza, in località Varigotti, di una megattera che saltava ripetutamente fuori dall’acqua, segnalata dal gruppo “Pelagos” con un video sulla loro pagina Facebook, ha incuriosito gli appassionati proprio perché insolita: l’enorme cetaceo, che può raggiungere anche i 15 metri di lunghezza e che è riconoscibile dalle caratteristiche protuberanze sulla testa e sulle pinne, è una specie che non frequenta le acque del Mediterraneo mentre è molto più facile avvistarla durante in whale watching in Australia e in America. «A poche centinaia di metri dalla battigia è stato possibile ammirare le splendide evoluzioni di una megattera, mammifero marino non comune nel Mediterraneo», hanno commentato dal santuario accompagnando le immagini di Andrea Peletta.
Però non è la prima volta che una megattera lascia tutti increduli per la sua presenza facendosi ammirare nelle acque del Santuario Pelagos: «Pur essendo rare, fanno la loro comparsa nei nostri mari con una certa regolarità; l’ultima era stata una femmina con un piccolo nell’estate del 2020 che, si era scoperto, proveniva nientemeno che dai Caraibi – spiega Maddalena Jahoda dell’Istituto Teshys che da 33 anni monitora regolarmente le acque del Santuario – Oltre alle 8 specie di balene e delfini che costituiscono popolazioni propriamente mediterranee, a volte viene avvistato qualche cetaceo inatteso proveniente dall’Atlantico, tra cui le megattere».
La nuova ospite del Mediterraneo, quindi, potrebbe essere tra gli avvistamenti della prossima stagione di crociere scientifiche che si organizzano nelle acque che circondano l’Italia: da metà maggio fino ai primi di ottobre, infatti, riparte il progetto Cetacean Sanctuary Research, dell’Istituto Tethys basati sulla citizen science, «Questi progetti – spiega Maddalena Jahoda – cioè sono da sempre sostenuti da persone del pubblico che sponsorizzano le uscite con una quota e contemporaneamente aiutano i ricercatori nel loro lavoro». Nelle acque del Santuario i partecipanti, in gruppi fino a fino a 11 persone, saranno a bordo di "Pelagos", il grande motorsailer di Flash Vela d'Altura con base a Portosole Sanremo, mentre nel le acque greche del Mar Ionio un secondo progetto, l’Ionian Dolphin Project, attivo da metà giugno a metà settembre, è incentrato sui delfini e la foca monaca e prevede il soggiorno presso la base di Vonitsa, paesino affacciato sul Golfo di Amvrakikos, con uscite giornaliere in gommone e analisi dei dati raccolti insieme ai ricercatori.
A minacciare i cetacei anche l'inquinamento acustico
Qualunque sia il progetto a cui si partecipa, l’Istituto Tethys raccomanda «di non arrecare disturbo alla megattera con l’avvicinamento incontrollato di barche, che può causare gravi danni all’animale». Proprio per questo motivo l’associazione – fondata nel 1986 per dedicarsi alla conservazione dell’ambiente marino attraverso la ricerca scientifica e la sensibilizzazione del pubblico e che in oltre tre decenni di attività ha prodotto oltre 700 pubblicazioni scientifiche e ha coinvolto nelle attività in mare dal 1987 migliaia di persone di ogni nazionalità come collaboratori non-specialisti – consiglia un codice di condotta che tenendo presente le esigenze etologiche degli abitanti del mare trasformi l’esperienza degli avvistamenti in un’avventura eticamente sostenibile.
«Incontrare mammiferi marini in natura è un’esperienza emozionante, che però deve essere condotta nel rispetto delle regole per la loro e la nostra sicurezza – spiega Maddalena – I cetacei sono oggi minacciati da molti pericoli, tra cui la cattura accidentale nelle reti, l’inquinamento chimico, l’ingestione di plastica e le microplastiche, la scarsità di cibo, e in generale il degrado dell’habitat. In più, gioca un ruolo non indifferente il traffico marittimo, che nel Mediterraneo è tra i più intensi al mondo. Oltre alle grandi navi, che costituiscono il pericolo maggiore di collisione per le specie grandi, e che generano un gravissimo inquinamento da rumore, anche piccole barche possono essere, involontariamente, fonte di stress».
Il codice di condotta durante gli avvistamenti
Le regole sono poche e semplici e tenerle a mente può rappresentare davvero la differenza per un animale marino che si ha la fortuna di incontrare durante un avvistamento. Prima regola: nessun contatto: «Innanzitutto è fondamentale evitare che ci sia un contatto tra la barca e gli animali, nell’interesse di entrambi. Il mare è l’ambiente in cui loro vivono e dove noi siamo ospiti». Secondo: non disturbare: «Non bisogna arrecare disturbo a balene o delfini, distogliendoli da attività vitali come nutrirsi o accudire ai propri piccoli.
Tutte cose che purtroppo possono capitare anche con le migliori intenzioni». Un altro errore comune è inseguire gli animali per paura di perderli. Inseguirli è inutile anche perché «anche se si immergono, ricompariranno necessariamente per respirare. Solo il capodoglio può restare sott’acqua davvero a lungo ma in compenso tende a riemergere più o meno nella stessa area, se avete modo di aspettare». Infine, una regola fondamentale: «Non separare mai madri e piccoli: soli, sarebbero condannati a morte!».
Infine le regole che riguardano direttamente l’imbarcazione: «quando la distanza tra la barca e gli animali è di circa 300 metri meglio non avvicinarsi da davanti e da dietro. Se ci ritrova a un centinaio di metri di distanza meglio non avvicinarsi di più a meno che non siano loro a venire da voi». Per quanto riguarda la rotta e la velocità le indicazioni sono di «mantenere una rotta parallela a quella degli animali e tenere la velocità dell’animale più lento. In ogni caso non superare i 5 nodi».
Tenendo presente che «oltre a quelli in vista, altri animali posso trovarsi nelle vicinanze e potrebbero non essere visibili alla superficie». Indicativamente, quindi, quando si è arrivati a 100 m di distanza «meglio fermare la barca ma mantenendo il motore in folle, spegnere eco-scandagli e fishfinder, non separare mai degli animali dal gruppo» e attenersi ad un’indicazione: «una sola barca può trovarsi nella fascia dei 300 metri; lasciare il posto ad altre imbarcazioni eventualmente in attesa dopo 15 minuti».
Infine il momento più atteso: quando si avvicinano loro, spontaneamente: «se seguite scrupolosamente le regole e quindi gli animali non percepiscono la barca come un disturbo o una minaccia, possono essere loro ad avvicinarsi. In questo caso: non tentare di toccarli in alcun modo, né con le mani, né con oggetti, non gettare loro cibo, non entrare in acqua, non puntare mai verso il gruppo con l’intenzione di far venire i delfini alla prua. Se sono rilassati e si sentono sicuro lo faranno di loro iniziativa».