Le specie alloctone invasive sono specie animali, ma anche vegetali, funghi o microrganismi, originarie di una determinata regione geografica ma che, una volta introdotti in un nuovo territorio, formano popolazioni in grado di sopravvivere e riprodursi allo stato selvatico, creando parecchi danni agli ecosistemi e alle piante e agli animali locali. Secondo un nuovo studio, hanno però il potenziale per diffondersi ulteriormente in altri habitat di diverse molte parti del mondo, oltre a quelli chiaramente già colonizzati. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Plos Biology.
Queste popolazioni di organismi, definite "alloctone o aliene", possono generare delle vere e proprie invasioni biologiche che spesso diventano una minaccia per le specie locali, definite invece "autoctone". A oggi, le invasioni biologiche, insieme alla distruzione degli habitat e allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali da parte dell’uomo, ai cambiamenti climatici e all'inquinamento, sono considerate tra le principali cause della perdita della biodiversità nel mondo.
Comprendere e prevedere dove si diffonderanno tali specie è perciò una delle principali sfide ecologiche e di conservazione del 21° secolo. Al momento, rimane un mistero il motivo per cui alcune specie riescono a diffondersi rapidamente in nuovi ambienti, mentre altre restano isolate in un certo luogo per moltissimo tempo. Un team di ricercatori ha condotto quindi uno studio predittivo sulle regioni terrestri del mondo con maggiori probabilità di essere colonizzate da piante, uccelli e mammiferi alieni. Lo studio ha focalizzato l'attenzione soprattutto sui fattori che possono agevolare o ostacolare la dispersione e il successo di queste specie.
I risultati indicano un considerevole potenziale per un'ulteriore diffusione degli uccelli invasivi per esempio in Nord America, dei mammiferi invece in Europa orientale e delle piante sempre in Nord America e in Europa orientale e Australia. Inoltre, l'analisi evidenzia che la storia dell'introduzione di una specie, la sua capacità di dispersione e la collocazione in aree adatte sono predittori cruciali rispetto al modo in cui una specie invasiva si diffonde, superando persino l'importanza dell'habitat o delle interazioni con altre specie locali.
Purtroppo, emerge che tutte le specie oggetto dello studio devono ancora estendere la propria presenza in aree a loro ospitali. Inoltre, alcune di queste potrebbero rivelarsi problematiche solo dopo un periodo iniziale di latenza, sebbene alcune possano fortunatamente avere un impatto limitato sull'ambiente in cui si stabilizzano. Si tratta quindi di danni che possono essere controllati e gestiti, ma la situazione è comunque preoccupante, considerando che più specie invasive possono coesistere nello stesso territorio. Questo fenomeno potrebbe addirittura portare a un "crollo invasivo" nella zona, causato appunto dall'impatto amplificato derivante dalla presenza simultanea di diverse specie aliene.
Gli impatti delle invasioni da parte di specie invasive, con il loro potenziale devastante su biodiversità, agricoltura e mezzi di sussistenza, sollevano preoccupazioni considerevoli riguardo alla prospettiva di ulteriori diffusioni di numerose specie alloctone naturalizzate. Tuttavia, secondo i ricercatori, emerge un barlume di speranza: gli ecosistemi potrebbero dimostrarsi più resilienti nei confronti degli invasori di quanto inizialmente previsto, e una gestione oculata e tempestiva potrebbe contribuire a limitarne la diffusione.