Da diversi decenni gli etologi cercano di stabilire se gli scimpanzé e le altre grandi scimmie imparentate con l'uomo sono capaci di ridere come noi e se possiedono il senso dell'umorismo, visto che durante le osservazioni in natura o in cattività spesso i loro gruppi sono stati ripresi mentre scherzavano o erano coinvolti in momenti di ilarità generale.
Per rispondere a questa domanda, i biologi cognitivi dell’Università della California di Los Angeles, del Max Planck Institute, dell’Università dell'Indiana e dell’Università della California di San Diego hanno deciso di studiare le 5 specie il cui sviluppo dell'umorismo era ritenuto ad oggi più probabile.
Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the Royal Society B e per semplificare la ricerca gli scienziati hanno deciso di limitare le osservazioni che sono avvenute esclusivamente su alcuni esemplari in cattività.
Il monitoraggio ha riguardato nove gruppi di bonobo (Pan paniscus), quattro gruppi di oranghi (Pongo abelii) e quattro di gorilla (rispettivamente due gruppi di Gorilla gorilla e due di Gorilla beringei) che sono presenti allo zoo di San Diego, mentre un gruppo di 17 scimpanzé (Pan troglodytes) è stato osservato a Lipsia, nel centro di ricerca e di cura del Max Planck Institute.
In quest'ultima sede, sono stati osservati anche altri gruppi di bonobo che non sono stati poi inseriti nello studio, per ragioni legate alle malattie e ai traumi emotivi che affliggevano questi esemplari. Il centro di Lipsia è infatti uno dei centri di recupero dei primati più famosi d'Europa, oltre che la sede di uno dei centri di primatologia e antropologia più importanti al mondo.
Durante le osservazioni, gli esperti hanno ripreso tramite decine di telecamere i vari gruppi di primati, stando bene attenti a concentrarsi su quei gruppetti che sembravano confabulare tra di loro. In questo modo hanno dimostrato che tutte le grandi scimmie sono capaci di farsi scherzi, di divertirsi giocando per intere ore, come anche di borbottare qualcosa, per far ridere i loro vicini, di prendere in giro i propri compagni e di accettare a loro volta le prese in giro.
«Le grandi scimmie sono ottimi candidati per studiare questi comportamenti poiché sono strettamente imparentate con noi, si impegnano nel gioco sociale, mostrano risate e una comprensione relativamente sofisticata delle aspettative degli altri», ha affermato Isabelle Laumer, una delle autrici dello studio, che ha appena concluso il suo post dottorato all'Università della California di Los Angeles.
I ricercatori hanno anche scoperto che oranghi, scimpanzé, bonobo e gorilla possono assumere comportamenti intenzionalmente provocatori che hanno lo scopo di mettere in risalto le debolezze degli altri per gioco.
Nello specifico hanno identificato 18 distinti comportamenti di presa in giro, alcuni dei quali possono persino ricordare il nostro concetto di satira. Alcuni bonobo sono stati infatti visti mentre prendevano in giro i leader del loro clan, quando questi erano presenti nei dintorni, simulando il loro atteggiamento, i gesti, i tic e quello che stavano facendo davanti a loro, così che tutti quanti potessero riderne.
Copiando i movimenti dei leader, cercavano di provocare una risposta o almeno di attirarne l'attenzione, senza che questi mal interpretasse il gesto. «È normale per queste scimmie agitare o far oscillare ripetutamente una parte del corpo o un oggetto nel mezzo del campo visivo del bersaglio del loro scherzo. Possono anche colpirlo, punzecchiarlo o anche solo fissarlo attentamente in faccia per poi copiarne o interromperne i movimenti, tirargli la pelliccia, spaventarli ed eseguire altri comportamenti che sono estremamente difficili da ignorare», ha sottolineato Erica Cartmill, altra autrice dello studio.
In ogni caso, le scimmie cercano di non esagerare e scherzano solo nei momenti opportuni. Nessuno di loro infatti attaccherebbe un amico o un parente quando è stressato o nei momenti in cui perlustrano l'ambiente, alla ricerca di cibo o di invasori. Non penserebbero mai inoltre di spaventarlo quando è da solo, poiché questo comportamento rischierebbe di essere letto come un attacco vero e proprio.
I momenti in cui avvengono il maggior numero di scherzi accadono quando tutti gli esemplari del gruppo si ritrovano a rilassarsi per il grooming o quando, di seguito un pasto, alcuni giovani si mettono a giocare poco lontano dai genitori. Gli scherzi e le prese in giro sono inoltre anche unilaterali, ovvero quando un esemplare viene canzonato non risponde all'amico con un altro scherzo o schernendolo a sua volta. Semplicemente accetta lo scherzo, gode eventualmente della risata degli altri esemplari e procede in quello che stava facendo.
I ricercatori hanno inoltre anche chiarito che Jane Goodall, Dian Fossey, David Attenborough, Desmond Morris e Jared Diamond avevano menzionato comportamenti simili negli scimpanzé molti anni fa, ma questo studio è stato il primo ad analizzare sistematicamente il comportamento in queste 5 specie, seppur in cattività. «Da un punto di vista evolutivo, gli scherzi che sono state osservate in tutte le grandi scimmie (che somigliano ai comportamenti giocosi dei neonati umani) suggeriscono che i prerequisiti cognitivi legati all'organizzazione e al riconoscimento della presa in giro potrebbero essere presenti nel nostro ramo evolutivo dai tempi dell'evoluzione del nostro ultimo antenato comune, comparso sulla Terra circa 13 milioni di anni fa – ha spiegato Laumer – Speriamo che il nostro studio possa ispirare altri ricercatori nello studiare questi atteggiamenti in altre specie, al fine di comprendere meglio l'evoluzione di questo comportamento dalle molteplici sfaccettature».
Gli scienziati sperano anche che lo studio aumenti nelle persone la consapevolezza delle somiglianze che esistono fra noi e queste specie e che aiuti questi animali a essere più protetti, sia in cattività che in natura. Tutte le specie studiate da questa ricerca sono infatti in via di estinzione e dai risultati delle ultime campagne di monitoraggio sembrano soffrire terribilmente i cambiamenti ambientali dovuti al surriscaldamento globale e all'eccessiva deforestazione.