Il 14 luglio 1960 è il giorno in cui Jane Goodall è arrivata per la prima volta in quello che oggi è il Gombe Stream National Park, in Tanzania, per studiare gli scimpanzé in natura. Oggi quel giorno è diventato la Giornata Mondiale dello scimpanzé e ogni anno celebra quel momento straordinario in cui la Goodall richiamò l’attenzione del mondo su questi incredibili animali che condividono con gli uomini circa il 98,6% dei loro geni e sul pericolo che corrono per la loro stessa sopravvivenza, considerando che nel 1990 erano circa un milione di individui, mentre ad oggi se ne stimano poco meno di 300.000 in libertà.
Fa infatti abbastanza impressione pensare che 100 anni fa circa 1-2 milioni di scimpanzé vivevano liberi in ben 25 paesi in Africa: ora che quella cifra è scesa vertiginosamente diventa quindi ancora più importante la sfida contro la distruzione dei loro habitat naturali e la lotta contro il commercio illegale di scimpanzé come animali domestici o come carne selvatica, che sono tra i grandi obiettivi su cui vuole sensibilizzare la Giornata Mondiale.
Quanti sono e come vivono gli scimpanzé in Italia?
Ma se questa è la situazione mondiale, cosa succede in Italia? «Secondo il nostro censimento del 2022 in Italia si trovano in questo momento 37 scimpanzé in cattività, custoditi in sette strutture sul territorio nazionale: il Bioparco di Roma, il Parco Natura Viva di Bussolengo, in Centro Ricerca Fauna Esotica e Selvatica Monte Adone, il Safari Ravenna, lo zoo di Aprilia, il Parco Faunistico Zoo Safari di Fasano e il Bioparco di Sicilia» spiega Daniela De Donno, biologa, ambientalista, collaboratrice di Jane Goodall fin dagli anni Novanta e fondatrice del Jane Goodall Institute Italia, sezione italiana del Jane Goodall Institute creato nel 1977 dalla celebre etologa e naturalista inglese.
«Il vero problema dell’Italia, però non è certamente il maltrattamento. Nessuno li maltratta nelle strutture dove si trovano e i loro guardiani gli sono sinceramente affezionati – spiega – Il vero problema è che solo alcune strutture sono all’altezza dei migliori standard internazionali sul benessere animale. Compatibilmente con le conoscenze scientifiche che ormai abbiamo su di loro e visto che ormai sono qui e non possono tornare in libertà, dobbiamo occuparcene nel migliore dei modi».
La proposta di integrazione della legga sugli zoo
Anche sulla base di queste considerazioni è nata quindi, proprio in occasione dei 60 anni di attività della scienziata Jane Goodall, la richiesta diretta al Governo italiano di agire per la protezione delle grandi scimmie che sono tenute in cattività sul nostro territorio. «Abbiamo definito inequivocabilmente i criteri e i requisiti che devono essere rispettati dalle strutture presso cui gli animali sono custoditi – spiega la De Donno – e abbiamo proposto al Governo e ai Ministeri competenti di integrare il Decreto Legislativo numero 73 del 21 Marzo 2005 (Attuazione direttiva 1999/22/CE relativa alla Custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici) con un seguente allegato che ha come tema “Criteri e requisiti minimi per la gestione in cattività delle Grandi Scimmie Antropomorfe, esemplari di scimmie appartenenti alle specie scimpanzé (Pan troglodytes), bonobo (Pan paniscus), gorilla (Gorilla gorilla, Gorilla beringei), orango (Pongo pygmaeus, Pongo abelii, Pongo tapanuliensis)”. Questa proposta è stata inoltrata nel 2020 e ben accettata dal tutti i ministeri interessati, a partire da quello dell’Ambiente. Tutti hanno convenuto che era il momento di aggiornare la legge, proprio come era stato fatto relativamente ai delfini, ed è stato aperto un tavolo tecnico. Le ultime notizie ci sono arrivate qualche mese fa: la nostra proposta sarebbe in dirittura di arrivo agli uffici legali del Ministero dell’Ambiente per i successivi passaggi per trasformarla in un decreto».
Ma quali sono i requisiti che la proposta ritiene fondamentale per garantire il benessere animale più adatto per uno scimpanzé che vive in una delle sette strutture italiane? «I requisiti fondamentali riguardano gli spazi in cui questi animali vivono, gli arricchimenti ambientali, l’attenzione alla formazione dei gruppi, la temperatura in cui vivranno, la possibilità di nascondersi alla vista dei visitatori, la possibilità di usufruire di zone d’ombra e, non per ultimo, l’assoluto divieto alla solitudine. Gli scimpanzé sono animali sociali ed hanno diritto a vivere con i loro simili».
A riguardo il testo proposto è molto preciso e non fa sconti: «La separazione di unità sociali di individui ben integrati non è giustificata. La gestione delle sottospecie non legittima la disintegrazione di gruppi sociali stabili e ben funzionanti. Il benessere degli individui è prioritario rispetto alla gestione genetica delle sottospecie». Sottolineando così che non basta la giustificazione della ricerca scientifica per autorizzare il trasferimento di un esemplare, separandolo da quelli con i quali era abituato a vivere e con cui aveva stretto relazioni sociali. «Dobbiamo sempre ricordarci che sono molto simili a noi, ma ognuno di loro vale come individuo e sono importanti uno per uno».
La storia di Cozy, dal buio di un camper al Chimp Eden in Sudafrica
Lo conferma bene la storia di Cozy, lo scimpanzé nato negli Stati Uniti nel 1996 ma separato dalla madre a un anno di età, perché venduto a un giocoliere che lo ha introdotto illegalmente in Italia ed usato per spettacoli itineranti, costringendolo a posare per fotografie e a fare scherzi e giochi per intrattenere le persone. «Cozy è stato castrato per diminuirne l’aggressività e, a causa di ripetuti colpi alla testa, ha un danno cerebrale. Quando, nel 2003, il suo padrone è morto, è rimasto rinchiuso in un camper, senza mai vedere la luce del sole».
Nello stesso anno il servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato di Macerata, venuto a conoscenza della sua storia, ha chiesto al JGI Italia di intervenire. «Siamo andati a trovarlo, procurandoci una stretta al cuore: un giovane individuo confinato era in una gabbia di 100x100x120 cm al buio dentro un un camper parcheggiato! E lui era debole, castrato e con un danno cerebrale dovuto a ripetuti colpi alla testa: non riusciva più a camminare né ad arrampicarsi». Per Cozy, dopo un lungo periodo di riadattamento e di recupero fisico, si sono aperte le porte del Santuario del Jane Goodal Institue in Sudafrica, lo Chimp Eden. «Una soluzione ottimale per lui che a Chimp Eden può socializzare con altri individui giovani, in un ambiente protetto simile a quello naturale».