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21 Settembre 2022
9:00

Le principali problematiche comportamentali nel cane

I cani talvolta mostrano comportamenti che noi umani consideriamo problematici, come ansia da separazione, fobie e ansie, disturbi eliminatori, aggressività. Vediamo cosa si nasconde dietro le problematiche comportamentali più comuni e come intervenire.

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Validato da Elena Garoni
Membro del comitato scientifico di Kodami
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Esattamente come noi esseri umani, anche i cani, talvolta, manifestano i propri disagi mettendo in atto comportamenti considerati problematici. Lo fanno attraverso un'ampia gamma di gesti e abitudini molto diverse tra loro, che in alcuni casi possono finire per confondere le idee ai pet mate.

Riconoscere le problematiche comportamentali, infatti, non è facile e per evitare di intervenire in maniera inadeguata è sempre necessario rivolgersi ad un medico veterinario esperto in comportamento, il quale saprà risalire alle cause nascoste dietro ai sintomi osservati dai pet mate e ideare, inoltre, un percorso su misura, che intervenga non solo sul comportamento, ma nell'ottica di un benessere generale e sistemico.

L'insorgere di questi comportamenti è spesso solo la punta di un iceberg del disagio vissuto dall'animale e, se non affrontati, divengono una delle più diffuse motivazioni utilizzate dagli umani per ricorrere alla crudeltà dell'abbandono.

I rischi, però, si possono prevenire, soprattutto adottando in maniera consapevole e con l'attenzione posta nell'individuare il soggetto adeguato per il proprio stile di vita, piuttosto che basandosi solo sull'aspetto estetico, sottovalutando le necessità individuali, le motivazioni di razza e rischiando, quindi, l'insorgere di problemi comportamentali. Vediamo quali sono i più frequenti e cosa fare.

Ansia da separazione

L’ansia da separazione è una delle problematiche comportamentali che viene manifestata più spesso. Può mostrarsi in molti modi, come ad esempio attraverso comportamenti distruttivi, abbaio prolungato, iperattività, comportamenti stereotipati e autolesionisti o l’abitudine a fare i propri bisogni in casa. 

All’origine di questa difficoltà, possono esservi molti fattori, primo tra tutti un allontanamento precoce dalla madre, ma anche uno svezzamento inadeguato durante il periodo del distacco dal proprio punto di riferimento e, di conseguenza, una strutturazione emotiva carente.

Considerata l’ampia gamma di sintomi attraverso i quali si può manifestare l’ansia da separazione, bisogna rivolgersi quanto prima a un medico veterinario esperto in comportamento e a un istruttore cinofilo, che sappiano aiutare la famiglia a comprendere l’origine dei sintomi, dando forma ad una relazione che sia in grado di colmare quelle lacune che generano l’ansia alla base dei comportamenti indesiderati.

Paure e fobie

Esattamente come noi esseri umani, anche i cani possono sviluppare molte paure, le quali si potrebbero trasformare anche in vere e proprie fobie. Queste difficoltà nell’affrontare il mondo, però, si traducono spesso in un livello inferiore di benessere del soggetto, perché lo portano a vivere più frequentemente emozioni negative e, di conseguenza, sviluppare maggiori preoccupazioni, in un circolo vizioso che rischia di diventare sempre più ampio.

Spesso siamo portati a credere che se il cane ha paura di qualcosa è perché in passato ha avuto un’esperienza negativa, ma questa è solo una delle motivazioni che possono portare a sviluppare paure e fobie.

Un altro esempio è la carenza – o la totale assenza – delle competenze necessarie per affrontare una determinata situazione, un contesto o un ambiente, e quindi si parla di "privazione sensoriale". Ciò avviene quando il cane ha non avuto la possibilità di incontrare gli stimoli in maniera adeguata al suo sviluppo emotivo.

Se un cane non è mai salito in macchina, ad esempio, potrebbe mostrarsi impaurito da questo momento e, per permettergli di affrontare i viaggi senza sviluppare paure e fobie, servirà gradualità e, soprattutto, un’enorme dose di empatia nei suoi confronti.

Se la paura è già presente, invece, bisognerà destrutturarla gradualmente, facendogli ad esempio sentire il rumore dell’auto più da lontano, oppure facendolo salire sul mezzo quando è spento e non in movimento. Allo stesso modo, sempre accompagnati da istruttori cinofili e medici veterinari comportamentalisti, bisognerà pianificare anche esperienze più vaste, capaci di non lavorare solo sullo stimolo stesso, ma sulla personalità del soggetto più in generale e sulla sua capacità di affrontare le situazioni.

Questi sono solo alcuni esempi dei molteplici interventi che si potrebbero mettere in pratica per supportare un cane che mostra paura di qualcosa e la famiglia intenzionata ad aiutarlo.

Bisogna però ricordare che ogni soggetto ha una personalità a sé stante e, ovviamente, dimostrerà la propria paura in maniera diversa. Per facilitare la comprensione delle sue difficoltà bisogna mettersi nei suoi panni, provare a notare i dettagli della sua comunicazione e fare in modo che lui si fidi dei suoi punti di riferimento.

Ed è proprio con questo intento che interviene il medico veterinario comportamentalista, guidando i pet mate e adeguando le attività alle necessità di ogni cane, individuando l’origine di paure e fobie, per dare forma a un percorso su misura per la sua personalità.

Disturbi eliminatori

Vengono definiti disturbi eliminatori tutti i comportamenti che riguardano l’abitudine di ricorrere ai bisogni fisiologici per manifestare il proprio disagio. Anche in questo caso, si tratta di una strategia comunicativa che può avere alla base un enorme numero di fattori scatenanti. Se si dovesse notare che il proprio cane manifesta comportamenti strani riguardo l’urina o le feci, bisogna prima di tutto verificare con il veterinario di fiducia che ciò non sia riconducibile a questioni di salute.

In secondo luogo, potrebbe trattarsi di una questione legata all’età del cane. I cuccioli e i cani molto anziani, infatti, faticano maggiormente ad avere il pieno controllo sfinterico.

Una volta escluse le variabili legate a questi aspetti, anche in questo caso ci si deve rivolgere ad un medico veterinario comportamentalista, insieme al quale scoprire le difficoltà che spingono il cane a manifestare questi sintomi. I disturbi eliminatori, infatti, non vanno considerati come un problema comportamentale, ma sono piuttosto sintomi di patologie comportamentali, oppure di una carenza educativa.

Anche prima di rivolgersi ad un esperto, però, è bene ricordare che non servirà a nulla sgridare il cane e fargli annusare i bisogni, mostrandosi interdetti. Ciò non farà altro che condizionare negativamente la relazione tra il cane e i suoi umani.

L’aggressività

L’aggressività nei cani è un tema estremamente complesso che, nell’immaginario comune, abbraccia un’enorme varietà di comportamenti. Di fatto, però, non la possiamo considerare una componente problematica a priori, perché si tratta invece di uno strumento innato, che ogni soggetto utilizza per esprimere e riconoscere la propria identità, per conquistare e difendere un territorio fisico e per affermarsi dal punto di vista psichico e sociale.

Di per sé non è assolutamente di un aspetto problematico del comportamento, come spesso si crede, ma è invece una risorsa fondamentale, che il soggetto dovrà imparare a gestire adeguatamente. Più problematica, invece, ne è la totale assenza, che può essere considerata a tutti gli effetti una patologia. Nessun soggetto andrebbe definito come “aggressivo”. Molto meglio sarebbe invece descrivere con attenzione e precisione i singoli comportamenti aggressivi che mostra, causati spesso da dolori fisici, disagi determinati da paura e fobie, oppure rabbia, isolamento prolungato, mancanza di competenze alternative o l’insorgere di emozioni dal valore fortemente negativo. Potrebbe essere definita, di fatto, come un’altra strategia per dimostrare le proprie difficoltà.

Ad ogni modo, anche in questo caso, la prima cosa da fare è contattare un medico veterinario esperto in comportamento, che aiuti la famiglia nel comprendere l’origine dei comportamenti del soggetto e nel trovare la soluzione più adeguata per la singola situazione.

Più strumenti comunicativi avrà a disposizione il soggetto, più sarà difficile che ricorra a comportamenti considerati problematici dai suoi umani di riferimento.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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