Nel corso degli ultimi giorni, alcuni studi hanno svelando diversi dettagli sulla storia evolutiva degli uccelli australiani e della Nuova Zelanda. Se da un lato l'articolo di Anthony Martin della Emory University racconta il ritrovamento delle più antiche testimonianze conosciute di uccelli in Australia, ovvero le prime impronte risalenti agli uccelli del Cretaceo del supercontinente Gondwana, parallelamente Kane Fleury del Tūhura Otago Museum ha pubblicato un articolo in cui presenta sette impronte di moa, il mastodontico uccello neozelandese, estintosi prima dell'arrivo degli europei attorno al XVI secolo.
Entrambi questi studi sono estremamente rilevanti per comprendere la storia evolutiva degli uccelli che abitavano un tempo nel profondo sud del mondo, dichiarano gli scienziati, ma gli studi, nonostante siano stati pubblicati entrambi a poche ore di distanza, sono stati fatti da due team differenti, di due paesi diversi, e riguardo specie molto distanti nel tempo tra loro.
Le più antiche impronte conosciute del supercontinente Gondwana
Secondo lo studio pubblicato il 15 novembre 2023 sulla rivista PLOS ONE da Anthony Martin, le impronte ritrovate all'interno della formazione Wonthaggi di Victoria, nell'Australia meridionale, appartengono ai primissimi uccelli che si sono evoluti nel vecchio supercontinente Gondwana durante il Cretaceo inferiore, ovvero 128-120 milioni di anni fa. All'epoca questo continente era formato dalle masse continentali che in seguito avrebbero formato l'Australia, il resto dell'Oceania, l'Antartide, il Sud America e parte dell'Africa meridionale, che era già in direzione di scontrarsi con l'altro supercontinente chiamato Laurasia.
Queste 27 impronte hanno dimensioni diverse e probabilmente appartenevano a specie leggermente diverse, ma i paleontologi, analizzandone la superficie, hanno decretato che sono state lasciate da alcuni uccelli, tra cui anche esemplari molto grandi che potevano competere con i dinosauri di medie dimensioni dello stesso periodo. Non tutte le impronte sono state però lasciate sul terreno nello stesso momento.
Seguendo infatti le regole dell'icnologia, la scienza che studia le impronte, i paleontologi hanno scoperto che le tracce sono presenti su più livelli stratigrafici provenienti da un’antica pianura alluvionale. Molto probabilmente quindi queste impronte sono state lasciate vicino a delle sponde di un fiume nel corso di diversi anni, suggerendo che questi uccelli potrebbero aver visitato l'attuale regione di Victoria stagionalmente e che potessero seguire una rotta migratoria condivisa fra molte specie.
Oltre a qualche osso e a delle tracce di piume conservate fra i sedimenti, queste impronte sono attualmente la più antica testimonianza conosciuta di avifauna che viveva negli antichi ambienti polari. All'epoca infatti l'Australia era molto più a sud rispetto alla posizione odierna, era ancora unita all'Antartide e veniva costantemente attraversata da animali che si spostavano da un lato all'altro del supercontinente.
Le impronte scoperte e analizzate da Martin sono larghe dai 7 ai 14 cm, non presentano zone palmate e la loro grandezza assume un valore simile alle impronte che attualmente rilasciano i moderni uccelli costieri, come i gabbiani, piccoli aironi, le spatole e le beccacce di mare. Probabilmente questi uccelli erano anche capaci di volare, poiché sappiamo che all'epoca esistevano già uccelli in grado di farlo.
Non dobbiamo però immaginare questi animali del tutto simili alle specie odierne: i primissimi uccelli, infatti, condividevano ancora molti tratti con i loro parenti dinosauri, tra cui i denti e una coda lunga. Bisogna infatti ricordare che le impronte della formazione Wonthaggi risalgono a oltre 120 milioni di anni fa.
I risultati ottenuti dalle scoperte del team di Martin sono fondamentali per comprendere l'evoluzione dei primi uccelli e per capire come si disperdessero all'epoca, attraverso le masse continentali. D'altronde sono gli autori stessi a dichiarare che le future scoperte potrebbero rivelare che questi uccelli erano molto più abbondanti nelle regioni meridionali della Terra, rispetto a quanto veniva finora indicato dalla documentazione fossile conosciuta.
Impronte di moa di 3,6 milioni di anni trovate in Nuova Zelanda
Il paleontologo Kane Fleury insieme ai suoi colleghi ha invece scoperto una pista di sette impronte lasciate da un membro della famiglia dei moa – molto probabilmente del genere Pachyornis – vicino all'attuale fiume Kyeburn, situato nell'Isola del Sud della Nuova Zelanda. Queste impronte sono profonde in media 4,6 cm, larghe 27,2-30 cm e lunghe 26-29,4 cm. A differenza però delle tracce rilasciate dai suoi antichi parenti australiani, il moa che ha lasciato queste impronte visse circa 3,6 milioni di anni fa, ovvero durante il piano Piacenziano, l'ultima fase del Pliocene.
Secondo i calcoli effettuati dal team di Fleury, presentati all'interno dell'articolo pubblicato sul Journal of the Royal Society of New Zealand, l'animale in questione viaggiava ad una velocità di 2,61 km/h. e aveva una massa media di 84,61 kg, simile ai moa che sarebbero vissuti anche più tardi, tentando di sfuggire alle battute di caccia dei famosi popoli maori.
In generale questi uccelli variavano molto dal punto di vista dimensionale, visto che alcune specie avevano le dimensioni di un grande tacchino mentre altre erano alte finanche a 3 m. Ciò che permise però a questi animali di prosperare in Nuova Zelanda, finché giunsero gli esseri umani, fu la completa assenza di predatori in grado di attaccarli.
I paleontologi, oltre ad analizzare ciascuna singola impronta, hanno anche prodotto un modello fotogrammetrico 3D del sito, in grado di rivelare ogni piccolo dettaglio del fossile. È stato in questo modo che Fleury ha successivamente scoperto in laboratorio la presenza di un' altra impronta appartenuta ad un secondo moa, posta a pochi centimetri di distanza dalle 7 principali.
Questo secondo esemplare era molto più grande rispetto all'adulto che ha consentito di scoprire la pista e secondo i dati forniti dall'articolo ha lasciato un'impronta larga circa 44,8 cm e lunga 28,5 cm. Molto probabilmente, chiariscono i paleontologi, apparteneva ad una specie differente (forse del genere Dinornis) e aveva una massa stimata di 158 kg. In generale queste impronte sono le seconde più antiche della Nuova Zelanda appartenute ai moa e le prime ad essere scoperte da molto tempo.
Le prime impronte di moa conosciute furono trovate in un contesto molto simile, ovvero vicino alla foce del fiume Tūranganui a Tairawhiti, nell'ormai lontano 1866. Insieme ad altre impronte scoperte a Paeroa, a sud di Timaru, nel corso del 2022, queste impronte permettono di capire l'evoluzione di questi grandi uccelli, dimostratisi molto longevi e capaci di adattarsi a varie tipologie di clima.