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4 Maggio 2021
11:36

Le nutrie del Parco di Ravenna: la sterilizzazione come alternativa all’abbattimento

Il comune di Ravenna ha comunicato l'intenzione di abbattere le nutrie all'interno del Parco Teodorico. L'eradicazione della nutria può avvenire però anche tramite metodi non cruenti, ne parliamo con Samuele Venturini, biologo e ricercatore che da anni propone soluzioni alternative all'abbattimento per questo roditore arrivato in Italia per mano dell'uomo.

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Le nutrie del parco Teodorico di Ravenna rischiano di venire uccise nel tentativo di eradicare l'animale dal territorio comunale. All'interno del parco urbano, insieme a tartarughe, oche e gallinelle d'acqua vive infatti anche una famiglia di castorini, amati da parte dei frequentatori del parco a tal punto da attribuirgli dei nomi: «Olly e Chiara sono mamma e papà, e con loro ci sono anche i simpaticissimi e splendidi figli», così si legge sul pannello esplicativo delle specie presenti all'interno del parco Teodorico.

Secondo la capogruppo della Lista civica comunale "La Pigna", Veronica Verlicchi, i castorini vanno però eliminati perché non adatti al contesto in cui si trovano. Il Comune di Ravenna risponde alla consigliera il 20 aprile 2021 pubblicando una nota in cui viene dichiarato: «I pochi esemplari presenti al Parco Teodorico vanno contenuti con i metodi previsti dal Piano di controllo regionale, per prevenire un aumento indiscriminato della popolazione locale, dovuto sia alla proliferazione degli esemplari presenti, che all’immigrazione costante di esemplari dalle aree esterne all’ambito cittadino».

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Mascottes del parco Teodorico di Ravenna

L'arrivo della nutria in Italia: da utile a "scomoda" in pochi decenni

La nutria (Myocastor coypus) è un roditore di origine sud americana arrivato in Italia per mano dell'uomo negli anni 40. L'interesse principale era inizialmente l'allevamento, con l'obiettivo di utilizzarne la pelliccia nel mercato dell'abbigliamento, ma le cose non sono andate come speravano gli allevatori e, tra gli anni 70 e 80 l'interesse per questo mercato è cominciato a scemare finché, per evitare le perdite e le spese di gestione degli animali invenduti, i proprietari degli allevamenti hanno cominciato a liberare i roditori sul territorio. Con il passare del tempo l'animale si è diffuso nell'ambiente italiano, ricco di risorse e zone umide e povero di predatori, entrando così a far parte della lista di “specie aliene invasive”, all'interno del Regolamento Europeo del 22 ottobre 2014 riguardo la prevenzione e la gestione delle specie esotiche.

L'abbattimento è contro produttivo: «La nicchia liberata verrà occupata da un altro individuo»

Nel piano di gestione cui fa riferimento la nota del Comune di Ravenna vengono citati i metodi accettati dalla Regione Emilia Romagna, ovvero: cattura mediante gabbie-trappola e successiva soppressione con metodo eutanasico, oppure abbattimento diretto con arma da fuoco. Non è d'accordo l'Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che a seguito della nota del 20 aprile, lancia una petizione in cui chiede la salvezza degli animali sottolineando inoltre l'inefficacia dell'abbattimento: «Anche se si riuscisse a sterminare un’intera famiglia, la nicchia lasciata libera verrebbe ricolonizzata da altri individui», scrive Oipa nel testo della raccolta firme e lo conferma anche Samuele Venturini, biologo e ricercatore che da anni si occupa di progetti di gestione della presenza delle nutrie, proponendo la sterilizzazione come alternativa all'abbattimento: «Grazie al controllo delle nascite si evita di creare nicchie "vuote" all'interno dell'habitat. Lo spazio lasciato dagli individui abbattuti induce infatti altre nutrie a raggiungere quel luogo per colonizzarlo in quanto adatto e non più occupato da altri simili».

Il fenomeno delle nicchie ecologiche a disposizione di nuovi arrivi non è però l'unica conseguenza data dall'abbattimento degli animali: «La risposta ecologica della specie di fronte ad un disturbo come quello della predazione da parte dell'uomo – spiega ancora Venturini – può essere addirittura l'aumento del numero di cuccioli per parto, come meccanismo di difesa per la specie. Questo non vale solo per le nutrie, ma anche per gli altri animali per cui utilizziamo il metodo dell'abbattimento, come i cinghiali o i cervidi».

E allora perché non sterilizziamo?

Alcune normative Regionali, come quella della Lombardia, prevedono la possibilità di scegliere la sterilizzazione della nutria come soluzione per la gestione numerica, eppure si tratta di una pratica ancora poco diffusa: «Ciò che talvolta impedisce alle amministrazioni di prendere in considerazione strategie alternative non cruente è la poca conoscenza della materia naturalistica da parte degli enti preposti – spiega Venturini –  La mancanza di comunicazione in questo ambito dimostra una scarsa abitudine ad approfondire le tematiche di gestione faunistica, ma questo non avviene per forza in cattiva fede, può essere causato anche da una mancanza di abitudine a cercare soluzioni alternative. In alcuni casi davvero non si conosce la possibilità di sterilizzare e la gestione della nutria dipende quindi dalla sensibilità della singola persona che prende le decisioni».

A complicare la gestione della specie è anche la mancanza di una strategia comune: «I comuni non dialogano in fatto di gestione della nutria – spiega ancora il biologo – e questo porta inevitabilmente a ridurre gli effetti degli interventi: le nutrie non riconoscono i confini comunali e migreranno da un territorio ad un altro seguendo l'equilibrio della natura, non le normative degli uomini».

Non solo danni: i benefici delle nutrie nel parco Teodorico

Generalmente, quando si parla di nutrie lo si fa in maniera tutt'altro che lusinghiera e questo è dovuto soprattutto ai presunti rischi sanitari che la sua presenza comporta. Questi rischi sono però stati più volte smentiti dai ricercatori, come riportato nel testo stilato da LAV nel 2018 in cui veniva richiesta una revisione della bozza del Piano di gestione nazionale della Nutria redatto da ISPRA perché: «In relazione ai presupposti che giustificherebbero l’adozione del piano in esame, emergono chiaramente la scarsità, la frammentarietà e l’opinabilità dei dati analizzati».

Secondo Samuele Venturini inoltre, la nutria è vittima di un ulteriore pregiudizio: «Questa specie non va più considerata alloctona, perchè ormai è naturalizzata, ovvero è in grado di riprodursi ed auto-sostenersi senza l’intervento dell’uomo, per questo motivo andrebbe gestita in maniera diversa e bisognerebbe valutare anche i benefici che è in grado di apportare all'interno dell'ambiente di diffusione». Nel Parco di Ravvena ad esempio, la nutria condivide l'habitat con la Gallinella d'acqua: «Si tratta di un volatile che fa uso delle tane del roditore per proteggersi dai predatori – conclude il biologo – Inoltre, le abitudini alimentari delle nutrie comprendono le piante presenti sul fondale dei canali, favorendo così l'ossigenazione e migliorando la qualità della vita dei molluschi. La nutria è la dimostrazione che la natura fa sempre il suo lavoro e mette tutto in equilibrio».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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