Il randagismo è un fenomeno complesso che abbiamo già definito come ecologico-dinamico e caratterizzato dalla presenza di cani vaganti sul territorio. Primo passo è comprendere la differenza tra le distinte tipologie di cani vaganti che possiamo incontrare liberi nelle strade, e non solo, delle città. Questa distinzione e la dinamicità delle interazioni tra le diverse tipologie di cani possono essere riassunte con l’espressione “ecologia del randagismo”. Tale distinzione ci aiuta come cittadini a comprendere un po’ meglio il fenomeno e a identificare eventuali categorie a rischio elevato, come i cani abbandonati o smarriti e a tirare un sospiro di sollievo, ad esempio, quando si tratta di “cani di quartiere” che siano ben accuditi. Rifletteremo inoltre, su come il randagismo sia un fenomeno strettamente influenzato dal territorio, dalle culture e dalle abitudini legate al territorio stesso. Affronteremo questi argomenti su Kodami con diversi approfondimenti, ora inquadriamo invece il randagismo da un punto di vista normativo.
Come è la normativa in Europa
Sarà forse sorprendente per alcuni di voi scoprire che in Europa non esiste una normativa comunitaria specifica sul randagismo, nonostante sia un fenomeno sempre contemporaneo ed estremamente serio e grave in alcuni Paesi europei. Le raccomandazioni di riferimento a livello europeo, e globale in realtà, sono dettate dal il Capitolo 7.7 del Codice Sanitario degli Animali Terrestri (Terrestrial Animal Health Code) dell’OIE. Ma andiamo per gradi.
L’OIE è l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, corrispettivo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per la specie umana. È una organizzazione intergovernativa responsabile del miglioramento della salute degli animali in tutto il mondo. L’OIE ha stilato delle raccomandazioni per il controllo del fenomeno del randagismo a livello globale. Queste linee guida sono molto generiche in quanto devono soddisfare i principi culturali e considerare le risorse economiche, gestionali e strutturali di una vasto numero di Paesi. L’OIE stabilisce quindi degli standard minimi, che non possono essere definiti universali considerando che, per esempio, tra i metodi di eutanasia include pratiche inumane come colpi d’arma da fuoco e altre pratiche che mi rifiuto anche solo di citare.
Normativa italiana sui cani randagi, come stanno le cose
Probabilmente anche per quanto riguarda il nostro Paese c’è qualcosa che molti non sanno. In Italia il cambiamento storico e radicale è avvenuto al principio degli anni ’90, con la promulgazione della Legge Quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Questa legge è stata la base per porre la tutela degli animali d’affezione come finalità dello Stato e affermare il loro diritto alla vita ed è ha rappresentato sicuramente un salto di qualità nell’etica del Paese. Venne posta, infatti, la parola fine alla pratica di soppressione degli animali recuperati dal territorio e non reclamati. Perché sì: fino a quel giorno nei canili italiani si praticava eutanasia a centinaia di cani ogni giorno. Venne quindi introdotto il modello di canile rifugio, dove ospitare i cani per ammortizzare il fenomeno del randagismo. Bisogna ammettere però che la gestione del cambiamento è avvenuta in maniera poco strategica e che le risorse messe in campo non sono state sufficienti per evitare che i canili diventassero luoghi di sovraffollamento.
Tornando alla nostra legge nazionale, essa sancisce il principio per cui la lotta al randagismo è basata sulla prevenzione del fenomeno attraverso il controllo demografico, l’obbligatorietà dell’identificazione dei cani e il riconoscimento dei proprietari come responsabili dei propri animali. La legge spartisce ruoli e responsabilità tra Comuni e Regioni, tra cui l’obbligo per queste ultime di istituire l’anagrafe canina, e determina le sanzioni per l’abbandono degli animali e la mancata iscrizione in anagrafe. La Legge Quadro è supportata da altre normative che ampliano e approfondiscono alcune tematiche chiave. Esempi sono le Ordinanze e gli Accordi Stato-Regioni sull’obbligatorietà dell’identificazione e della registrazione dei cani in anagrafe come strumento essenziale per il controllo del randagismo e la Legge 189/04 che, tramite la modifica all’art. 727 del Codice penale sull'abbandono degli animali, amplia le sanzioni che da amministrative diventano penali.
Il ruolo delle Regioni secondo la legge 281/91 sulla prevenzione del randagismo
La Legge 281/91 è definita “Legge Quadro” perché ogni Regione dello stato italiano deve promulgare una legge territoriali basata su quanto sancito dalla legge nazionale. La normativa di riferimento per il controllo del randagismo è quindi sempre regionale e come cittadini dovremmo conoscere i contenuti della legge del nostro territorio. Le leggi regionali sanciscono in maniera dettagliata i distinti punti per il controllo del randagismo introdotti dalla legge nazionale, con la possibilità di ampliare, e mai di ridurre, alcune strategie d’attuazione. Ad esempio, come strategia per ammortizzare il fenomeno, alcune Regioni (del Sud Italia soprattutto) hanno introdotto la figura del cane di quartiere tramite la pratica della “cattura, sterilizzazione e reimmissione sul territorio”. Le Regioni hanno anche il compito di legiferare sulla qualità strutturale e gestionale dei canili.
Osservazioni e criticità: trent’anni dopo la legge quadro 281
Tutte le Regioni avrebbero dovuto recepire la Legge Quadro entro sei mesi dalla sua emanazione ma nella realtà dei fatti tale adempimento è avvenuto solo nel 2001. Ne deriva che alcune Regioni hanno impiegato quasi dieci anni per realizzare il risultato richiesto e comunque tutte hanno recepito il piano in tempistiche diverse. Inoltre, le differenze in campo amministrativo e legislativo tra i vari territori, anche di aree contigue, ne hanno reso più difficile una sistematica attuazione e un coordinamento a livello nazionale. Ad oggi, trascorsi trent’anni dall’emanazione della Legge Quadro, possiamo affermare che la normativa è stata innovativa nel suo tempo e valida nell'impianto e nei principi, ma che al giorno d’oggi è obsoleta e non risulta sufficiente nell'attuazione pratica, con molte tematiche arretrate rispetto alle situazioni attuali.
Esempio può essere già solo l’assenza dell’Anagrafe Canina nazionale, che non permette una reale ed estemporanea tracciabilità dei cani. Inoltre, non è stata prevista una consequenzialità strategica degli interventi. Non ci si è concentrati, ad esempio, sulla prevenzione del fenomeno basata su una valutazione epidemiologica di partenza e di percorso ma piuttosto sull’utilizzo dei canili rifugio di lungodegenza. Questo ha comportato una situazione che è sotto gli occhi di tutti, con risorse impiegate per mantenere rifugi pieni e la situazione del randagismo sostanzialmente immutata in alcune Regioni. Inoltre, da un punto di vista amministrativo, un finanziamento inadeguato, con differenze notevoli tra diverse Regioni e una inadeguata allocazione delle risorse su un piano strategico hanno fatto sì che la situazione potesse solo peggiorare.
Da anni è stata presentata una proposta di legge recante modifiche alla Legge Quadro. L’esame di tale proposta ritenuta “urgente e necessaria”, che vede però paradossalmente iniziare il suo iter nell’aprile 2009, non si è ancora concluso. Tale proposta pone come obiettivo integrazioni e modifiche di temi già disciplinati dalla legge quadro, prendendo atto della persistenza del fenomeno randagismo, al fine di incentivarne una gestione appropriata senza spreco di risorse, e della cresciuta sensibilità collettiva verso gli animali.