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12 Maggio 2021
8:08

Le modalità più strambe per sfuggire ai predatori

Dalle gazzelle rimbalzanti, alle lucertole splatter, passando per il pulcino che giace a terra, zampe all’aria, fingendosi morto, e i granchi zombie: sono davvero incredibili, talune da oscar per il migliore attore protagonista o per i migliori effetti speciali, le tattiche che alcuni animali sono capaci di architettare per dissuadere o confondere un predatore affamato, impedendogli di compiere l’attacco fatale.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Metti che sei una gazzella. In particolare, sei un esemplare appartenente alla specie Eudorcas thomsonii, dal nome dell’esploratore britannico Joseph Thomson.

Sei lì, intenta a brucare la vegetazione bassa di una pianura sterminata del Serengeti, in Africa. A un tratto, movimenti sospetti attirano la tua attenzione, con la coda dell’occhio scorgi la sagoma di un ghepardo (Acinonyx jubatus) che si avvicina furtivamente. Il ghepardo è il tuo acerrimo nemico, lo sai da sempre, lo sanno tutti nel branco.

Quindi cosa fai per evitare di essere catturata? Potresti rimanere immobile per non attirare l'attenzione. Oppure potresti anche schiacciarti a terra, camuffandoti con lo sfondo. Invece ti ricordi di essere una gazzella di Thomson, e una vera “tommie”, davanti a un ghepardo affamato, per prima cosa lo fissa, puntandolo con la testa e il collo ben estesi verso di lui. Un comportamento che gli etologi definiscono "di fascinazione". Il ghepardo non molla, sta per inseguirti, e allora che fai? Inizi a saltare a zampe tese, più in alto che puoi. Fai salti alti due metri, neanche fossi un’antilope, e intanto gli mostri le tue candide chiappe bianche. Insomma, ti rendi incredibilmente facile da vedere! E, paradossalmente, la tua reazione, che chiamiamo “stotting” (“rimbalzare”), funziona.

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Gazzella di Thomson (Eudorcas thomsonii)

Segnalare al predatore che l’attacco sarebbe una perdita di tempo e di energia

Attuando il comportamento di fascinazione e lo stotting, la gazzella di Thomson mostra al ghepardo tutto il proprio vigore, in pratica gli dice: sappi che ti ho visto, non ti temo e sono piena di energia, quindi sarà dura, per te, riuscire a prendermi! E, in effetti, il messaggio arriva forte e chiaro ai ghepardi che, in queste circostanze, solitamente girano i tacchi e abbandonano la battuta di caccia. Un altro animale che dissuade dall’attacco il predatore, avvisandolo di essere in splendida forma fisica, e quindi una preda troppo faticosa da acciuffare, è Anolis cristatellus, una lucertola dalle abitudini diurne, che vive a Portorico e in altre isole dei Caraibi. È un sauro di medie dimensioni e i maschi adulti si riconoscono perché una cresta corre dorsalmente lungo il corpo, fin sulla coda. Se un Anolis cristatellus si accorge di essere nel mirino di un serpente o di un gheppio americano (Falco sparverius) si cimenta in una serie di flessioni, il cui numero è direttamente proporzionale alla sua resistenza nella corsa: più flessioni compie, più è in grado di correre senza fermarsi, scappando dal predatore che ha appena minacciato. In tal modo, di fatto, conferma la natura onesta del segnale e la sua funzione dissuasiva.

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Gheppio americano (Falco sparverius)

Per chi è già nelle grinfie del predatore, può essere utile fingersi morti

Ci sono animali che, se un predatore è troppo vicino o li ha già nelle sue grinfie, per cui la fuga non è più un’opzione possibile, tentano di scoraggiare l’uccisione fingendosi morti. E’ il caso di piccoli mammiferi come l’opossum, ma anche di alcuni rettili e uccelli. Chiamata anche tanatosi, dal greco antico: θάνατος, thánatos (“morte”), è una strategia antipredatoria conosciuta da tantissimo tempo, alla base delle conoscenze sull’ipnosi animale, che può funzionare perché molti predatori non sono interessati a pasteggiare con le carogne. Se un pulcino si trova in prossimità di un predatore, sapete che fa? Entra in uno stato di immobilità tonica che può durare a lungo, anche 5-10 minuti: significa che va in blocco motorio, ma dal punto di vista sensoriale è del tutto presente. Ogni tanto apre gli occhi e sbircia, però, per vedere se il predatore è ancora lì, e in tal caso, l'immobilità tonica continua. Quando, finalmente, il predatore desiste e si allontana, allora il pulcino si scuote, si “risveglia” e riprende la sua vita.

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Opossum della Virginia (Didelphis virginiana)

Le strategie antipredatorie del genere “splatter”

Poi ci sono specie animali che, quando vengono minacciate, utilizzano tattiche di sopravvivenza “splatter”, che Tarantino scansate proprio!

Ci sono quelli che, per aumentare le proprie probabilità di avere salva la vita, distraggono il predatore praticando l’autotomia, ossia sacrificano volontariamente parti del corpo non essenziali, che poi in tempi relativamente rapidi si rigenerano. Questi zombie del regno animale si trovano in una gran varietà di taxa: si va dalle salamandre, e alcune specie di lucertole e di roditori, che, di fronte a un attacco, sacrificano la coda, ai granchi, che perdono i chelipedi, mentre i ragni ci lasciano le zampe e le stelle marine le braccia. E poi ci sono i cetrioli di mare (Holothuroidea), che addirittura si auto-eviscerano: per spaventare il potenziale predatore, un pesce, ad esempio, o un granchio, i cetrioli di mare espellono i propri organi interni, che poi, pochi giorni dopo, tornano come nuovi.

Il rilascio di sostanze chimiche

Delle puzzole (Mustela putorius) che, se minacciate, sganciano una secrezione tossica dalle ghiandole anali abbiamo già parlato. Ma della lucertola cornuta del Texas (Phrynosoma cornutum) non diciamo nulla?

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Lucertola cornuta del Texas (Phrynosoma cornutum)

A questo piccolo rettile originario delle Montagne del deserto di Sonora, in Messico, non basta avere il corpo ricoperto di squame e una colorazione altamente camuffante. Se un coyote ha l’ardire di avvicinarsi troppo, e di importunarlo, i suoi seni oculari si ingorgano di sangue e le palpebre si gonfiano. Non appena si sente afferrato, contrae i due muscoli costrittori che rivestono le vene principali intorno agli occhi e, da qui, schizza sangue direttamente nelle fauci del malcapitato predatore. Il sangue, che ha un sapore sgradevole, induce il coyote a fare un passo indietro, scuotendo la testa con disgusto e strofinandosi il muso, mentre la lucertola, indenne, se la svigna.

Ancora una volta la natura supera la fantasia, o forse dovremmo dire la fantascienza.

Bibliografia

Leuthold W. (1977). African ungulates. A comparative review of their ethology and behavioral ecology. Springer-Verlag, pp 307.

Kerstin Wasson, Bruce E. Lyon, Flight or fight: flexible antipredatory strategies in porcelain crabs, Behavioral Ecology, Volume 16, Issue 6, November/December 2005, Pages 1037–1041

Sherbrooke, W.C., & Mason, J. (2005). Sensory modality used by coyotes in responding to antipredator compounds in the blood of Texas horned lizards. Southwest Naturalist 50:216–222.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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