Con i suoi 800/1000 esemplari la lontra rimane una specie vulnerabile, ma dopo decenni “la signora dei fiumi” è tornata in Friuli, in Veneto, in Alto Adige, in Lombardia e in Liguria. E anche nel Lazio, come attestava il WWF già alla fine dello scorso anno, dove è probabile che il suo ritorno sia avvenuto direttamente via mare.
Nella Giornata Mondiale della Lontra, che si celebra come ogni anno il 31 maggio, si inizia a intravedere una speranza per questo morbidissimo roditore massacrato per decenni per la sua pelliccia. I dati del monitoraggio promosso dal WWF Italia in collaborazione con l'Università del Molise, a quasi 40 anni dal primo censimento, infatti, confermano i segnali di ripresa di uno dei mammiferi più rari in Italia.
Il monitoraggio delle lontre in Italia
La popolazione italiana di lontre è concentrata soprattutto nel meridione, distribuita tra Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e in aumento in Abruzzo e Molise grazie anche all’avvenuto contatto tra i nuclei presenti. Partendo da questo dato di fatto lo studio, basato su un monitoraggio diretto, aveva l’ambizione di verificare se nel Centro e nel Nord d’Italia la situazione fosse in qualche modo cambiata rispetto al passato, confermando un altro studio della fine del 2022 che ne attestava il ritorno nel Veneto.
«Le notizie sono certamente confortanti – spiega a Kodami Antonio Canu della Fondazione WWF Italia – Gruppo Lontra – Sicuramente all’inizio del ‘900 la lontra era presente in tutta la penisola italiana, come testimoniato da tutti i rapporti sulla fauna in Italia. Poi nell’84/85 il primo censimento nazionale WWF che stima la presenza di circa 100 esemplari o poco più in tutta la nazione. Da quel censimento emerse che solo il 6% dei 1.300 siti monitorati erano effettivamente occupati dalla specie. Una situazione, quindi, di prossimità all’estinzione. A seguire si ricordano solo studi regionali in cui la densità dei nuclei inizia a manifestarsi maggiore ma ancora molto frammentata perché questi nuclei di lontre non sono in contatto fra di loro. Si arriva così all’attuale censimento con un monitoraggio per il quale il WWF si è avvalso del prezioso supporto scientifico dell’Università del Molise, che vanta una delle maggiori esperte mondiali sulla specie, con cui è stato messo a punto un protocollo standardizzato raccomandato dall’Otter Specialist Group dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura). Il censimento è coordinato da referenti regionali che stanno verificando sul campo i siti selezionati all’interno di celle di griglia di 10x10km, anche con il supporto di esperti, volontari e appassionati».
Lo studio, che si concluderà quest’estate, offre già un quadro della situazione con notizie confortanti in alcune aree geografiche ma con riscontri ancora negativi in altre. «In particolare, la lontra è tornata in alcune regioni del Nord, da dove non era stata più segnalata da decenni. È il caso del Friuli-Venezia Giulia, dell’Alto Adige, della Lombardia, della Liguria e per quanto riguarda il Centro, del Lazio. Segnalata anche nel Veneto, in provincia di Belluno. Si conferma invece assente in Piemonte – a parte un nucleo reintrodotto nel parco regionale del Ticino – in Emilia-Romagna, in Toscana, in Umbria e nelle Marche. Il quadro che si può delineare è che si sta assistendo ad un ritorno della specie sull’arco alpino e man mano più a valle, grazie allo sconfinamento di esemplari provenienti dall’Austria, dalla Slovenia e dalla Francia».
Le lontre nel Lazio
Particolare poi la situazione del Lazio. Un tempo diffusa su tutto il territorio regionale fino ad essere segnalata nelle acque del Tevere all’interno delle mura di Roma la lontra è rimasta stabile fino all’inizio del 1900 frequente un po’ ovunque nei fiumi di pianura e di collina e meno segnalata lungo i torrenti montani. Negli anni 70 mostra una prima riduzione ufficiale rispetto al secolo precedente, con casi di estinzione locale. Una situazione che si ripete in gran parte della Regione, con le ultime segnalazioni limitate all’alto Lazio fino a scomparire del tutto verso la fine degli anni 90 del Novecento.
«Con il monitoraggio sono stati rilevati segni positivi all’interno del bacino fluviale del Liri-Garigliano. L’ipotesi è che la presenza delle lontre, in numero più evidente rispetto alle altre regioni monitorate, potrebbe non la conseguenza dell’espansione della popolazione residente nel Meridione, ma di un arrivo dal mare. «Qualche individuo infatti – spiega Canu – potrebbe essere arrivato lungo la costa fino al fiume Volturno e poi da lì, potrebbe aver risalito gli altri corsi di acqua dolce. Non è un caso, infatti, che siano stati registrati esemplati a Castellammare, a Capri e in Costiera Amalfitana».
Considerata fino agli anni 70 un animale nocivo, la lontra ha cominciato ad essere cacciata massicciamente per la sua pelliccia. In seguito, è stata la distruzione del suo habitat naturale a continuare a farne diminuire il numero di esemplari. «È stato soprattutto l’intervento sui fiumi quello che ha provocato i danni maggiori – aggiunge l’esperto del WWF che sottolinea – le interruzioni di percorso, la cementificazione, l’uso dei pesticidi in agricoltura che ha fatto diminuire i pesci e quindi le prede di cui si nutrono. Tutto questo ha contribuito alla sua scomparsa quasi definitiva». Almeno fino a quando non si sono cominciate a prendere strade alternative.
L’importanza delle aree protette e delle oasi
Tra le azioni principali a salvaguardia della lontra da parte del WWF c’è stata la creazione di una rete di aree protette fondamentali per la conservazione della specie, come l’Oasi di Persano, Grotte del Bussento e Lago di Conza in Campania, Pantano di Pignola e Policoro in Basilicata, Cascate del Verde in Abruzzo, e il sostegno alla realizzazione progetti di tutela più vasti come il parco nazionale del Cilento-Vallo di Diano e Monti Alburni. «Le oasi e in generale le aree naturali protette hanno garantito la sopravvivenza di quelle condizioni fondamentali affinchè le lontre potessero vivere e procreare – aggiunge Canu – fiumi dalle acque non inquinate, ricche di pesce da predare e dalle sponde non cementificate ma ancora ricche di anfratti e di rifugi naturali dove le lontre possono fermarsi a dormire e trovano la giusta tranquillità per procreare».
Se il primo obiettivo del monitoraggio e dello studio WWF – Università del Molise è quello di fotografare la reale situazione della presenza della lontra in Italia, il suo obiettivo secondario, ma non meno importante, non può che essere individuare i passaggi successivi per il suo ritorno a quello che viene considerato il limite vitale minimo per una popolazione, cioè il superamento dei 1000 esemplari. «Se oggi si può quindi immaginare concretamente un ritorno al passato della lontra, quando abitava tutta la penisola, lo si deve alle tante azioni di tutela e conservazione messe in atto negli anni. Se un tempo era la distruzione diretta la causa di diminuzione, per la pelliccia in particolare, nel tempo è stata la perdita o il degrado degli habitat frequentati, quelle aree fluviali in particolare, che nel nostro Paese hanno subito drastiche trasformazioni. La sfida oggi è quella di favorire la connessione tra la popolazione vitale del Meridione e di parte del Centro, con quella Centro-Settentrionale. Non sarà facile e ci vorrà tempo, ma questo è lo scenario su cui si sta lavorando – conclude Canu – Con un’attenzione anche a risolvere una minaccia sempre più frequente soprattutto dove le lontre si spostano con più frequenza: quella di finire investite sotto le auto. Almeno 50 negli ultimi anni».