Le locuste del deserto, famigerate per le loro devastanti invasioni che distruggono interi raccolti in pochi giorni, nascondono un segreto affascinante: possiedono mandibole auto-affilanti a forma di forbici, rinforzate con lo zinco. Questo incredibile adattamento è stato recentemente svelato da un nuovo studio pubblicato su Interface Focus, frutto del lavoro di Ulrike G.K. Wegst, professoressa di fisica alla Northeastern University, in collaborazione con il biologo Oliver Betz dell'Università di Tübingen e Peter Cloetens dell'European Synchrotron.
La scoperta rivela che le mandibole delle locuste accumulano alte concentrazioni di zinco che induriscono le loro "parti boccale a forma di pala". Questo rinforzo avviene in modo particolare rispetto alla cuticola circostante, rendendo le mandibole incredibilmente efficaci nel taglio e nella triturazione del materiale vegetale. Lo scheletro esterno delle locuste, come negli altri insetti e artropodi, è composto principalmente da chitina, tuttavia varia in flessibilità e durezza a seconda delle parti del corpo e delle necessità dell'animale.
Le mandibole rinforzate con lo zinco, funzionano quindi in modo molto simile a un paio di forbici auto-affilanti. E così, ogni volta che le due metà delle mandibole si sfregano l'una contro l'altra, si affilano reciprocamente diventando sempre più taglienti. Questo processo è reso possibile proprio grazie ai bordi rinforzati di zinco che, ogni volta che tagliano qualcosa, rimuovono la chitina più morbida attorno a loro, mantenendo così un taglio sempre netto, preciso e soprattutto efficace.
I ricercatori lo hanno scoperto un sincrotrone, un particolare acceleratore di particelle, e impiegando raggi X per analizzare la distribuzione dello zinco nelle varie parti delle mandibole degli insetti. La luce del sincrotrone, con la sua intensa energia, ha permesso poi di creare un modello tridimensionale delle mandibole, mostrando come i bordi più duri tagliano via la chitina più morbida man mano che si sfregavano tra loro. Questo meccanismo, definito da Wegst come "molto ingegnoso", garantisce che le mandibole rimangano affilate il più a lungo possibile, nonostante l'usura inevitabile.
Anche se le mandibole delle locuste si auto-affilano, alla fine si consumano proprio come accade con i denti degli altri animali. Tuttavia, le locuste risolvono questo problema mutando regolarmente il loro esoscheletro, rigenerando così le loro parti boccale rinforzate con zinco. Questo sistema di rigenerazione continua è fondamentale per la sopravvivenza delle locuste, permettendo loro di mantenere un'efficienza di taglio sempre alta e costante per il consumo di materiale vegetale.
Questa scoperta non solo getta luce su un aspetto affascinante della biologia delle locuste, permettendoci di capire come riescano a distruggere interi raccolti in pochissimo tempo, ma apre anche la strada a possibili applicazioni nel campo del design biomimetico, ovvero quando il design, la tecnologia e l'architettura si ispirano alla natura e alla biologia. Capire come le locuste distribuiscono lo zinco nelle loro mandibole per ottenere durezza e autoaffilatura, potrebbe infatti ispirare nuove tecnologie e materiali.
Gli stessi autori sottolineano infatti l'importanza di comprendere meglio i principi di funzionamento della natura e degli animali per sviluppare nuove soluzioni durevoli e sempre più resilienti, utilizzando anche le risorse già esistenti in modo più efficiente. In conclusione, le mandibole autoaffilanti delle locuste del deserto (Schistocerca gregaria) rappresentano un esempio straordinario di adattamento evolutivo, offrendoci al tempo stesso nuove prospettive per la ricerca scientifica e per le applicazioni tecnologiche future.