Un avvistamento raro, soprattutto perché avvenuto alla luce del giorno: nel territorio del Parco dell’Antola, in alta Val Trebbia, ai piedi dell’Appennino ligure, le fototrappole del fotografo naturalista Paolo Rossi hanno immortalato nientemeno che un esemplare di gatto selvatico (Felis silvestris), elusivo “parente” del gatto domestico.
A condividere le foto è stato direttamente l’ente parco, che ha usato un pizzico di ironia per parlare di quello che ha definito «uno sfuggente abitante della Val Trebbia. C'è chi ha vip in piazzetta, pronti a regalare selfie e scatti da condividere – hanno sottolineato – c’è chi ha il gatto selvatico che invece difficilmente si fa avvicinare, molto genovese nel modo di fare. Ma preferiamo le nostre star mantengano la distanza, per il loro bene e per evitare incidenti con ammaliati escursionisti che potrebbero non resistere alla tentazione di avvicinarlo».
A documentare la presenza del gatto selvatico tra i monti dell’Appennino nelle province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza è, ormai da diversi anni, Paolo Rossi, che nel 2021 ha dedicato a questo animale un libro, e che nel 2019 è riuscito a filmarlo per la prima volta in una delle valli più selvagge dell’Appennino Ligure insieme con il collega e amico Nicola Rebora. Le immagini sono state raccolte in un documentario, in cui i filmati registrati con l'ausilio di video-trappole mostrano pochi ma preziosi video del "fantasma dei boschi”. E sempre tre anni fa, Rossi e Rebora sono riusciti a immortalare una femmina di gatto selvatico con due cuccioli, documentando in modo inequivocabile la riproduzione della specie nell'Appennino Nord-Occidentale.
«Si tratta a tutti gli effetti delle prime e uniche immagini di gatti selvatici in libertà in queste zone – spiega Rossi – Per anni il gatto selvatico ha ingannato tutti, anche gli accademici più accaniti. Per noi era una vera sfida. Pensare di fotografarlo appostandosi come per il lupo era essere sconfitti in partenza. A differenza del lupo che si muove in branco e segna il territorio, il gatto selvatico lascia pochissimi segni. Lo abbiamo ripreso grazie alle fototrappole. La prime volte non credevo ai miei occhi, poi un ricercatore molto esperto, Stefano Anile, ci ha confermato che si trattava di un gatto selvatico a tutti gli effetti. Difficile dire quanti sono. Si può solo fare le stima di una densità di popolazione di 10 soggetti su 100 km quadrati. Abbiamo scelto zone dell’Appennino ligure sopra i 900 m di quota, in alta val Trebbia e in Val Borbera, luoghi che l’uomo nel ‘900 ha progressivamente abbandonato».
Il gatto selvatico europeo si distingue dal gatto domestico – con cui, come è detto, è imparentato – da una colorazione e un disegno piuttosto tipici. La coda è a forma di clava con anelli neri molto ben definiti, e sul dorso presenta una striscia nera che termina all’attaccatura della coda, sulla testa e sul collo ha una serie di striature caratteristiche in numero e distribuzione ed le striature sono rigorosamente a “lisca di pesce”, ben definite, senza interruzioni, distribuite sui lati del corpo.
Come confermato anche da Rossi, che da anni “lo insegue”, si tratta di un animale estremamente elusivo, perlopiù notturno e particolarmente resistente ai tentativi di addomesticamento. Vive in zone impervie, lontane dalla contaminazione umana e alleva i suoi piccoli in cavità delle rocce o alberi che usa come tane fino a quando la cucciolata non raggiunge la totale indipendenza. È estremamente territoriale, non ha relazioni sociali con i propri simili se non durante il periodo degli amori, dopo il quale maschio e femmina si separano per non incontrarsi, potenzialmente, mai più. Riuscire a fotografarlo dunque, soprattutto alla luce del giorno, è un’impresa decisamente fuori dal comune.