Le giraffe sono tra gli animali più carismatici dell'intero continente africano e le diverse specie (o sottospecie a seconda dei punti di vista) si riconoscono osservando dettagliatamente soprattutto il disegno che forma il mosaico delle loro macchie. Fra le popolazioni considerate maggiormente in pericolo c'è sicuramente la giraffa masai (Giraffa camelopardalis tippelskirchi) diffusa propria alle pendici del monte Kilimangiaro. Per diversi decenni gli scienziati hanno tentato di salvaguardare questa popolazione a rischio, credendo che l'impegno profuso fosse sufficiente a garantire loro la sopravvivenza.
Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Penn State dimostra però che questa particolare giraffa è invece ancora considerevolmente in pericolo di estinzione, anche per il fatto di essersi isolata geneticamente, non riproducendosi con altre popolazioni più lontane dalla Great Rift valley. Ad aggravare ulteriormente il rischio di estinzione, ci sono poi il bracconaggio e altre attività antropiche illegali, che nel corso degli ultimi decenni hanno spinto le giraffe masai a diminuire di numero, fino a raggiungere le 35.000 unità oggi esistenti in natura.
«L'habitat delle giraffe masai è molto frammentato, in parte a causa della rapida espansione della popolazione umana nell'Africa orientale negli ultimi 30 anni e della conseguente perdita di habitat della fauna selvatica – hanno chiarito diversi ricercatori della Penn Stat. – Inoltre, la Great Rift Valley attraversa l'Africa orientale e i ripidi pendii delle sue scarpate sono barriere quasi invalicabili per gli spostamenti della fauna selvatica».
Il ruolo della Rift Valley è molto importante per l'attuale condizione di salute delle giraffe masai, affermano gli scienziati nello studio pubblicato su Ecology and Evolution, visto che continua a limitarle geograficamente e a impedire che possano incrociarsi con le popolazioni occidentali. Esistono però due importanti eccezioni, che permettono di avere un certo grado di speranza per il futuro di questi animali.
Studiando infatti il flusso genico fra le popolazioni di giraffe che abitano le due sponde della Rift Valley, si è osservato come in due punti della grande spaccatura i tentativi di riproduzione fra le due popolazioni si sono interrotte "più recentemente" rispetto alla media. Questi tentativi di riproduzione si sono infatti fermati fra 250.000 e 1.000 anni fa, a secondo se prendiamo in considerazione i movimenti delle femmine o dei maschi all'interno del territorio.
«Presi insieme, questi risultati suggeriscono che le popolazioni di giraffe su ciascun lato della spaccatura sono geneticamente distinte, con ciascuna popolazione che ha una diversità genetica inferiore rispetto a se fossero una popolazione unica e interconnessa più grande – ha detto Lan Wu-Cavener, uno dei principali autori dello studio – Ciò suggerisce che le giraffe masai sono più a rischio di quanto pensassimo in precedenza e che gli sforzi di conservazione per ciascuna popolazione dovrebbero essere considerati in modo indipendente ma in modo coordinato. Se però questi paesi aumentano la protezione delle giraffe masai e dei loro habitat, migliorerebbero sicuramente le loro condizioni di vita», soprattutto se permetteranno alle due popolazioni di incontrarsi, consentendo così di ridurre i pericoli della consanguineità che mettono a rischio le giraffe che abitano ai piedi del Kilimangiaro.
L'isolamento riproduttivo e la consanguineità, come affermano da tempo diversi biologi della conservazione, rappresentano una grossa minaccia per molti animali, poiché una popolazione piccola che non ha scambi genetici con altre, accumulerà un maggior numero di mutazioni negative, che nel tempo riducono complessivamente la salute e la sopravvivenza degli animali. Eliminare questo fattore dunque è sarà fondamenta per consentire alle specie minacciate di sopravvivere a prescindere dal numero di individui rimasti in natura.