L'ornitorinco è molto probabilmente il mammifero più strano e unico del pianeta, almeno da un punto di vista evolutivo. Depone le uova, ha un becco d'anatra, la sua pelliccia è bioluminescente, i maschi hanno speroni velenosi ed è in grado di individuare e seguire le sorgenti elettriche emesse dalle sue prede. Quella dell'ornitorinco, che insieme alle echidne forma l'arcaico ordine dei monotremi, è infatti una storia biologica antichissima, iniziata quasi 190 milioni di anni fa. Ma le sua unicità è seriamente minacciata dalle attività umane e i naturalisti e biologici sono molto preoccupati per il declino che stanno subendo alcune popolazioni.
Tra i tanti pericoli che minacciano il futuro dell'ornitorinco ci sono anche le dighe, come è emerso da un nuovo studio pubblicato su Communications Biology. Gli autori hanno esaminato la genetica delle popolazioni che vivono nei fiumi con e senza dighe nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, e hanno scoperto che gli sbarramenti sono un ostacolo importante che impedisce i movimenti e la dispersione degli animali, riducendo in maniera significativa il flusso genico.
I ricercatori del Platypus Conservation Initiative hanno estratto e analizzato il DNA prelevato dal sangue degli ornitorinchi che vivono al di sotto e al di sopra di cinque grandi dighe, confrontandolo successivamente anche con quello delle popolazioni che invece vivono in quattro fiumi vicini ma senza sbarramenti. Utilizzando migliaia di marcatori molecolari, hanno scoperto che gli ornitorinchi che vivono a monte e valle delle dighe erano geneticamente molto diversi, il che vuol dire che non si stavano più incontrando e accoppiando tra loro anche se abitavano lo stesso corso d'acqua.
Gli ornitorinchi sono mammiferi semi-acquatici che possono muoversi anche sulla terraferma, tuttavia trascorrono buona parte della loro vita in acqua. Non riescono ad aggirare le grandi dighe, che di conseguenza ne limitano gli spostamenti, isolano da un punto di vista riproduttivo le popolazioni e riducono o addirittura azzerano il flusso genico, rendendo a lungo andare sempre più vulnerabili queste popolazioni. L'isolamento aumenta infatti la consanguineità, riduce la variabilità genetica e impedisce agli animali di colonizzare nuove aree oppure di occupare territori dove non ci sono più ornitorinchi.
Analizzando il DNA, i ricercatori hanno anche calcolato il momento esatto in cui queste popolazioni hanno iniziato a isolarsi e differenziarsi da un punto di vista genetico, scoprendo che tutto è cominciato nell'anno esatto in cui sono state costruite le dighe. Naturalisti e biologi sospettavano da tempo che le dighe potessero rappresentare una seria minaccia per gli ornitorinchi, ma adesso ci sono anche le prove, che avranno sicuramente delle forti ricadute per la conservazione della specie.
Argini, canalizzazioni, barriere e soprattutto dighe, sono tra le minacce principali per la sopravvivenza di numerose specie d'acqua dolce in tutto il mondo, soprattutto per quelle più piccole come invertebrati, anfibi e pesci. Alterando il naturale scorrimento dei corsi d'acqua, gli animali non riescono fisicamente a passare da una parte all'altra, impedendo a specie come salmoni, anguille e storioni anche di risalire i fiumi e completare le migrazioni. Solo in Europa ci sono più di un milione di barriere destinate certamente ad aumentare, anche in risposta all'emergenza climatica ed energetica che stiamo vivendo. Ma la soluzione esiste, ed è anche molto efficace: si chiama ripristino dei fiumi e degli ecosistemi.
La "semplice" eliminazione delle barriere, con il ripristino naturale del corso dei fiumi, si è già dimostrata essere l'azione più rapida ed efficace per favorire la ripresa delle popolazioni ittiche migratorie. Dove sono state eliminate le vecchie dighe ormai andate in disuso, i pesci sono tornati, e ne hanno giovato tutti. Gli ecosistemi si sono ripresi, le popolazioni sono aumentate e persino la pesca in mare è cresciuta. Per di più, circa il 25% delle barriere che bloccano i fiumi sono ormai vecchie, o non più in funzione, e potrebbero quindi essere rimosse o restaurate senza problemi.
Eliminarle potrebbe essere molto facile e vantaggioso sotto tutti i punti di vista, da quello ambientale a quello economico. D'altronde anche l'Europa che ce lo chiede, che con La Strategia per la Biodiversità del 2030 si è posta anche l'ambizioso obiettivo di ripristinare il naturale corso dei fiumi per almeno 25mila chilometri. Anche il futuro dell'ornitorinco potrebbe quindi dipendere dal ripristino dei fiumi o dalla rimozione delle barriere. Questi risultati dimostrano chiaramente che le dighe mettono a rischio la vitalità a lungo termine delle popolazioni di ornitorinco, aspetto che dovrà necessariamente essere tenuto in considerazione per la gestione dei corsi d'acqua.
Oltre a considerate la rimozione e sistemi alternativi alle dighe, gli autori propongono di costruire anche corridoi, sottopassaggi o canali che possano permettere agli animali di spostarsi più liberamente, oppure addirittura la traslocazione fisica di singoli individui tra sopra e sotto gli sbarramenti.