I social possono essere un grande aiuto quando veicolano informazione veritiere e utili. Ma possono diventare anche una pericolosa fonte di notizie non verificate, fake o informazioni datate che si replicano talvolta all’infinito e che molto spesso non risolvono proprio nulla. La Rete non dimentica e non è strutturata per fare "da sola" pulizia dei milioni di post falsi, inesatti, vecchi che la popolano: un esempio per tutti è quello del numero verde per segnalare animali in difficoltà, tentativo che non ha mai funzionato davvero e che è stato abortito da molto tempo. Un numero che continua e sopravvivere online principalmente a causa delle decine di migliaia di persone che continuano a condividerlo anche a distanza di anni dalla chiusura.
Analogo discorso vale per le denunce postate su veri o presunti maltrattamenti, talvolta anche attraverso profili palesemente falsi, o su eutanasie annunciate (come quella che gira da tempo su un’intera cucciolata di Golden Retrivier) che, puntualmente, vengono pubblicate e ricondivise, partendo da un post che era falso già alla sua prima apparizione. Un altro post da manuale delle fake news è quello del cane trainato dall’auto, con tanto di striscia di sangue, spacciato sempre come un fatto appena accaduto in Italia, mentre in realtà si tratta di un episodio accaduto in Bosnia molti anni fa.
Diverso è chiedere un consiglio in Rete per una situazione difficile in cui ci si imbatte, come ad esempio un animale ferito, oppure per la ricerca di un’informazione su cosa fare per un piccolo uccellino caduto dal nido. Altro, ancora, è postare segnalazioni di maltrattamento, che non possono certamente essere risolte attraverso i social che quasi sempre si trasformano in uno sfogatoio di commenti tanto aggressivi quanto inutili, portando il tono della discussione a livelli di scarsa utilità. Spesso con attacchi anche ingiustificati alle associazioni, colpevoli di non fare mai abbastanza in favore degli animali, dimenticando però che i compiti di tutela e soccorso dovrebbero essere svolti primariamente dagli enti pubblici, tramite le loro articolazioni territoriali.
Le associazioni fanno quello che possono e se mai si dovesse alzare nei loro confronti una critica dovrebbe essere quella che, talvolta, diano aspettative che non possono sempre assolvere su tutto il territorio. Associazioni e volontariato svolgono attività socialmente utili importantissime, ma non possono essere messe al pari delle istituzioni che hanno il dovere di erogare servizi.
È molto importante dunque che i cittadini conoscano i loro diritti perché solo in questo modo possono contribuire a migliorare la risposta pubblica, proprio grazie alle continue sollecitazioni. Quando si assiste a forme di maltrattamento di animali o a condizioni di custodia inadeguate la miglior cosa è sì usare lo smartphone, ma per telefonare nei casi più gravi al 112, richiedendo un intervento e, appunto, non per fare un post sui social. Spesso, ricordiamolo sempre, l’opportunità di risolvere una situazione e di identificare il responsabile dipende dalla tempestività dell’azione e dalla possibilità di intervenire su una scena che, anche solo dopo qualche ora, potrebbe non essere più la stessa.
Nei casi che invece non richiedono un intervento immediato – non dimentichiamo mai che le forze dell’ordine non devono essere distratte dalle vere urgenze- occorre presentare una segnalazione formale che può viaggiare attraverso una mail, meglio se certificata, in cui illustrare i fatti per i quali si richiede un intervento oppure nel modo tradizionale, ovvero sottoscrivendo un esposto presso gli uffici di Polizia Locale, Carabinieri e Polizia di Stato. Tutte le forze di polizia sono obbligate a ricevere gli esposti o le denunce relative ad ipotesi di reato e hanno l’obbligo di informare l’Autorità Giudiziaria delle azioni fatte e degli accertamenti compiuti.
Può ancora succedere purtroppo, ma fortunatamente con sempre minor frequenza, che chi dovrebbe raccogliere la denuncia del cittadino cerchi di dissuaderlo dal presentarla, oppure addirittura rifiuti di riceverla opponendo una presunta incompetenza. Questo comportamento, oltre a essere poco rispettoso del ruolo che riveste un appartenente alle forze dell’ordine, non è corretto e può essere oggetto di una segnalazione alla Procura della Repubblica per omissione di atti d’ufficio. Il maltrattamento di animali, in tutte le sue possibili e purtroppo molteplici declinazioni, è un reato perseguibile d’ufficio e, pertanto, è di competenza di tutti gli organi di Polizia Giudiziaria che non possono opporre alcun tipo di impedimento alla presentazione di una denuncia.
Al contrario postare un caso di maltrattamento sulla Rete talvolta può rivelarsi controproducente, mettendo sull’avviso il responsabile che potrebbe in qualche modo venirne a conoscenza direttamente oppure grazie a amici e conoscenti. Per questo è sempre meglio denunciare i fatti gravi, mandando copia dell’atto a una, e solo una, delle associazioni di protezione degli animali più attive sul territorio. L’importante è non replicare la segnalazione inviandola a tutti: costituirebbe solo una perdita di tempo per quanti si possano occupare del problema, se sul caso ci stanno già lavorando altri. Inondare le caselle di posta delle associazioni non è un’azione utile quindi, ma è un comportamento controproducente, che diminuisce l’efficacia delle già esigue forze.
Una cosa che è bene sapere è che chi denuncia non corre alcun rischio di subire azioni per calunnia o diffamazione dal denunciato, salvo che non abbia dato informazioni false allo scopo di creare un danno alla persona segnalata. Lo stesso rischio lo corre chi abbia pubblicato sui social, prima dell’accertamento di fatti rilevanti da parte degli organi preposti, informazioni che possano nuocere alla reputazione di un soggetto identificabile, creandogli un danno di immagine. Occorre quindi stare molto attenti a quello che si afferma nei propri post o nei commenti: la Rete non è un tribunale e non può diventare una gogna mediatica, specie quando il dissenso e il diritto di critica sfociano negli insulti.