Come dei piccoli e laboriosi giardinieri le arvicole di Brandt, un roditore che vive tra le praterie della Mongolia centrale, tagliano l'erba per tenere lontani i loro principali predatori, le averle. Lo ha scoperto un team internazionale composto da ricercatori dell'Accademia Cinese delle Scienze, della Northeast Normal University della China e delle Università di Exeter e Florida, che hanno pubblicato i risultati del loro studio sulla rivista Current Biology. I roditori possono quindi modificare attivamente il loro habitat riducendo così il rischio di predazione.
Le averle (con l'accento grave sulla prima E) sono un gruppo di uccelli molto particolari, che pur appartenendo ai piccoli passeriformi possiedono abitudini simili ai rapaci, anche se leggermente più inquietanti. A discapito delle piccole dimensioni sono infatti predatori eccezionali, che catturano una gran quantità di animali, come insetti, rettili, anfibi, uccelli e appunto piccoli roditori. Questi uccelli, presenti con diverse specie anche in Italia, hanno però la macabra abitudine di impalare e conservare le loro prede su spine, cespugli e rami appuntiti, come quelli della graminacea Achnatherum splendens, pianta molto comune tra le steppe della Mongolia interna.
I ricercatori hanno però scoperto che lì dove ci sono un gran numero di averle, le arvicole di Brandt (Lasiopodomys brandtii) investono tantissimo tempo ed energie per liberare i prati dalle graminacee. I roditori non mangiano questa pianta, né la utilizzano in altri modi, semplicemente la tagliano per tenersi al sicuro e limitare la disponibilità di posatoi e rami appuntiti per le averle. La strategia di questi ingegneri dell'ecosistema sembra, tra l'altro, funzionare decisamente bene e offre inoltre ai roditori una visuale migliore per tenere d'occhio gli uccelli in volo.
Quando viene tagliata l'Achnatherum splendens il numero e le visite delle averle si riduce drasticamente e di conseguenza aumentano i tassi di sopravvivenza dei piccoli roditori. Dove invece la graminacea prospera salgono anche i numeri delle predazioni e il tasso di mortalità. Ma l'aspetto più interessante di questo comportamento riguarda soprattutto la plasticità etologica delle arvicole. I roditori tengono infatti in ordine i prati solo se ci sono averle nelle vicinanze, se i predatori sono assenti smettono di tagliarla.
Per scoprirlo gli scienziati hanno messo le arvicole all'interno di recinti protetti da una rete, in questo modo i predatori non potevano entrare e catturare i roditori. Una volta che sono state escluse le averle dal gioco, azzerando quindi il rischio di essere mangiate, le arvicole hanno smesso di tagliare l'Achnatherum, che cresceva agli stessi ritmi con cui cresce nelle aree dove non ci sono i roditori. Le arvicole possono quindi cambiare il loro comportamento da giardinieri a seconda se c'è o meno il rischio di predazione.
Le arvicole di Brandt possono quindi modificare attivamente e a proprio vantaggio la struttura dell'habitat in cui vivono, interferendo direttamente sia sulla composizione della flora che sulle interazione preda-predatore.
Questo studio è un esempio piuttosto eclatante di come una singola specie (in questo caso l'arvicola) possa modificare un intero ecosistema, ma anche un ulteriore elemento sul fondamentale ruolo che può avere l'assenza o la presenza anche solo di un singolo organismo (in questo caso la graminacea) sulle interazioni e gli equilibri tra prede e predatori all'interno degli ecosistemi.
Aspetti certamente da non sottovalutare se si vuole comprendere e gestire al meglio sia gli ecosistemi e che le popolazioni animali. Piantare o meno l'Achnatherum, per esempio, potrebbe risultare decisivo per aiutare le popolazioni di averle, specie in calo un po' ovunque. A patto però che si faccia i conti con i piccoli roditori giardinieri.