Le popolazioni di api (Apis mellifera) sono in crisi ormai da anni e un nuovo studio fa luce sulla diffusa convinzione secondo cui questi insetti isolino naturalmente le loro colonie dal freddo, smentendola. Derek Mitchell, ricercatore presso l'Università di Leeds, nel Regno Unito, ha pubblicato una ricerca sul Journal of the Royal Society Interface, dove esamina il comportamento che le api assumono, stringendosi insieme e formando dei veri raggruppamenti tra i favi, per cercare di mantenere la temperatura al di sopra dei 18°C. A lungo si è creduto che gli insetti dello strato esterno, noto come mantello, isolassero il nucleo del gruppo, ovvero le api al centro.
Adottando le stesse tecniche utilizzate per misurare la perdita di calore dagli edifici, Mitchell ha scoperto che, al contrario di quanto si credesse, il mantello agisce come un dissipatore di calore, invece che come un isolante e ha dichiarato: «Le mie scoperte sono controverse perché i fatto che il mantello isoli le altre api è diventato un vero e proprio principio dell'apicoltura. Il raggruppamento, invece di avere effetti positivi, è un comportamento di sopravvivenza che aumenta lo stress già dovuto al freddo e allo sforzo. Alcune api potrebbero persino mangiare i propri piccoli per sopravvivere. Più che “abbracciarsi” per tenersi al caldo è da intendersi come una lotta disperata per accalcarsi più vicino alla fonte di calore, invece di morire per il freddo».
Se, quando le temperature si abbassano, le api non riescono a produrre sufficiente calore da mantenere la temperatura interna all’alveare sui 18°C, la temperatura vicino alla parete esterna diminuisce e gli insetti, pur di non raffreddarsi, si avvicinano alle api più in profondità, aumentando quindi la conduttività termica, che a sua volta aumenta la perdita di calore. Mitchell, in una sua precedente ricerca aveva già notato che la maggior parte degli alveari fabbricati artificialmente hanno una perdita di calore sette volte maggiore rispetto ai nidi naturali e che molti apicoltori utilizzano ancora arnie inadeguate progettate negli anni 30 e 40.
«Voglio condividere la mia ricerca, aumentare la consapevolezza sui problemi del benessere delle api e aiutare a educare gli apicoltori sulla complessa interazione tra la colonia e i termofluidi – calore, radiazioni, vapore acqueo, aria – con il comportamento e la fisiologia delle api», ha commentato il ricercatore. Queste convinzioni di lunga data hanno incoraggiato gli apicoltori del Nord America a promuovere il raggruppamento forzato delle api attraverso l’uso di “alveari non adeguatamente isolati” causando, loro malgrado stress e danni alle colonie di api. Fortunatamente questa pratica non è invece diffusa nel nostro Paese.