L'axolotl (Ambystoma mexicanum) è un anfibio endemico del Messico centrale, appartenente alla famiglia degli ambistomatidi e al genere Ambystoma. È in grave pericolo di estinzione a causa della riduzione del suo habitat (rappresentato dai laghi d'altura che circondano Città del Messico) ma anche per via dell'inquinamento e dell'introduzione, da parte dell'uomo, di specie aliene nel suo habitat.
Questo anfibio dall'aspetto particolare, generalmente raggiunge i 20 centimetri di lunghezza ma, talvolta può arrivare a misurare anche 30 centimetri.
Come è fatto l'axolotl
Gli axolotl hanno branchie esterne che ricordano delle piume e nuotano aiutandosi anche con la lunga coda simile a quella di un'anguilla. La testa è piuttosto grande e gli occhi sono privi di palpebre. Le branchie sono suddivise in tre paia nella parte anteriore del collo e due paia posizionate posteriormente.
I denti sono quasi invisibili, quindi l'axolotl non morde, ma si nutre tendenzialmente per suzione e non mastica le prede.
Può essere di colore verde, rosa, o marrone screziato e, talvolta, nascono individui albini, molto comuni in cattività. Raggiunge una lunghezza media di 20 centimetri, ma può crescere fino a più di 30 centimetri. Nonostante la crescita, questo anfibio rimane nella sua forma larvale acquatica per tutta la vita senza subire metamorfosi.
Il dimorfismo sessuale è rilevabile, nei soggetti adulti, attraverso l'osservazione della cloaca (ovvero la parte terminale dell'intestino della specie) particolarmente allargata nei maschi. Quella delle femmine è più piccola e, inoltre, anche le dimensioni del corpo sono ridotte.
Habitat e distribuzione
Gli habitat nativi dell'axolotl sono i grandi laghi d'alta quota situati vicino a Città del Messico e, più nello specifico, a Nord e a Sud Est della capitale. Purtroppo però, queste zone sono soggette a un continuo declino sia in termini di espansione che di qualità delle acque.
I laghi in questione si chiamano Xochimilco (verso Nord, ad un'altitudine di oltre 2 mila e duecento metri) e Chalco, il quale è invece situato a Sud Est di Citta del Messico. Quest'ultimo, in particolare, è quasi completamente scomparso. Questo trend è comune alla maggior parte dei corpi d'acqua della zona che, in epoca precolombiana, costituivano il sistema idrico di Città del Messico.
La San Diego Wildlife Alliance descrive la straordinaria tolleranza della specie alle variazioni di temperatura: l'axolotl, infatti, resiste fino a 38°C.
Comportamento e riproduzione
Gli axolotl vivono in media 6/7 anni, ma alcuni individui raggiungono i 10 e addirittura i 15 anni. La riproduzione avviene tra marzo e giugno e le femmine depongono da 100 a 300 uova, che si schiudono dopo 10/14 giorni. I giovani sono da subito indipendenti e raggiungeranno la maturità sessuale nella stagione riproduttiva successiva.
Durante il corteggiamento gli axolotl maschi si approcciano dando una "gomitata" alle femmine e, secondo quanto descritto dal sito Animal Diversity Web, dell'Università di Zoologia del Michigan ha poi inizio una danza in cui entrambi gli animali si muovono in cerchio. Il maschio si allontana poi ondulando con la parte posteriore del corpo e la femmina lo insegue. Sempre il maschio deposita uno spermatoforo (ovvero una massa gelatinosa che contiene gli spermatozoi). La femmina agita a sua volta la coda e raccoglie lo spermatoforo con la sua cloaca.
Gli axolotl sono animali solitari, che possono essere attivi in qualsiasi momento della giornata. Comunicano principalmente tramite segnali visivi e chimici, ma al di fuori della stagione degli accoppiamenti la comunicazione intraspecifica è scarsa, se non addirittura assente.
Alimentazione
L'axolotl è generalmente il principale predatore presente nel suo habitat e mangia tutto ciò che è in grado di catturare, inclusi molluschi, pesci e artropodi. In alcuni casi può inoltre predare anche conspecifici.
Individua le sue prede attraverso la rilevazione dei campi elettromagnetici, ma anche attraverso segnali chimici e utilizzando semplicemente la vista.
Può essere a sua volta preda di pesci più grandi, introdotti dall'uomo all'interno dell'habitat. Anche questo aspetto ha portato alla riduzione del numero di axolotl.
L'axolotl e l'uomo
Il nome dell'axolotl deriva dalla lingua nativa azteca, anche nota come nahuatl. Si potrebbe tradurre, approssimativamente, con la definizione "schiavo dell'acqua", "servitore dell'acqua" o "folletto dell'acqua". Tutti questi nomi si riferiscono al dio azteco Xolotl, fratello di Quetzacoatl, protettore dei morti e dei resuscitati. La tradizione azteca afferma che Xolotl si trasformò, tra le altre cose, in un axolotl per sfuggire all'esilio, ma fu comunque catturato, ucciso e usato per nutrire il sole e la luna.
La specie ha generato un vivo interesse nel campo della biologia, in quanto questo anfibio è capace di rigenerare con successo i propri arti nel caso in cui vengano amputati e anche le parti del corpo rimaste ferite. Secondo quanto riportato in un recente studio della Northeastern University di Boston, i recenti progressi negli strumenti di ricerca genetica hanno permesso di analizzare nel dettaglio le cellule dell'axolotl, favorendo quindi la comprensione dei meccanismi molecolari coinvolti in questo processo di rigenerazione dei tessuti.
Quasi tutti gli axolotl che vivono nei laboratori delle università vengono fatti risalire a 33 individui spediti da Xochimilco a Parigi nel 1864. La IUCN considera la specie come a rischio critico di estinzione, in quanto vi è un continuo declino del numero di individui maturi. La specie è risultata, inoltre, positiva al fungo Batrachochytrium dendrobatidis.
Perché non si può tenere un axolotl in casa?
Da alcuni anni si è diffusa la moda di accogliere in casa, all'interno degli acquari, un axolotl, esattamente come se fosse un animale domestico. Si tratta però di un comportamento estremamente rischioso, perché come ogni animale selvatico, ha necessità etologiche fortemente legate al proprio habitat. Non dimentichiamo che toccare, alimentare e trasferire un axolotl dal luogo in cui si trova in natura porta il soggetto a inevitabili sofferenze.
L'introduzione di questa specie all'interno di un altro ecosistema, inoltre, può rappresentare un rischio anche per quanto riguarda le altre specie presenti, come sottolineato in una ricerca condotta dall'Invasive Alien Species Team olandese e pubblicato dal Ministero degli affari economici dei Paesi Bassi nel 2015.