Erano partiti alla fine di settembre dal molo Sant’Eligio di Taranto con un obiettivo ambizioso: fare il giro del mondo a vela senza scalo, il tutto a bordo di un catamarano, il Double Trouble. È durata però poco meno di un mese l’avventura di Carmine e Vincenzo Vetrugno, due fratelli di Veglie, un comune in provincia di Lecce. Alcuni problemi alle derive li hanno costretti al ritorno dopo che erano riusciti a passare lo stretto di Gibilterra. La loro impresa, fermatasi dopo le colonne d'Ercole, è servita comunque per raccogliere una serie di dati in linea con la missione parallela che si erano prefissati i due viaggiatori.
Se l'intenzione di partire per questo viaggio era un sogno che i due coltivavano da anni, questa pazza idea di due grandi amanti del mare era diventata, parallelamente, anche un ambizioso progetto di citizen science, attraverso la collaborazione con l’Università del Salento. Durante questo giro del mondo sostenibile avrebbero dovuto raccogliere dati sulla biodiversità, creando una mappa di informazioni utili per una rielaborazione di carattere scientifico. Un compito che, nel corso di questo mese scarso di navigazione, è stato pienamente adempiuto con qualche interessante risultato.
«Il nostro progetto nasceva dopo aver acquistato il nostro catamarano – ha raccontato Carmine a Kodami – la barca versava in condizioni pessime. Abbiamo cominciato a lavorare per sistemarlo e renderlo in grado di affrontare una navigazione molto impegnativa come questa. Nell'ultimo anno anche l'Università del Salento ha appoggiato il nostro progetto, stilando un progetto scientifico di ricerca. La nostra proposta inizialmente partiva dall’osservazione dei cetacei. L’Università è andata oltre affidandoci il prelievo di campioni di neuston (gli organismi che vivono sull'interfaccia aria-acqua, comprendendo sia quelli che galleggiano al di sopra della superficie che quelli che si trovano appena sotto, ndr). Parliamo di un progetto scientifico un po' più complesso che comunque continuerà una volta tornati a in Italia, adesso che consegneremo questi campioncini».
Gli incontri acquatici fatti durante queste settimane di navigazione sono stati importanti, grazie anche alla raccolta di materiale video col quale i due viaggiatori hanno documentato il loro tragitto. Sotto questo profilo i due viaggiatori sono stati supportati, oltre che dal prof. Genuario Belmonte dell’Università del Salento, anche dai biologi della Jonian Dolphin Conservation. Un filo diretto che, seppur a distanza, li ha aiutati a documentare con la giusta appropriatezza tutti gli avvistamenti che avvenivano durante il viaggio. Oltre ai classici incontri con stenelle e delfini comuni, riconosciuti anche grazie alla caratteristica macchia gialla e al comportamento molto comune di entrare in scia con le barche, Carmine e Vincenzo hanno potuto incrociare uno zifio, un odontoceto simile al delfino ma molto raro da avvistare.
«Soprattutto per le stenelle il cosiddetto ‘bow riding’ è una cosa che fanno per curiosità – ha spiegato a Kodami Francesca Cornelia Santacesaria, biologa della Jonian Dolphin Conservation – ci sono tante teorie, in realtà. Una di queste è che a poppa delle imbarcazioni si crei una corrente che li aiuta a nuotare senza spendere troppe energie ma potrebbe anche essere una maniera per giocare. Più particolare l’avvistamento dello zifio, che di solito è molto diffidente. Si tratta di un animale che tende ad allontanarsi quando avverte la presenza di imbarcazioni o il rumore».
Il passaggio dallo stretto di Gibilterra, invece, era stato vissuto con qualche paura. Da tempo, infatti, si registrano episodi di attacchi delle Orche alle imbarcazioni. Si tratta di avvenimenti inusuali, considerato che, a dispetto dell’appellativo di ‘assassine’, sono animali che non attaccano l’uomo: «È una cosa che si sta vedendo ultimamente soprattutto nello stretto di Gibilterra – ci spiega ancora Francesca Cornelia Santacesaria – è una zona dove ce ne sono di più di orche. Si sta cercando di capire come mai. Anche qui ci sono diverse teorie. Si parla di un gruppo di giovani la cui madre potrebbe essere stata colpita da un’elica, mentre altri dicono che sia un gioco. Di fatto le orche non attaccano le persone. Si chiama orca assassina ma non uccide l’uomo, predano animali. È vero anche che in quella zona c’è un transito navale intenso, può essere dunque una sorta di meccanismo di difesa».
I problemi per il Double Trouble, però, non sono arrivati dalle orche. Alcuni inconvenienti alla deriva hanno costretto Carmine e Vincenzo al rientro anticipato verso la Puglia. Questo lunedì mattina il catamarano ha attraccato a Porto Cesareo: «Quella di rientrare è stata una decisione tanto sofferta – hanno spiegato i due fratelli – dopo anni di lavoro, dedizione e sacrifici siamo molto dispiaciuti, anche di deludere le persone che avevano mostrato sempre più interesse per la nostra avventura. Ci portiamo a casa comunque questa esperienza. Oltretutto consegneremo i campioni di neuston. Questa attività fatta durante queste settimane di navigazione è stato davvero interessante, perché abbiamo visto cose che, pur frequentando il mare da tantissimi anni, non avevamo mai incontrato. Pesci che vivono negli abissi e salgono solo di notte per mangiare, o che hanno questi denti all’insù esterni così particolari, piccoli gamberetti e piccoli conformazioni normalmente invisibili in acqua. Speriamo di poter ripetere in futuro questa attività e di poter essere comunque di aiuto per la ricerca. Non molliamo, sicuramente. Rimettiamo in ordine le idee e poi penseremo cosa fare in futuro».
Il viaggio di Double Trouble è stato documentato sia attraverso i social, sulla pagina Facebook Il giro del mondo a vela senza scalo, che sul diario di bordo online aggiornato quotidianamente sul sito dell'Università del Salento. Le grandi imprese non sempre riescono. Siamo convinti che la sfida di Carmine e Vincenzo, comunque, non si è conclusa del tutto. I campioni e i dati raccolti, comunque, serviranno per comprendere meglio l'evoluzione della vita nel Mediterraneo, una conoscenza fondamentale per proteggere la biodiversità in un momento climaticamente così delicato. Il mare nasconde infatti ancora tantissimi misteri, per quello che è un mondo ancora inesplorato e difficile da approfondire. Anche il lavoro svolto da Double Trouble riuscirà a dare così il suo piccolo ma prezioso contributo alla conoscenza.