Lasciare il cane davanti al canile è reato di abbandono. Lo ha stabilito la sentenza della Cassazione n. 49471/2022 con la quale i giudici hanno condannato un uomo per aver abbandonato sei cuccioli davanti ai cancelli di un canile.
I piccoli, probabile frutto di una cucciolata casalinga, erano stati lasciati davanti a una struttura di Lucera, in provincia di Foggia, da un uomo che in un primo momento aveva rifiutato del tutto la responsabilità, dicendo di averli appena raccolti in campagna. I giudici hanno confermato quanto stabilito a novembre 2022 dal Tribunale di Foggia che aveva condannato l'uomo al pagamento di un'ammenda pari a 650 euro.
Dopo il verdetto del Tribunale di Foggia, l'uomo aveva deciso di non fermarsi e presentare ricorso, che però non è stato accolto dai giudici della Cassazione.
Prima della pronuncia della Cassazione, l'atto di abbandonare i cani davanti al canile non era punibile dall'articolo 727 del Codice Penale poiché i cani venivano lasciati davanti a un luogo istituzionalmente deputato a prendersi cura di questo genere di animali. Un rilievo però rifiutato dai giudici della Cassazione perché «indipendentemente dal luogo in cui avviene, la condotta dell'abbandono si sostanzia nel distacco volontario dell'animale domestico che, essendo, nel caso del cane, per la sua stessa natura capace di affezione all'uomo e al contempo bisognevole di accudimento specie se in tenera età, viene improvvisamente a trovarsi in condizioni che ne mettono a repentaglio la sua stessa possibilità di sopravvivenza».
Si tratta di un passo avanti importante nel riconoscimento dei diritti degli animali in Italia. I giudici della Cassazione hanno richiamato esplicitamente la legge n. 189 del 20 luglio 2004 che al titolo IXbis si occupa "dei delitti contro il sentimento per gli animali". Nella sentenza si legge infatti: «Il bene giuridico tutelato dalla norma costituito dalla salvaguardia del sentimento di comune pietà e di educazione civile nei confronti degli animali nel rispetto delle leggi biologiche, fisiche e psichiche di cui ognuno di essi nella sua specificità è portatore».
Se da un lato permane quindi la visione antropocentrica che vede come bene giuridico da tutelare il sentimento che le persone provano verso gli animali, dall'altro i giudici li riconoscono portatori di specificità e individualità.