«La gente è arrivata all'esasperazione e quando si supera un certo limite si comincia a farsi giustizia da soli». Così Carlo Marinelli parla a Kodami del sentimento prevalente tra i cittadini della Val di Sole, in Trentino, dopo la morte di Andrea Papi, il 26enne che il 5 aprile si è allontanato dalla sua casa di Caldes per andare a correre, senza più fare ritorno.
«Noi che viviamo la montagna non siamo contro gli orsi o i lupi, il problema è la convivenza in un ambiente antropizzato. Ora la provincia deve prendere decisioni forti», prosegue Marinelli.
Kodami è andata sui luoghi in cui Andrea viveva per parlare con la comunità di cui faceva parte, e dove oggi più della rabbia, serpeggia l'amarezza. Secondo le prime ricostruzioni delle Forze dell'ordine e del personale sanitario le lesioni sul corpo del 26enne sono compatibili con quelle provocate dall'aggressione di un orso. Solo l'autopsia sul corpo del giovane può chiarire se un orso è effettivamente responsabile della morte di Andrea Papi. Tuttavia, fonti vicine alla Provincia autonoma di Trento, contattate da Kodami, sostengono che sia stato proprio l'attacco di un orso a uccidere il runner.
E anche i cittadini sono del medesimo avviso. «Era prevedibile. È inutile dire che siamo contro l'orso, gli animali non sono stati gestiti nel modo giusto», ci dicono gli abitanti di Malé, capoluogo della Comunità della Val di Sole, che si sentono impotenti davanti a quando accaduto ad Andrea.
Un sentimento condiviso dalla loro sindaca, Barbara Cunaccia: «Siamo vicinissimi alla famiglia perché questo è un momento di dolore per tutti noi. Noi sindaci non abbiamo strumenti adeguati per dare delle risposte chiare ai cittadini»
Le persone imputano la tragedia all'operazione di reintroduzione dell'orso bruno. Nel 1999, per salvare un piccolo nucleo di orsi nelle Alpi Centrali sopravvissuti all'estinzione, la Provincia Autonoma di Trento ha rilasciato alcuni individui provenienti dalla Slovenia, insieme al Parco Adamello Brenta e all’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, con il contributo dell'Unione Europea.
Il ripopolamento ha funzionato. Nel 2021 il numero minimo certo di giovani e adulti è stato pari a 68. Mentre i cuccioli sarebbero tra i 12 e i 14. Ma insieme alla popolazione di orso bruno sono cresciuti anche gli incidenti e il malcontento delle persone.
Contattato da Kodami, il Servizio faunistico della Provincia autonoma ha fatto sapere che nel 2022 sono stati registrati 2 incidenti tra persone ed orsi, ma nessuno grave come quello che, se fosse confermato, avrebbe coinvolto Andrea Papi.
L'ultimo episodio rilevante riportato nel report Grandi carnivori riguarda la femmina JJ4, che nel giugno 2020 ferì due persone. Fu Fugatti a emettere un'ordinanza per rimuovere l'orsa dal territorio per motivi di sicurezza pubblica, ma, come si legge nel report «non è stato possibile applicare tale ordinanza di rimozione in quanto la stessa è stata dapprima sospesa e quindi annullata dalle autorità giudiziarie alle quali si sono appellate associazioni animaliste».
Nel frattempo, la mappa degli orsi muniti di radiocollare non è più visibile sul sito della Provincia autonoma di Trento. Il responsabile del Servizio faunistico della Provincia, Giampaolo Pedrotti, spiega che «non sa se è dovuto a un mal funzionamento o è una decisione presa in vista del comitato che si riunirà tra pochi minuti».
Probabilmente si tratta di una misura di sicurezza per evitare azioni di giustizia sommaria da parte dei cittadini, con il rischio di trasformare i boschi della Val di Sole in un Far West. Una scelta giustificata dal clima sempre più teso, al quale stanno contribuendo anche rappresentanti delle istituzioni stesse. Lorenzo Osanna, assessore Regionale Trentino-Alto Adige, con un breve post ha scritto: «se confermato poi NON ci sarà pietà !!!», in riferimento all'atteso risultato dell'autopsia.
Dello stesso avviso anche l'europarlamentare altoatesino della Lega Matteo Gazzini: «Dopo l'aggressione mortale ad Andrea Papi, il fenomeno dei grandi predatori non può più essere ignorato; è necessario un piano teso alla neutralizzazione di tali animali con la possibilità, in ultima ratio, di abbattimenti degli individui più problematici. Vista la situazione, sarebbe opportuno redigere un piano di abbattimento annuale per il contenimento delle popolazioni di grandi carnivori, al fine di ridurre future situazioni di pericolo».
Nel mirino di Gazzini, solo una settimana fa aveva partecipato a Trento a un incontro sul futuro della caccia in Europa, sono entrate anche le associazioni di tutela animali: «L'assurda retorica animalista ha sempre ostacolato le istituzioni nel portare avanti politiche di tutela dell'incolumità pubblica per prevenire situazioni irreversibili come la presente. Il fenomeno non è nuovo, infatti in passato gli allevatori di montagna avevano già lamentato continue predazioni di bestiame con conseguenti ingenti danni economici».