L'animal hoarding o “sindrome di Noè” è un disturbo che porta le persone che ne sono affette ad accumulare in maniera compulsiva un gran numero di animali, detenendoli in uno stato di incapacità di fornire loro standard minimi di nutrizione, igiene e cure veterinarie. Tale comportamento costituisce un reato e deve essere interrotto quanto prima dall’intervento delle autorità.
Queste persone sono definite dalla letteratura scientifica anglosassone come “animal hoarders”. Di seguito li definiremo più semplicemente come accumulatori (seriali) di animali. Elemento che caratterizza il disturbo è l’incapacità di rendersi conto dello stato di malessere in cui si vengono a trovare gli animali. Di conseguenza, chi ne soffre difficilmente accetta di buon grado interventi esterni e altrettanto di rado si rende disponibile a migliorare le condizioni di vita proprie e degli animali accumulati. Nei casi più gravi, costoro si rifiutano persino di accettare l’idea della morte di questi ultimi e continuano a conservarne le carcasse in putrefazione, con tutti gli evidenti ulteriori rischi che ciò comporta.
L’animal hoarding costituisce reato
Nel nostro Paese, quantomeno a livello nazionale, non esiste nessuna legge che stabilisca un numero massimo di animali con cui si può convivere. A livello locale, invece, vi sono numerosi regolamenti che – col fine di garantire il benessere degli animali, una adeguata igiene pubblica e per evitare diatribe tra vicini di casa – pongono un limite al numero di animali che è possibile detenere. Solitamente questi numeri sono abbastanza ridotti e (facendo principalmente riferimento a cani e gatti) si attestano intorno ad un massimo di dieci. Il problema è che nel caso degli accumulatori seriali il numero degli animali raccolti è ben superiore e si arriva alle decine e persino alle centinaia talvolta; il tutto, come detto, in condizioni non sostenibili da un punto di vista igienico-sanitario e del benessere sia delle persone che degli animali.
Esempio emblematici di animal hoarding sono stati ampiamente raccontati da Kodami. Si pensi al caso della donna soprannominata “l’accumulatrice di Rieti”, condannata per maltrattamento. Ancora, nella Provincia di Enna le autorità hanno sequestrato ad un uomo, affetto dal disturbo di cui parliamo, ben 140 cani; anche in questa vicenda lo scenario che si sono trovati davanti agli occhi gli agenti della Polizia di Stato, i volontari e gli addetti del Comune si può definire agghiacciante: si è parlato di cuccioli morti adagiati al suolo e coperti dal fango, di cani denutriti e maltrattati che si sbranavano tra di loro, con il pavimento di un intero capannone ricoperto di escrementi.
Come viene punito dalla legge l'accumulo seriale di animali
Pare evidente che situazioni come quelle descritte non possano considerarsi rispettose della legalità. Si tratta di condotte che integrano diverse fattispecie di reato e principalmente quella di “detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”, “maltrattamento di animali” e “uccisione di animali”. Nel primo caso, l’articolo 727, comma 2, del Codice penale punisce con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze”.
Trattandosi di una contravvenzione, non è richiesta la volontà di maltrattare; per tale ragione, nei casi di accumulo patologico, ad avviso di chi scrive, si tratta della fattispecie maggiormente applicabile. Ove si riscontri il dolo, invece, possono configurarsi anche i menzionati e ben più gravi delitti di maltrattamento e uccisione. Più precisamente, l’articolo 544 bis del Codice penale punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale”. Il successivo articolo 544 ter prevede invece la pena della reclusione da tre a diciotto mesi o una multa da 5.000 a 30.000 euro per “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”.
Come segnalare un caso di animal hoarding?
Trattandosi in tutti i casi di reati procedibili d’ufficio, è sufficiente segnalare la situazione di fatto alle autorità. Queste devono intervenire per interrompere la condotta criminosa e far sì che vengano perseguiti i responsabili (sempre che non risultino “non punibili” per la loro condizione patologica). Importante anche ricordare che in situazioni di rischio igienico-sanitario anche il Sindaco – mediante provvedimenti d’urgenza motivati e fondati su previe valutazioni tecniche – può disporre l’immediato allontanamento degli animali dal luogo in cui sono accumulati.