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8 Luglio 2024
15:06

Lanciano gattino in un dirupo e fanno il video, l’esperta: «I social amplificano il rischio di emulazione»

Alcuni giovani di Lanusei, in Sardegna, hanno lanciato un gattino da un dirupo e poi diffuso il video. Secondo l'esperta di Link Italia, i social sono modelli di osservazione e apprendimento particolarmente pericolosi quando offrono ai giovani modelli negativi.

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Lanciano un gattino da un dirupo e ridono mentre precipita giù sparendo tra gli alberi. A compiere il gesto sono alcuni giovanissimi di Lanusei, in Sardegna, uno si trova davanti alla fotocamera del telefono, ed è colui che materialmente lancia il gatto nella scarpata, gli altri invece restano dietro all'obiettivo riprendendo tutto, senza smettere di ridere.

Il video, come spesso accade in questi casi, non è rimasto confinato all'interno del piccolo gruppo ma ha iniziato presto a girare sui social e tra le chat prima di Lanusei e poi del resto d'Italia. Si tratta di immagini che non troverete su Kodami, per la precisa scelta editoriale di non ledere la dignità di qualsiasi essere vivente, e soprattutto per non favorire episodi di emulazione: «I social sono modelli di osservazione e apprendimento, particolarmente pericolosi per i giovani quando forniscono modelli negativi», spiega a Kodami Francesca Sorcinelli, esperta che da anni lavora per diffondere consapevolezza sugli effetti del maltrattamento animale all'interno della società.

La notizia del gatto lanciato in un dirupo a Lanusei è esplosa tra venerdì e sabato quando cittadini e attivisti per i diritti degli animali hanno deciso di sporgere denuncia. «Questi fatti devono far accendere i riflettori sul grave malessere da cui sono affetti i giovani d'oggi», spiega l'avvocata Giada Bernardi del foro di Roma che ha presentato denuncia alla Procura di Cagliari per conto delle associazioni Lega italiana dei diritti degli animali-Sezione di Olbia, e Zampe che danno una mano Odv.

«Fatti che impongono l'immediata assunzione di provvedimenti seri e pene severe nei confronti dei colpevoli, che siano da monito e soprattutto idonei a porre fine a questa crescente ondata di violenza dilagante e incontenibile. Una violenza che sfogata oggi sull'anello più debole della catena, ovvero sulle creature che non possono difendersi, inevitabilmente domani verrà riversata su un uomo».

I reati di cui i giovani potrebbero rispondere sono contenuto nel titolo IX bis del Codice penale che all'articolo 544 ter punisce il maltrattamento di animali:

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.

L'uccisione di animali è invece regolato dall'art. 544 bis:

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

Tuttavia, nel caso di Lanusei non è possibile contestare il reato di uccisione perché anche se le immagini non lasciano dubbi, i resti del gatto non sono stati rinvenuti. Di conseguenza, anche se i giovani dovessero essere oggetto d'indagine e successivamente rinviati a giudizio, la pena massima che potrebbero ricevere si aggirerebbe attorno ai 18 mesi di reclusione. Significa non scontare neanche un giorno di carcere, dato che nel nostro ordinamento difficilmente si sconta la reclusione per pene pari o inferiori ai due anni, ciò implicitamente vuol dire che non si finisce in carcere per i reati contro gli animali.

Le pene troppo blande fanno sì che il bene giuridico che astrattamente le leggi tutelano, la vita dell'animale, in concreto sia di scarsissimo valore. Basti pensare che sino al 2004 l'uccisione volontaria e crudele del proprio animale non era neppure considerata come un reato a sé stante, ma si trattava di un'aggravante del reato di maltrattamento.

Vent'anni dopo si è compiuto un significativo passo avanti con la legge antibullismo del deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Devis Dori, che punta a rafforzare le misure di carattere preventivo nei confronti dei giovanissimi che compiono crimini nei confronti di persone, oggetti e per la prima volta anche verso gli animali.

Sulla stessa scia c'è anche un'altra poposta di legge trasversale alla maggior parte dei partiti che punta a inasprire le pene nei confronti di chi compie questi crimini, ma l'iter si sta rivelando molto più lungo e accidentato di quanto previsto, e da oltre un anno il testo è fermo in Commissione Giustizia alla Camera. Tra gli emendamenti al testo ce ne sono diversi diDori, che anche in questo caso prevedono percorsi mirati per il recupero delle persone che si macchiano di questi reati, soprattutto dei più giovani.

La ratio non è solo quella repressiva, ma è legata al migliorare la consapevolezza di ragazze e ragazze sul rispetto della vita dell'altro, chiunque sia: persona, cane o gatto. Esiste infatti una correlazione tra pericolosità sociale e maltrattamento animale che è ormai accettata dalla comunità scientifica oltreoceano e che in Italia è arrivata attraverso il lavoro dell'associazione Link, che si occupa proprio di studiare e diffondere consapevolezza circa questo "collegamento".

È questa la missione di Francesca Sorcinelli, presidente di Link Italia: «Il maltrattamento e l'uccisione di animali parte di minori è sempre il segnale di una situazione patogena, e dell'acquisizione di modelli diseducativi. Se consideriamo questi gesti come "ragazzata" o "fasi normali della crescita" in molti casi si andrà verso un'escalation di violenza».

Social e crimini contro gli animali

Le principali piattaforme social sono strumenti, e come tali sono neutri, ma se vengono utilizzati in maniera inconsapevole e non etica, possono diventare estremamente pericolosi per le ragazze e i ragazzi più giovani.

«Fare girare video di maltrattamenti di animali pensando di sensibilizzare le persone è quanto di più sbagliato si possa fare, l'effetto che si otterrà sarà l'esatto opposto – sottolinea Sorcinelli – Questo perché i social sono modelli di osservazione e apprendimento soprattutto per i più giovani».

Secondo l'esperta, questo accade per ragioni strettamente legate alla natura dell'essere umano: «I giovani apprendono dall'ambiente: famiglia, scuola, amici, e anche i modelli culturali trasmessi dai social. È così che acquisiscono anche i freni inibitori che regolano le risposte anche di aggressività, e lo fanno attraverso un processo di insegnamento-apprendimento. Etologicamente la nostra specie si è evoluta sfruttando l'osservazione e l'imitazione di modelli, se questi sono avvelenati allora anche l'individuo che li acquisisce».

Come una vera e propria pandemia, i social rischiano di veicolare e imporre modelli distorti. Cercando "Lanusei" nella barra di ricerca di TikTok, il social più usato dai giovanissimi, i primi risultati che compaiono sono "Lanusei gatto originale" e "Lanusei lancianogatto". L'intento degli utenti è quello di vedere le immagini, per quanto crudeli, ma a sorprendere, è che la maggior parte dei creator che hanno postato il video è denunciare l'episodio. In realtà, quindi, la volontà voyeuristica è appagata proprio da chi vorrebbe evitare il ripetersi di certe azioni.

«La risposta non è adeguata – continua Sorcinelli – Maltrattamento e uccisione di animali da parte di minori sono sempre segnali di una situazione patogena pregressa che emerge quando si hanno modelli diseducativi. Il punto non è solo atto in sé, ma la risposta ambientale che già dalle prime avvisaglie deve essere ferma ed equilibrata. Se un bimbo di due anni tira le orecchie al cane, ovvio che non lo fa con cattiveria, però la nostra risposta deve essere educativa rispetto a come comportarsi, ma sei io rido o ignoro, quella risposta crescendo diventerà una conferma.

I social non sono un sistema chiuso, ma si sovrappongono all'esistenza offline dei giovani che ricalcano perfettamente ciò che vedono nei video di altri ragazzi della stessa età. «I minori spesso non sono capaci di prevedere le conseguenze delle loro azioni. Per questo ci deve essere un intervento deciso e ipercompetente da parte di chi è intorno: più la risposta è tardiva, e più sarà difficile una risoluzione. Il punto è: l'ambiente in cui vivono i giovani è all'altezza di un recupero efficace?».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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