Le vocalizzazioni dei capodogli sono infinitamente più complesse di quanto pensassimo e potrebbero rappresentare il sistema di comunicazione animale più simile al linguaggio umano mai scoperto fino a oggi nelle altre specie. Questo è quanto emerge da un nuovo studio recentemente pubblicato su Nature Communications, in cui sono state studiate e analizzate come mai prima d'ora migliaia di "conversazioni" tra capodogli che registrate tra le acque dei Caraibi orientali.
I capodogli (Physeter macrocephalus), come altri cetacei, sono mammiferi piuttosto longevi e con una vita sociale parecchio complessa. Le femmine e i loro piccoli vivono in gruppi e cacciano insieme le loro prede preferite, soprattutto calamari, utilizzando l'eco-localizzazione e l'emissione di continue e potenti vocalizzazioni chiamate "clic". Inoltre, spesso vocalizzavano tra di loro emettendo brevi sequenze di clic irregolari della durata di pochi secondi, tuttavia il loro vero significato non è ancora del tutto chiaro.
«Si immergono insieme, mangiano insieme, cacciano insieme – , ha spiegato Daniela Rus del Massachusetts Institute of Technology, coautrice dello studio – C'è così tanta collaborazione tra loro e sentiamo sempre le loro vocalizzazioni mentre svolgono tutte queste attività, quindi la domanda è: cosa significa tutto questo?». Per scoprirlo, Rus e il suo team hanno analizzato quasi 9.000 vocalizzazioni che sono state registrate utilizzando dispositivi fissati sugli animali con delle ventose, come parte di un progetto di monitoraggio condotto tra il 2014 e il 2018.
In precedenza si pensava che questi cetacei utilizzassero 21 diversi modelli di clic accorpati in sequenza conosciuti anche come "code". Il team ha scoperto che ci sono effettivamente 18 "code" di base differenti, ma che tuttavia possono essere modificate tra loro per ottenere diversi livelli di complessità differenti. Per esempio, a volte capitava che a una "coda" già nota venisse aggiunto un clic nuovo, chiamato dai ricercatori "ornamento", all'inizio o alla fine, il che sembrava quasi segnalare all'individuo che era in ascolto che era arrivato il suo turno per "parlare".
Gli autori hanno anche scoperto che talvolta una stessa "coda" durava di più o di meno perché veniva rallentata o accelerata, pur mantenendo in ogni caso lo stesso pattern ritmico. Sulla base di queste analisi, i ricercatori stimano quindi che potrebbero esistere addirittura diverse centinaia di possibili modelli di clic differenti, anche se grazie a questo set di dati ne sono stati individuati "solo" 156. Gli autori sostengono perciò di aver individuato un vero e proprio "alfabeto fonetico dei capodogli", che potrà essere utilizzato anche in futuro per continuare a decifrare la loro lingua.
I capodogli possono quindi aggiungere o sottrarre complessità alle loro vocalizzazioni combinando tra loro diverse “code” in sequenze, che esattamente quello che accade nel linguaggio umano quando si utilizzano le lettere per formare le parole. «Una volta che hai questa base di combinazioni, è possibile prendere un insieme finito di simboli per creare un numero infinito di combinazioni seguendo un insieme di regole di base -, ha spiegato Pratyusha Sharma, prima autrice dello studio – Ora che abbiamo questo alfabeto, stiamo cercando di capire come avvengono le combinazioni».
Se i ricercatori riusciranno a dimostrare che le diverse combinazioni di clic trasmettono un ampio repertorio di messaggi e informazioni differenti, il sistema di comunicazione vocale dei capodogli diventerebbe il più complesso tra quelli conosciuti in tutti gli animali non umani. Sebbene esistano infatti tanti altri animali che possiedono suoni, chiamate e vocalizzazioni che veicolano messaggi precisi e anche differenti tra loro, si tratta in ogni caso di sistemi di comunicazioni troppo limitati e chiusi per essere considerati un vero e proprio linguaggio.
Al contrario, il sistema di comunicazione dei capodogli che sembra emergere da questo studio, potrebbe essere potenzialmente infinito e sorprendentemente simile a quelli impiegati da noi umani, come il parlato, la scrittura, il codice Morse e la musica. E se ciò dovesse essere confermato da ulteriori studi futuri, secondo alcuni studiosi forse un giorno saremo in grado di comprendere talmente bene questo linguaggio da riuscire anche a decifrarlo o, addirittura, a prenderne parte attivamente.